Kazimir Malevic a Bergamo. Intervista ai curatori

Inaugura domani 1° ottobre alla GAMeC di Bergamo uno fra i percorsi italiani più intensi dedicati a Kazimir Malevic. Cinquanta opere, dal 1906 al 1932, e una grande sala per accogliere la riedizione de “La Vittoria sul Sole”. Abbiamo intervistato i curatori, Eugenia Petrova e Giacinto Di Pietrantonio, per farci raccontare in anteprima cosa vedremo.

Cent’anni fa nasceva il Suprematismo, la più radicale tra le avanguardie storiche del Novecento, di cui Kazimir Malevič (Kiev, 1878 – Leningrado, 1935) è stato fondatore, vate e portavoce. Dopo la mostra alla Tate di Londra nel 2014, in cui sono state esposte alcune delle opere visibili anche in GAMeC, il museo bergamasco celebra questa ricorrenza, in coincidenza con l’appuntamento della Fondazione Beyeler di Basilea che proporrà la ricostruzione della sala suprematista del 1915.
Il museo lombardo ospita dunque una retrospettiva dedicata a una figura centrale e insostituibile dell’arte moderna, che ha attraversato uno dei periodi storico-artistici fra i più ferventi del Novecento. Un percorso a cura di Eugenia Petrova, vicedirettore del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, e Giacinto Di Pietrantonio, direttore della GAMeC, coprodotto dalla stessa GAMeC e da GAmm – Giunti Arte mostre musei, in collaborazione con il Museo di San Pietroburgo. La mostra inaugura la programmazione stagionale del museo attraverso un itinerario unico nel suo genere per completezza e per l’accurata ricerca storico-critica, colta lungo settanta opere di Malevič, un corpus di lavori di diversi esponenti russi, appartenenti a differenti movimenti artistici di inizio Novecento, e numerose fonti documentali.

Kazimir Malevič - Casa rossa, 1932 Olio su tela 63 x 55 cm Museo di Stato Russo, San Pietroburgo

Kazimir Malevič – Casa rossa, 1932 Olio su tela 63 x 55 cm Museo di Stato Russo, San Pietroburgo

Durante il tuo percorso di storico dell’arte, in quali momenti la figura di Malevič si è intrecciata con le tue ricerche?
Giacinto Di Pietrantonio: Fin da quando ero studente mi piaceva molto l’arte di Malevič e non solo quella del periodo suprematista, perché – oltre che un’idea nuova di arte – vi vedevo una grande qualità pittorica. Non capivo e non capisco ancora perché, ad esempio, il periodo post-suprematista sia da molti considerato un periodo minore: credo invece che anche quelle opere siano parte del destino suprematista (che ha avuto inizio ben prima del periodo suprematista in senso stretto) e che da storico dell’arte ho cercato di spiegare nel mio testo in catalogo.
Eugenia Petrova: Come storico dell’arte, insieme ai miei compatrioti, ho appreso per la prima volta l’esistenza di un artista di nome Malevič alla metà degli Anni Settanta. L’Unione Sovietica era refrattaria alle influenze occidentali. E fra queste erano inclusi anche i “formalisti”, artisti, poeti e scrittori disobbedienti nei confronti di quelle regole che sarebbero dovute essere uguali per tutti: dettami che avevano determinato come e su che cosa dipingere quadri o scrivere opere letterarie.
Fino alla fine degli Anni Settanta, il lavoro di Malevič non era mostrato al pubblico. Ma quando ho sentito parlare di un artista proibito non ho saputo resistere. A quel tempo non era un compito facile. Non esistevano libri su di lui. I suoi lavori dell’artista erano blindati nei musei. Ma i racconti di coloro che li avevano visti e le argomentazioni sul fenomeno dell’astrazione – se fosse buona o cattiva –ebbero un forte impatto su di me e sulla mia generazione di storici d’arte.

E poi cos’è successo?
P.: Alla fine degli Anni Ottanta ho iniziato a lavorare come deputy director per l’Academic Research al Russian Museum e l’allora direttore dello Stedelijk Museum di Amsterdam, Wim Beeren, è venuto in visita da noi. Abbiamo deciso di organizzare una mostra congiunta. Io continuavo a lavorare sul XX secolo, benché avessi ben compreso la necessità di andare oltre i confini dei classici. Allo stesso tempo, preparati ricercatori come Evgeny Kovt stavano studiando l’eredità dell’avanguardia, nonostante i diversi problemi di censura. Il mio ruolo, allora, e il mio apporto si limitarono a non interferire e a fare tutto il possibile per facilitare la promozione delle Avanguardie Russe nel mondo.

Kazimir Malevič Quadrato nero, 1923 circa Olio su tela 106x106 cm Museo di Stato Russo, San Pietroburgo

Kazimir Malevič Quadrato nero, 1923 circa Olio su tela 106×106 cm Museo di Stato Russo, San Pietroburgo

Quale significato ha assunto nel tempo e come si è evoluta negli ultimi cinquant’anni la breccia che Malevič ha creato nella storia dell’arte?
P.: Mentre gli anni passavano, mi sono immersa sempre più profondamente nei problemi socio-culturali che le Avanguardie Russe hanno dovuto subire. Si era compreso che il Quadrato Nero e le composizioni suprematiste erano un momento atipico dell’arte, che prima di Malevič non si era mai verificato. Ma i suoi ultimi lavori avevano confuso le persone. Infatti la maggior parte dei ricercatori credeva che le sue ultime composizioni rappresentassero una sorta di imitazione, un tentativo di compiacere le autorità.
D. P.: La sua eredità è enorme, non solo nella radicalità suprematista, ma anche nella figurazione. Non dimentichiamo che il periodo suprematista ha influenzato l’arte minimale americana di Morris, Judd, Flavin fino ad arrivare a Peter Halley, o l’arte programmata di Mari e Alviani. Non a caso, di quest’ultimo ripresentiamo – a partire dal 15 ottobre, in collaborazione con la Fondazione Adriano Bernareggi e in occasione del festival BergamoScienza – l’opera in deposito permanente alla GAMeC, Interrelazione Cromospeculare (1968), in contemporanea a una conferenza/dialogo su Malevič tra Getulio Alviani e Giulio Giorello (sempre il 15 ottobre, alle ore 21, nell’Aula magna di Sant’Agostino).
E ancora, pensiamo ad artisti come Kounellis, con le travi di ferro incrociate, alle lettere e ai segni che sono chiaramente debitori delle figure geometriche e delle lettere galleggianti dei quadri di Malevič, in cui è ravvisabile un riferimento all’arte dell’icona, oltre che alle parole in libertà del Futurismo italiano. La produzione dell’artista russo, inoltre, ha influenzato l’arte italiana della Transavanguardia, soprattutto il primo periodo di Enzo Cucchi.
Anche Luciano Fabro aveva una predilezione speciale per Malevič: seppur formalmente non siano rintracciabili segni distintivi, l’opera Lo spirato, tra le più importanti di Fabro, deve qualcosa anche a Malevič, oltre che al Cristo Morto di Mantegna e al Cristo velato del Sammartini. Infatti, una delle immagini “private” più famose di Malevič è quella dell’artista sul letto di morte, coperto da un lenzuolo bianco, e Fabro, durante le sue lezioni, raccomandava spesso ai propri studenti di leggere gli scritti di Malevič. La sua influenza arriva fino ai più giovani come Cory Arcangel, di cui abbiamo ospitato una mostra la scorsa primavera.

In che modo questa mostra può dare nuova luce alla figura e al ruolo di Malevič nella storia dell’arte del XX e del XXI secolo?
P.: I suoi ultimi lavori (1928-1934), esposti alla mostra di Bergamo accanto ai lavori di artisti che si dichiararono contrari all’ortodossia estetica di Stato (Deyneka, Petrov-Vodkin, Pakhomov e altri), dimostrano chiaramente le differenze nello stile e nell’approccio dei suoi contemporanei sollecitati dai medesimi temi. Questo fa emergere una questione che frequentemente si discute negli ambienti artistici e che potrebbe essere definita come l’artista e le autorità. I contemporanei di Malevič, coloro che non erano accecati dai desideri e dalle ideologie delle leggi governative, non avevano ancora oltrepassato molti dei tradizionali schemi estetici: non erano reali innovatori. Malevič, in totale opposizione alle norme vigenti e senza fuggire i problemi della sua epoca, è rimasti innovativo, creando tele tematiche che trasmettessero nuovi significati artistici.
D. P.: La mostra celebra il centenario del Quadrato Nero, opera massima di Malevič, e accoglie cinquanta opere dell’artista (quadri, oggetti, sculture) presentando in confronto una trentina di opere di artisti antecedenti e coevi a Malevič, in modo da mostrare quanto l’artista fosse un precursore, anche nel periodo post-suprematista. Questo per dimostrare la sua non arrendevolezza nei confronti del Realismo socialista, il suo non allineamento e il fatto di essere sempre una spanna sopra agli altri, pur essendo molti di loro dei bravissimi artisti, come Dejneka.

Bozzetto costume La vittoria sul sole

Bozzetto costume La vittoria sul sole

Quale dettaglio rende questa mostra unica?
P.: La mostra può considerarsi unica in quanto presenta i primissimi lavori di Malevič connessi allo stesso contesto dei suoi contemporanei, lavori di artisti che erano esibiti nelle stesse mostre in cui venivano selezionate le sue opere.
D. P.: Sicuramente la presenza di Quadrato nero, Croce nera e Cerchio nero, le opere che Malevič presentò alla Biennale di Venezia del 1924. E ancora, l’imponente allestimento dello Spazio Zero, in cui viene proiettato il video Vittoria sul Sole, spettacolo teatrale del 1913 per il quale Malevič aveva disegnato i costumi, le cui ricostruzioni sono esposte in mostra. È, questa, una delle prime volte che i costumi vengono mostrati al pubblico, e dal video emerge come nello spettacolo sia già forte la presenza del Quadrato nero, anche se solo come fondale di scena. Nonostante l’opera sia datata 1915, Malevič ha rivendicato più volte quale data di nascita del Suprematismo il 1913. Altri elementi chiave della mostra sono la produzione legata all’architettura, al design e i bozzetti per gli abiti suprematisti, a dimostrazione di quanto questo movimento abbia influenzato la vita quotidiana.

Come si articola la sezione contenente il corpus di lavori degli altri artisti? Quale ampliamento storico fornisce alla mostra?
P.: Tra dipinti di Deyneka, Samokhvalov e Petrov-Vodkin si sviluppa il tessuto di un itinerario comparativo, di modo che per lo spettatore risulti più semplice comprendere quel che distingue il carattere estetico di Malevič, dagli inizi della sua vita fino alla fine.
D. P.: La mostra ripercorre le varie fasi dell’opera di Malevič, dal primo periodo simbolista a quello cubofuturista e alogista al Suprematismo al Supranaturalismo, fino a Suprarinascimento, perché nell’ultima fase della sua carriera l’artista guarderà molto al Rinascimento italiano, come si evince dall’autoritratto in cui Malevič veste i panni di Cristoforo Colombo, ispirandosi al ritratto di Colombo realizzato da Ridolfo del Ghirlandaio ed esposto al Galata Museo del Mare di Genova, ma anche a quello di Sebastiano del Piombo che si trova al Metropolitan di New York. In ogni sala ci saranno opere di Malevič messe a confronto con opere coeve di altri artisti, in modo da rendere immediata la relazione tra esse. Inoltre, poiché Malevič è stato anche un grande teorico, l’allestimento sarà arricchito da alcune sue citazioni, al fine di amplificare la relazione tra gli autori in mostra.

Nuovo, 2013

Nuovo, 2013

Com’è avvenuta la progettazione congiunta del percorso? Com’è avvenuta la ripartizione dei costi della mostra?
P.: Non sono mai stata soddisfatta dall’interpretazione di Malevič. Dunque il percorso è nato per Bergamo con l’intenzione di far comprendere alcune linee nuove e diverse rispetto a quel che si è sempre saputo di lui. Mi sono immersa profondamente nella vita dell’artista, leggendo le lettere ai suoi amici e i suoi scritti. Poi, all’ultimo, è stato necessario esaminare i dipinti di Malevič in un contesto artistico che dagli Anni Venti fino alla fine dei Trenta ne avrebbe supportato il carattere fondamentale. Dopo tutto questo, il resto è andato a incastrarsi perfettamente.
D. P.: Abbiamo discusso sin dall’inizio con Filippo Zevi, consigliere delegato di GAmm, sulla natura della nostra collaborazione. Si sono dimostrati molto favorevoli al progetto, e in particolare abbiamo potuto decidere liberamente come impostare il progetto scientifico, aspetto fondamentale per un’istituzione. GAmm ci ha messo in contatto con Eugenia Petrova e con il Museo Russo di Stato di San Pietroburgo, una relazione preziosa che ci ha permesso di ridurre i tempi di progettazione della mostra, che ha avuto inizio due anni fa. Con Eugenia ci siamo intesi da subito e abbiamo ideato insieme una mostra unica su Malevič. I costi della mostra sono stati suddivisi tra noi e GAmm. GAMeC si è occupata in particolare degli aspetti relativi alla curatela e allestimento della mostra; GAmm ha seguito più da vicino quelli legati al catalogo e alla comunicazione.

La mostra circuiterà in altre sedi?
P.: Questa mostra è stata strutturata prettamente per Bergamo. Non c’è alcun bisogno che questo percorso venga proposto anche in Russia, ad esempio, dove le opere di Malevič sono esposte in una mostra permanente al Russian Museum.
D. P.: Ci sono tuttavia seri contatti per portare la mostra in altre istituzioni europee e oltreoceano, ma le trattative sono ancora in corso.

Potreste esprimere un augurio che accompagni i visitatori?
P.: È nostro desiderio che gli spettatori osservino i lavori lentamente e attentamente, se ne interessino attraverso le date di produzione, prendano informazioni e rievochino le loro stesse esperienze attraverso l’introduzione a un diverso mondo dell’arte. Ci auguriamo che gli spettatori semplicemente si innamorino dei colori, dei ritmi e del linguaggio visuale di Malevič e di altri artisti suoi contemporanei, che attualmente sono meno famosi ma che hanno lasciato un segno altrettanto significativo, almeno sull’arte russa.
D. P.: Venite a vedere la mostra, perché è garantito che sarà un’esperienza indimenticabile. Non dico che vi cambierà la vita, ma certamente vi accompagnerà per tutta la vita.

Ginevra Bria

Bergamo // fino al 17 gennaio 2016
inaugurazione 1° ottobre ore 19
Malevič a Bergamo
a cura di Eugenia Petrova e Giacinto Di Pietrantonio
Catalogo GAmm Giunti
GAMEC
Via San Tomaso 53
035 270272
[email protected]
www.mostramalevic.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/47219/malevic-a-bergamo/

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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