Nasce BeArt. Crowdfunding digitale per l’arte contemporanea
Nell’era dell’e-commerce, dei social media e dell’economia dei “mi piace”, nasce la prima piattaforma di crowdfunding dedicata esclusivamente al mondo dell’arte. Una modalità innovativa di mecenatismo, la forma più antica di sponsorizzazione di opere d’arte. Grazie alla quale ciascuno potrà sentirsi co-producer di un progetto artistico.
Sarà online a settembre BeArt, un’opportunità concreta per artisti, musei, fondazioni, curatori, gallerie, accademie, fiere ed editori per raccogliere fondi e realizzare nuovi progetti, coinvolgendo una web community internazionale e potenzialmente illimitata. “Il luogo di incontro virtuale tra art players e art lovers”, spiega Jessica Tanghetti, che con Mauro Mattei e Giorgio Bartoli è tra i soci fondatori della start-up, “una realtà interattiva condivisa da tutti coloro che si nutrono di arte: chi da un punto di vista professionale e chi invece da quello della passione”.
Cosa succederà a settembre?
A partire dalla data di lancio, sul sito di BeArt saranno live diverse tipologie di progetti, dalla produzione di opere e mostre fino alla realizzazione di performance, installazioni e progetti editoriali. L’eterogeneità riguarderà anche la natura dei creators: dall’artista emergente all’istituzione, dal curatore al giornalista. In questa fase stiamo effettuando la raccolta e selezione dei progetti, nonché il tutoraggio di quelli già selezionati. Siamo quindi aperti a ricevere le proposte, che possono essere inviate direttamente tramite la nostra landing webpage.
BeArt interviene anche con una direzione artistica?
Abbiamo costituito al nostro interno un comitato di art specialists, formato da professionisti dell’arte con diverso background, che detiene la discrezionalità circa la selezione dei progetti sulla base di una quality policy definita dallo stesso comitato. La finalità è rendere la piattaforma un intermediario credibile agli occhi di tutti gli operatori dell’arte.
I possibili finanziamenti riguardano anche progetti virali, come progetti di new media art, app, archivi e installazioni virtuali e video?
Assolutamente sì, anzi, l’eterogeneità dei progetti rappresenterà una delle caratteristiche portanti dell’offerta di BeArt. A testimonianza di ciò, in fase di lancio avremo ad esempio la produzione di un video documentario di un artista italiano e un progetto editoriale di un magazine d’arte contemporanea.
E chi finanzia un progetto, cosa ci guadagna?
Il backer è incentivato a donare dalla possibilità di ricevere delle ricompense esclusive: oggetti, vere e proprie opere d’arte a tiratura limitata, eventi speciali in compagnia dell’artista o esperienze uniche da vivere nel museo. La stessa struttura del sito agevolerà l’interesse dei possibili utenti: sarà infatti possibile navigare all’interno della piattaforma attraverso i rewards, rendendo così BeArt una sorta di e-commerce dell’arte, i cui proventi andranno però al finanziamento di nuovi progetti d’arte.
BeArt potrà facilitare anche la realizzazione di progetti di arte pubblica?
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una riduzione sempre maggiore dei finanziamenti pubblici. In questo senso, BeArt interviene come mezzo innovativo e semplice per finanziare qualsiasi tipo di progetto, inclusi quelli relativi alla valorizzazione del territorio e di arte collettiva. Non poniamo limiti né alla tipologia di creator, né alla tipologia di progetto.
Uno dei punti di forza di BeArt sembra essere l’interazione tra pubblico e privato.
Esatto. Grazie al crowdfunding, il privato può in un modo semplice e veloce partecipare al finanziamento di un’opera pubblica, sentirsi parte del progetto e ottenere una ricompensa. Tale meccanismo risulta essere win win: nell’ottica dei sempre maggiori tagli cui è stata assoggettata la cultura in Europa, anche le istituzioni pubbliche sono sempre più interessate a diversificare le fonti di finanziamento, e il crowdfunding non può che essere una valida alternativa.
Che relazione c’è tra i progetti artistici nati dal crowdfunding e le quotazioni di mercato di un artista?
Attualmente non c’è relazione diretta. L’importo da finanziare tramite la piattaforma è in funzione del valore complessivo del progetto, a prescindere dalla quotazione di mercato dell’artista. Non abbiamo però sottovalutato questo aspetto: nella pianificazione di lungo periodo è inserita l’attivazione di una sezione di equity crowdfunding, che in caso di vendita consentirà di ottenere una percentuale dell’opera d’arte proporzionale all’importo finanziato. In questo caso, tramite il crowdfunding, si avrà la possibilità di divenire comproprietari della stessa opera e di beneficiare di eventuali plusvalenze sul valore.
Il vostro progetto è radicato nella comunicazione digitale. In quali altre modalità promuovete il servizio?
In questa fase stiamo conducendo un’intensa attività di business development diretta a contattare i players del mercato dell’arte, sia in Italia che nel Regno Unito. Stiamo nel frattempo sviluppando la programmazione social media e il nostro piano di comunicazione digital e below the line. Oltre a ciò, stiamo programmando la nostra presenza a tutte le fiere di settore, a partire da Frieze London che avrà luogo a ottobre.
Insomma, un progetto ad alto grado di internazionalità. Ciò è dovuto solo al fatto che avete sedi a Londra e Milano, o fa parte della mission?
A Londra il progetto è stato accolto con grande entusiasmo e, anche grazie all’interessamento dell’incubatore IStarter, abbiamo sede nella zona della East London Tech City, denominata anche Silicon roundabout a fronte dell’intensa concentrazione di realtà innovative ad alto contenuto tecnologico. Una seconda sede è a Milano, in zona Brera. Ma al di là delle sedi fisiche, noi concepiamo l’arte come senza confini. E una piattaforma web, che non pone limiti di nazionalità, non può che agevolare il flusso internazionale.
Margherita Zanoletti
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