Il Labirinto di Franco Maria Ricci. Un viaggio nell’arte
Antico e misterioso, il labirinto non smette di affascinare. Dalla mitologia al Medioevo fino a oggi, il dedalo resta un intrigante rompicapo, capace di trasformarsi anche in uno straordinario luogo espositivo. Ne è un esempio il Labirinto di Franco Maria Ricci a Fontanellato. Ecco la sua storia.
MICROSTORIA DEL LABIRINTO
Si allunga sul tempo l’ombra crudele dell’intrico di Minosse, il luogo oscuro dove il Minotauro soddisfaceva la vendetta con il sacrificio umano. Fu Teseo, l’eroe che sconfisse il mostro, a uscirne vivo grazie al filo di Arianna.
Nel medioevo i labirinti assunsero un’altra connotazione. Costruiti vicino alle chiese a simboleggiare il cammino d’espiazione, durarono fin quando severi cardinali, mal sopportando che i bambini ci giocassero, ne decretarono la distruzione. L’antica presenza è tuttora segnalata dalle rappresentazioni nelle cattedrali, come in Chartres, Reims, ma anche nel duomo di Siena.
L’OPERA DI FRANCO MARIA RICCI
L’ideatore di un labirinto dialoga col mito e diviene artefice di un’entità che si colloca oltre la semplice manifestazione estetica di un’architettura ricercata. Un simbolo, la cui universalità ha attraversato i secoli per giungere a noi moderna e carica di significato.
Il più grande del mondo, il Labirinto della Masone, è a Fontanellato, vicino Parma. Il fondatore, Franco Maria Ricci, collezionista, raffinato bibliofilo e editore di libri eleganti ed esclusivi, era amico di Luis Borges, lo scrittore argentino che adoperava questa figura per rivelare un’esistenza in continua imprevedibile determinazione. Infatti, capire il labirinto vuol dire riflettere sulla complessità del mondo, sui grovigli di bene e male, di vita e morte e dell’implacabile solitudine di fronte a scelte cruciali. Perdizione e redenzione si sovrappongono ulteriormente al ventaglio di significati schiacciandosi l’una sull’altra e addosso a chi faticosamente brancola alla ricerca della luce.
ALLA RICERCA DELLA PIRAMIDE
Proprio andando verso la luce, nel Labirinto della Masone, tutto si ripete, passo dopo passo, sotto lo sguardo del viandante: i bambù infiniti uno dopo l’altro, la penombra piatta del sole nascosto, le forme identiche in ogni sentiero. E in questo scorrere eterno l’orientamento si dissolve lasciando l’identità vibrare nell’incertezza di una meta misteriosa.
Nell’inevitabile condizione di dover scegliere la direzione, solo dopo varie vie e vicoli ciechi, il viaggiatore raggiunge l’uscita e con essa la luce e il Centro. Qui appare una piramide, in cui si entra per ritrovarsi in una cappella spoglia, nessun oggetto liturgico, nessun ornamento, solo un piccolo altare e sul pavimento l’immagine del labirinto. La piramide, rimando diretto ed esplicito al divino, manifesta la religiosità del suo fondatore e al contempo il senso mistico di un progetto che oltrepassa l’ostentazione o la semplice costruzione di un’attrattiva per arricchire la collezione privata di un contenitore solido con cui si equilibra vicendevolmente e armoniosamente.
L’ARTE NEL DEDALO
Le potenzialità del Labirinto della Masone, luogo unico in Italia e nel mondo, trasbordano il fine di custodia e di semplice promozione delle opere su una rampa dove aspetti artistici difficilmente rappresentati potrebbero (ce lo auguriamo) trovare il loro naturale centro d’adattamento.
In questo periodo sono in mostra Ligabue e Ghizzardi, due che il labirinto della vita e della fama l’hanno già percorso interamente solcandone il centro, soprattutto il primo. Ma oltre tutte le premesse positive, si vuole vedere a chi in futuro sarà messo in mano il filo di Arianna. Magari proprio quegli artisti ancora vaganti nel dedalo dell’affermazione sotto la mole minacciosa del Successo-Minotauro, potrebbero proseguire il loro viaggio riconoscendosi trionfanti Teseo nel labirinto di Franco Maria Ricci.
Domenico Russo
www.labirintodifrancomariaricci.it
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