È morto Luciano Giaccari, memoria del video italiano
È morto ieri, 4 agosto 2015, Luciano Giaccari, pioniere nel campo del video d’arte e animatore di un enorme archivio. Lo ricorda qui sotto una ex studentessa, poi diventata sua collaboratrice. Un omaggio appassionato e competente, in attesa che l’archivio di mille opere venga messo al sicuro. E c’è chi si sta già muovendo in questa direzione…
IL PROFUMO DELLE BIENNALI
Nel mese di gennaio del 2013 conobbi colui che divenne il mio mentore: Luciano Giaccari.
Dovevo fare la mia tesi di laurea e la feci su di lui, sul suo archivio, sulla sua storia. Passavo intere giornate in via del Cairo 4 a Varese, sentendo aneddoti, sfogliando cataloghi e libri, guardando video. La mia tesi di ricerca diventò una collaborazione, un appuntamento settimanale durante il quale continuavo ad apprendere.
Oggi ogni volta che sento nomi come Luciano Fabro, Allan Kaprow, John Cage, Living Theatre, Paolo Scheggi, Giuseppe Chiari, so qualcosa su di loro perché me l’aveva raccontato lui. Mi ha insegnato a relazionarmi al sistema dell’arte, mi ha aiutato a comprendere un mondo al quale voglio appartenere. Grazie a lui ho intrapreso la strada che sto percorrendo e quello studio nel centro di Varese era diventato per me un punto di riferimento.
Luciano Giaccari è venuto a mancare nella mattina del 4 agosto 2015.
Io ho avuto la fortuna di incontrarlo, di comprendere l’importanza della sua videoteca. Ho viaggiato con lui verso Genova con una gigantografia che traballava sul tetto della macchina (ciò ci aveva impedito di superare i 70 km all’ora), ci siamo scambiati mail agli orari più improponibili, abbiamo visitato assieme fiere d’arte sorridendo, scritto e riscritto su foglietti volanti le cose da fare, creato cartellette infinite per catalogare il suo archivio. Guardando assieme le documentazioni di biennali e fiere, ho imparato a riconoscerne il rumore di sottofondo, tant’è che indovinavamo quale fosse la manifestazione solo dal suono.
Tutto questo mi mancherà.
IL CLIMA DEL 68
Luciano Giaccari ha vissuto all’interno dell’arte per oltre quarant’anni, a partire da quando, dopo un periodo dedicato allo studio e all’imitazione di diversi artisti contemporanei (Buffet, Crippa, Tapies, Scialoja, Rotko) tenne nel 1965 una personale alla Galleria Pizzi di Arona. In breve tempo si delineano situazioni ed eventi che si combinano alla sua insofferenza nel seguire una carriera artistica necessariamente legata a istituzioni, gallerie e critici che seguivano prassi e liturgie.
Questi eventi sono riferiti al ’68, che scuotono la vita sociale e culturale dell’epoca e lo spinsero in due direzioni: quella di agire come artista, lontano dagli spazi istituzionali dell’arte, frequentando manifestazioni extraistituzionali; e quella di operare, anche come artista singolo, in contesti a forte contatto sinergico tra vari artisti. All’epoca le manifestazioni ideali per rispondere a queste esigenze venivano organizzate da gruppi di artisti e giovani critici e realizzate prevalentemente all’aperto, in strada o in spazi occasionali, come nel caso di Oltre l’Avanguardia a Novara, UFO a Monte Olimpino Como, Parole sui muri a Fiumalbo, Rapporto sull’Avanguardia ad Anfo, Off Off al Teatro Manzoni di Milano.
In questo clima Giaccari ha avuto diversi rapporti di collaborazione con organizzatori e in alcuni casi allestì autonomamente eventi d’arte divenuti poi mitici con il suo Studio 970 2 fondato con la moglie Maud, come Opere di Neve, Opere di fumo, interVENTO, 24 Ore di No Stop Theatre, Esperimento di Nuovo Teatro, tutti realizzati a Varese negli anni ’68/69.
Il complesso di queste esperienze e l’istinto personale verso ogni forma di “fusion” e contaminazione di generi lo portarono a occuparsi non solo di arti visive ma anche di ogni altra importante forma di espressione artistica, all’interno della quale erano in atto fenomeni di evoluzione linguistica e di ricerca.
NASCITA DELLA VIDEOARTE
A partire dalla fine degli Anni Sessanta, sul nascere del fenomeno della videoarte, fu uno dei primi in Europa a impegnarsi nell’applicazione di questo nuovo strumento tecnologico al mondo dell’arte, sia sotto l’aspetto teoretico che operativo.
In controtendenza con il trend delle arti visive, che interpretava il video sostanzialmente come strumento per realizzare opere d’arte, intuì che il video aveva potenzialità eccezionali non solo per “creare” ma anche per “restituire” l’opera d’arte, riproducendola integralmente. Va poi ricordato che la disponibilità degli strumenti di videoregistrazione di agile impiego e a costi abbordabili avviene in uno scenario a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta in cui si producono profondi mutamenti nei modi della produzione dell’opera d’arte (happening, Body Art, Land Art). Lo strumento video consiste invece di “restituire” l’opera/evento integralmente e di “capitalizzarla” musealmente con grande duttilità. Per questo la video-documentazione di eventi artistici fu definita da Giaccari e da altri in quel periodo “in tempo reale”, nella complessa accezione di simultanea, integrale e già conclusa alla fine dell’evento oggetto dell’intervento.
LA VIDEOTECA GIACCARI
L’impegno di Giaccari nelle video-produzione lo porta nel corso di oltre quarant’anni a realizzare la collezione di videoarte e sull’arte, nota come Videoteca Giaccari, la prima sorta in Europa e considerata tra le più rilevanti in ambito privato e comunque in grado di competere anche con molte raccolte di grandi musei internazionali.
L’intera collezione è stata una produzione diretta dei video, di cui lo stesso Giaccari è sempre stato personalmente l’autore e il regista, il che l’ha fatta definire da diversi critici un “archivio d’autore”.
Altra caratteristica della videoteca è la non specializzazione monografica, come nel caso di archivi settoriali; infatti le video-documentazioni sono rivolte a tutti i più importanti campi della ricerca artistica contemporanea e in modo particolare ai momenti più “caldi”. Inoltre l’aver documentato contemporaneamente, a partire dal 1971, dalla musica alla danza, dal teatro alla performance, dalle arti visive alla poesia, oltre ad aver prodotto tutti primi video d’artista italiani, conferisce alla videoteca il carattere di insostituibile e puntuale testimonianza sulla tendenza, che portò alla caduta dei confini tra le varie forme d’arte ed alle continue reciproche influenze tra le stesse. La videoteca, con oltre 12mila titoli, è suddivisa in sezioni quali Musica, Danza, Poesia, Teatro, Performance, Videotape, Grandi Mostre, Video Interviste.
L’attività teoretica di Giaccari è intrecciata alle tappe di livello internazionale dell’evoluzione delle arti elettroniche. Il primo, Televisione come memoria del 1968, è ritenuto dalla critica l’atto di nascita a livello mondiale della video-documentazione “in tempo reale”. Il progetto viene formulato per realizzare la documentazione in video della manifestazione 24 Ore di No Stop Theatre, nella quale sull’arco di una intera giornata si svolgono eventi, installazioni, proiezioni sia all’aperto sia al chiuso nello studio di Giaccari a Luvinate vicino a Varese.
La Classificazione dei modi d’uso del video in arte del 1973 è in assoluto la prima elaborazione tassonomica sul rapporto tra lo strumento tecnologico video e il mondo dell’arte e, pubblicata nel 1975 negli Stati Uniti, va certamente a co-generare l’attuale distinzione americana tra “video caldo” (quello creativo) e “video freddo” (quello documentativo), in corrispondenza con la distinzione basilare (pià articolata) di Giaccari tra “video diretto”, quello realizzato dall’artista come opera, e “video indiretto”, quello realizzato da altri sul lavoro dell’artista, a fini documentativi, critici, didattici ecc.
A sua volta il progetto MUel – Museo Elettronico presentato alla Biennale di Venezia nel 1993 come unico prototipo del genere, costituisce una delle prime formulazioni “Museo del futuro”, strutturato sulla base degli strumenti tecnologici ed elettronici, anche a seguire le mutazioni morfologiche delle opere d’arte, maturate nell’ultimo cinquantennio ed a creare una sorta di museo esteso in forma di “network”.
In appoggio a quello del MUel vi è poi il progetto Università Virtuale, basato su una serie di relazioni con atenei “reali”, che portano studenti di questi ultimi a laurearsi con tesi proposte dal MUel di cui Giaccari è di solito correlatore e che hanno per oggetto le varie ipotesi di una museologia tecnologica, considerate sotto l’aspetto sia del “contenitore” sia dei “contenuti”. Il progetto di Università Virtuale costituisce la prima ricerca universitaria che affronta tale tema con un approccio trasversale rispetto alle diverse facoltà, in una visione interdisciplinare e globale dello “strumento” museo. In genere, infatti, le ricerche universitarie, pur approfondendo i temi, lo fanno in modo spesso settoriale.
Infine, il progetto Porziuncola (una piccola chiesa in una più grande) costituisce l’attuale punto di evoluzione del progetto MUel, che prevede la ripetuta clonazione dello stesso museo elettronico diversi moduli museali, tra loro connessi informaticamente, da collocarsi in Italia e all’estero all’interno di musei preesistenti, a costituire un network museale internazionale.
In questa ricostruzione cronologica non va dimenticato, a partire dal 1978, un periodo di circa cinque anni dedicato a un esperimento di emittenza televisiva privata (E.T.L.) mirato a creare un’antenna con programmi culturali e informativi di alto livello. L’emittente è stata condotta a quattro mani con la moglie Maud Ceriotti, giornalista che propose diverse trasmissioni e rubriche sull’arte italiana (On Air Tv Art).
UN ARCHIVIO DA SALVARE
Va notato come quello di Luciano Giaccari sia in Italia l’unico caso di pioniere del video che ha continuato in modo ininterrotto la propria attività, proponendo sempre nuovi sviluppi della storia del video.
Potrebbe finire tutto nell’oblio e nella dimenticanza tipica del mondo dell’arte italiano, ma l’anno scorso il Centre d’Art Contemporain di Ginevra, sotto la direzione di Andrea Bellini, gli dedicato una retrospettiva (La memoria del Video), durante la Biennale dell’Immagine in movimento. Ciò ha portato alla nascita di una collaborazione: il CAC insieme alla Fondazione Pinault e a Between Art Film ha infatti avviato un programma per la digitalizzazione e la promozione del lavoro di un uomo che ha contribuito a raccontare il nostro mondo dell’arte.
Penso proprio che il dottore (l’ho sempre chiamato così) fosse impaziente di vedere finalmente il suo archivio al sicuro.
Giorgia Quadri
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