Milano. Casa Parravicini inaugura la Fondazione Carriero
Il 16 settembre, dietro piazza San Babila, apre Casa Parravicini, uno dei pochi edifici privati di Milano risalenti al Quattrocento. Apre per ospitate la mostra “Imaginarii”, dedicata all'indagine della dimensione spaziale, con opere di Gianni Colombo, Giorgio Griffa e Davide Balula. Ed è il primo atto della Fondazione Carriero.
La Fondazione Carriero è nata nel 2014 dalla grande passione verso ogni forma d’arte del fondatore Giorgio Carriero, imprenditore del settore petrolifero e collezionista. La vocazione della Fondazione non ruota attorno all’esposizione di una collezione privata, piuttosto alla volontà di mostrare progetti inediti e sperimentare nuove frontiere, proponendosi come nuovo polo milanese di produzione artistica e divulgazione culturale. Gratuita e di rottura.
Oggi la fondazione ha sede all’interno di Casa Parravicini. L’edificio è una residenza gotica interamente costruita in mattoni di cotto, con un portale d’ingresso a tutto sesto poggiato su stipiti di pietra e un archivolto decorato con motivi geometrici. La facciata, definita dalla sagoma aggettante del camino e dalle cornici tortili delle finestre, spicca in contrapposizione con l’adiacente Palazzo Visconti di Modrone e il suo stile rococò.
Gli interni sono stati riadattati da Gae Aulenti nel 1991, quando Casa Parravicini ha ospitato la sede di una banca privata. Oggi lo spazio espositivo conta 500 mq e si compone di sette sale: tre al primo piano, altre tre al secondo e un’unica grande sala all’ultimo piano, che si trova all’interno dell’adiacente Palazzo Visconti, comunicante con Casa Parravicini. Se le sale dei primi due piani sono ambienti semplici, minimali, impreziositi dal soffitto originale a cassettoni del Quattrocento, il terzo piano contrasta per le sue pareti e i suoi soffitti decorati con affreschi del Seicento.
Presidente, come e quando nasce la sua attrazione per l’arte e quale significato ha, o ha avuto negli anni, per lei, l’idea di una raccolta?
Fin da piccolo guardavo con interesse tutte le forme degli oggetti che mi contornavano e ho così sviluppato un senso critico che mi ha portato a scegliere nella mia vita ciò che più soddisfaceva il mio senso artistico e di bellezza. Non ho mai pensato di collezionare, ma di vivere tra forme e oggetti che mi facevano essere felice quando li osservavo.
E invece la costituzione di una Fondazione, quali principi, quali visioni o scopi asseconda?
Nella mia vita ho lavorato molto e ho fatto molto sport, due discipline di vita indispensabili. Ora mi sono ritagliato un po’ di spazio dai miei impegni e ho sentito il desiderio di dedicarmi a qualcosa di socialmente utile, ma che al contempo fosse l’espressione del mio carattere e il modo per apprendere sull’arte quello che ancora non ho sicuramente percepito.
Quale legame ha con Casa Parravicini?
Casa Parravicini è un luogo speciale. Intanto perché è uno dei pochi edifici quattrocenteschi rimasti a Milano: sono contento di poter aprire ai cittadini questo pezzo di patrimonio architettonico. Per me si lega anche al ricordo della mia amica Gae Aulenti, con la quale ho avuto una lunga e proficua collaborazione. È lei che ha ridisegnato gli interni di Casa Parravicini nel 1991, facendo un lavoro straordinario. Ora che lei non c’è più, ho chiamato il suo studio per adeguare gli spazi all’apertura al pubblico.
Quali dettagli rendono una parte del palazzo accessibile al pubblico, dunque visitabile e quindi uno spazio espositivo?
La Casa offre 500 mq di spazio espositivo, ma ha l’atmosfera di una dimora privata. È un edificio con una forte identità, sia storica che estetica, è molto interessante vedere il modo in cui le opere interagiscono con gli ambienti. Prenda per esempio la mostra inaugurale, Imaginarii. Tra le opere esposte c’è lo Spazio Elastico di Gianni Colombo – un ambiente nell’ambiente in cui lo spettatore si muove tra elastici fluorescenti mossi da un motore – che noi abbiamo deciso di posizionare in un contesto decisamente insolito: la sala all’ultimo piano, riccamente decorata con affreschi del Seicento.
Il rapporto tra l’opera e l’ambiente in cui viene posta la illumina di una luce diversa, e non è un caso se è proprio questo il tema che abbiamo scelto per la prima mostra. Il percorso espositivo ideato da Francesco Stocchi è davvero particolare e merita una visita.
Quali sono i criteri che avete adottato per la programmazione?
Voglio essere indipendente dalle logiche commerciali, che la Fondazione faccia ricerca artistica, che sia uno spazio dinamico, vivo, che possa diventare un polo culturale per Milano. Vogliamo dare spazio agli artisti emergenti, commissionare nuove opere ed esporre tutti i codici artistici, non solo la pittura. Il tutto affiancato da attività di approfondimento, come conferenze, presentazioni di libri, incontri con artisti, curatori e critici, a cui si aggiungeranno le pubblicazioni, a partire dai cataloghi delle mostre.
Di quale budget annuale sarà dotata la Fondazione? Sarà interamente supportata da risorse private?
Al momento la Fondazione è completamente finanziata da fondi privati. Rimaniamo comunque aperti al dialogo con altre fondazioni e con enti istituzionali e pubblici: si deciderà lungo il percorso.
Chi si occupa della gestione?
La Fondazione è gestita da un ristretto gruppo di esperti e persone fidate, a partire da Ennio Brion, che mi onora della sua amicizia e mi ha offerto il suo aiuto e la sua esperienza per questo progetto. Lui e la storica dell’arte Paola Nicolin formano insieme a me il comitato scientifico. Per il ruolo di direttrice abbiamo chiamato Olimpia Piccolomini, e Francesca Baccalà è responsabile della segreteria organizzativa. Poche persone ma competenti e appassionate, che si avvalgono della collaborazione di curatori esperti come, in questo caso, Francesco Stocchi.
Quali strategie sono necessarie a Milano per diventare un interlocutore per gli appassionati d’arte e un luogo d’incontro e riflessione?
Milano sta vivendo una rinascita culturale, e noi vogliamo contribuire a questa rinascita. Casa Parravicini da sola merita la visita, e il progetto espositivo è chiaro: il tempo dirà se il nostro è stato il percorso giusto. Del resto Milano non è una città che vive di rendita: lo spirito di Milano risiede nel suo non stare “con le mani in mano”, come dice la canzone. E allora è giusto che chi ha la possibilità provi a creare spazi culturali per la città, ad alimentare e tenere viva la sua bellezza.
Milano è aperta al mondo, con un pubblico esigente e una solida tradizione legata all’arte contemporanea: un contesto dove la qualità e il respiro internazionale sono davvero fondamentali.
Quale dichiarazione di poetica rappresenta un percorso come Imaginarii?
Come dicevo, Imaginarii indaga il rapporto tra l’opera e l’ambiente che la circonda, un ambito di ricerca che è centrale nell’approccio curatoriale di Francesco Stocchi. Un tema appropriato per inaugurare gli spazi espositivi della Fondazione, perché in questo modo la location diventa parte integrante della mostra, e possiamo rendere omaggio anche al valore architettonico di Casa Parravicini. La mostra è un percorso corale a tre voci, che esamina l’opera di Gianni Colombo, Giorgio Griffa e Davide Balula: tre artisti che abbandonano il concetto d’arte come immagine, costruendo uno spazio esperienziale. Il percorso espositivo è concepito appositamente per Imaginarii e comprende anche opere site specific.
Lo scopo della Fondazione non vuole essere quello di esporre una collezione privata, ma offrire uno spazio unico e particolare dove chi lavora nel mondo dell’arte possa confrontarsi e sperimentare e il pubblico possa nutrire la propria immaginazione con stimoli sempre diversi.
Come dialogheranno, a livello intergenerazionale e formale, Gianni Colombo, Giorgio Griffa e Davide Balula? Come verranno dislocati i lavori site specific?
Sono tre artisti che sfidano le convenzioni nel rapporto tra l’opera e lo spazio, ognuno a suo modo. Gianni Colombo, con la sua arte cinetica, è forse il più esplicito: nei suoi ambienti e di fronte ai suoi lavori lo spettatore ha a che fare con un’opera viva, che non se ne sta certo immobile sulla parete a lasciarsi guardare, ma è mossa da motori, brilla di luci fluorescenti, contiene fluidi in movimento… Un artista che davvero coinvolge lo spettatore, in tutti i sensi.
Giorgio Griffa invece dipinge su tele dai formati insoliti, quasi dei ritagli, che di norma non vengono neppure incorniciate. In tal modo l’opera non viene “rinchiusa”, la tela non è più mero supporto ma parte integrante del dipinto stesso, come parte dell’opera sono le pieghe che si formano quando l’artista impila una sull’altra le tele piegate. Per Imaginarii Griffa ha dipinto una tela su misura, da mettere sull’architrave nella stanza al secondo piano, e al piano terra abbiamo esposto altre opere inedite letteralmente “scoperte” da Stocchi nello studio dell’artista.
Altro lavoro site specific è l’installazione di Davide Balula, il quale ha una stanza dedicata. Non voglio raccontare troppo e rovinare la sorpresa, ma l’opera è collegata alle finestre della stanza, l’impatto visivo è davvero sorprendente. Altre esplorano l’effetto dell’ambiente sull’arte. Balula espone le opere agli agenti atmosferici, lasciando che lo spazio circostante – con la temperatura, la luce e la pioggia – concorrano alla sua realizzazione. Una sperimentazione interessante, forse anche sottilmente polemica.
Potrebbe esprimere un pensiero o formulare un augurio che accompagni l’inaugurazione?
Il mio augurio alla Fondazione e ai miei collaboratori è che Imaginarii sia il primo passo di un lungo percorso. Spero che Casa Parravicini diventi un luogo amato dai milanesi, che si riempia di famiglie. Ecco, se un bambino scoprisse di amare l’arte visitando la Fondazione Carriero, per me sarebbe un regalo meraviglioso.
Ginevra Bria
Milano // fino al 13 dicembre 2015
inaugurazione mercoledì 15 settembre ore 19 (su invito)
Imaginarii
a cura di Francesco Stocchi
FONDAZIONE CARRIERO
Via Cino del Duca 4
02 36747039
[email protected]
www.fondazionecarriero.org
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/47581/colombo-griffa-balula-imaginarii/
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