Biennali d’autunno. Kiev
Quasi impossibile seguire tutto, in queste convulse settimane di settembre. Con la Biennale di Istanbul appena inaugurata e quella di Lione con le giornate professionali in corso. E ora pure l’apertura della Biennale di Kiev. Vi diamo anche in questo caso una visione d’insieme. Poi scegliete voi se e cosa andare a vedere.
Premessa: quest’anno c’è anche la Biennale di Mosca, ma – per le note vicende geopolitiche – non c’è coordinamento con la rassegna ucraina. Peccato, sarebbe stata una buona occasione per trascorrere qualche giorno fra le due capitali più importanti dell’ex impero sovietico.
Di Mosca vi parleremo più avanti, quando verrà il suo turno.
Ora concentriamoci sull’evento di Kiev. Che in realtà quest’anno non si chiama “biennale” ma The School of Kyiv, inaugurando un format che affianca mostre e “arene di riflessione pubblica” (piccolo reminder: proprio Arena si chiama lo spazio al Padiglione centrale dei Giardini della Biennale di Venezia, dove si legge il Capitale di Marx. Un concetto che è nell’aria?). Qui però si tratta di scuole vere e proprie, dove l’elemento espositivo si integra con quello dialogico, in edifici dove per l’appunto si impara.
Il progetto curato dalla coppia viennese formata da Hedwig Saxenhuber e Georg Schöllhammer si articola in sei aree, ovvero in altrettante School of: Realism, Lonesome, Landscape, Image and Evidence, Displaced e Abducted Europe. Diciotto invece le sedi nella capitale ucraina, a partire dal VCRC – Visual Culture Research Center (che ha avuto un ruolo centrale nell’organizzazione dell’evento) per coinvolgere The House of Clothes (sede principale della Biennale), passando ovviamente per l’Accademia Nazionale delle Arti e giungendo fino all’hub di studi d’artista al civico 33 di via Soshenko. A queste sedi si aggiungono poi le estensioni del progetto a Colonia, Karlsruhe, Lipsia, Praga, Tbilisi e Trondheim. E naturalmente sono innumerevoli gli eventi distribuiti lungo tutto l’arco temporale di durata della mostra.
Da cui si deduce che in questo caso – e non è affatto un demerito, anzi – la rassegna è fatta più per chi a Kiev (e nelle altre città summenzionate) ci vive piuttosto che al popolo di globetrotter del mondo dell’arte, che a questi eventi partecipa con il consueto e inevitabile mordi-e-fuggi.
Quanto agli artisti chiamati a raccolta, superano il centinaio, e mettendoci dentro anche intellettuali e relatori, la componente italiana non è affatto misera, e soprattutto è costituita da nomi tutt’altro che preventivabili: dunque, ci sono il barese classe 1981 Nico Angiuli e Antonio Cosentino, italiano di origine ma nato e residente a Istanbul nell’area più specificamente artistica; mentre sul fronte dell’apporto ai convegni, sono segnalati Franco Bifo Berardi, uno dei protagonisti di Potere Operaio e della cosiddetta “ala creativa” del movimento extraparlamentare degli Anni Settata (particolarmente attivo a Bologna con Radio Alice), e Claudia Bernardi, che fra le tante attività è stata cofondatrice di Uninomade; e per finire, Matteo Lucchetti, curatore di base a Bruxelles e condirettore del Visible Project.
Che dire dunque? Sulla carta, un progetto particolarmente interessante, che però viene snaturato da una visita ridotta a un paio di giorni, certo sufficienti per vedere le mostre ma quasi inutili per assaporare la reale portata della continuità insita nel progetto stesso.
Marco Enrico Giacomelli
Kiev // dall’8 settembre al 1° novembre 2015
3. Biennale di Kiev – The School of Kyiv
a cura di Hedwig Saxenhuber e Georg Schöllhammer
http://theschoolofkyiv.org/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati