Mostra del Cinema. Al museo insieme a Sokurov
Mentre in Siria e Iraq assistiamo al quotidiano scempio di opere millenarie, Alexander Sokurov ci ricorda i motivi che hanno fatto grande la civiltà europea. Con un film ambientato all’interno del Louvre e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia.
UN’ARCA A VENEZIA
Con questo regista russo non si sa mai cosa aspettarsi. Negli anni ci ha abituato all’imprevisto. Che si tratti di dittatori, di elegie o di diavoli, crea sempre qualcosa di nuovo rispetto a come è stato trattato il tema fino a quel momento e nei confronti delle attese dello spettatore.
Raccontare quest’ultimo lavoro, Francofonia, il film più interessante passato finora in concorso a Venezia, non è un’impresa semplice. Proteiforme e fluido come il pensiero e le sue libere associazioni, presenta una varietà di sfumature e interpretazioni quanti sono gli occhi che lo guardano. È un’arca, anche questa (come il suo film in un unico piano sequenza). Non è russa, è l’arca dell’Europa, e contiene il passato, il presente e il futuro della nostra civiltà.
UN FILM UMANISTA
Alexander Sokurov ci invidia e lo ammette: nessuno ha saputo preservare la cultura come noi. Magari avesse fatto così l’Unione Sovietica, la Polonia, il Medio Oriente. Parte da un pretesto narrativo per raccontare l’attitudine di un popolo e farne paradigma universale. Ambienta la storia nel Louvre ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quando l’allora direttore Jacques Jaujard e l’ufficiale dell’occupazione nazista, il conte Franziskus Wolff-Metternich, collaborano al solo scopo di preservare la nostra cultura. È grazie alla loro alleanza che molti dei tesori del Louvre si sono salvati.
Francofonia esplora il rapporto tra l’arte e il potere, e il grande museo parigino diventa un esempio vivo di civiltà e l’occasione per rivelare quanto l’arte racconta di noi stessi anche durante uno dei conflitti più sanguinosi che la storia abbia mai visto. È un film umanista, un collage più che un racconto in ordine cronologico, un percorso che segue i meandri fantasiosi del pensiero. Dove il regista si rivolge direttamente al pubblico, parla col fantasma di Napoleone, gioca tra la sua prepotenza e la generosità di Marianna, integra materiali di repertorio con scene ricreate ad hoc, si burla di Hitler e riporta l’ago della bilancia sull’unica cosa davvero importante: l’umanità, intesa come associazione umana e come capacità empatica di generare bellezza, amore e sensibilità intellettiva.
SE L’ARTE MUORE, MUORE L’UOMO
Basta che Sokurov posi la sua camera su una scultura o un dipinto, un lieve movimento, un’inquadratura sghemba e l’arte prende vita, le statue cominciano a respirare e noi possiamo dialogare con quelli che eravamo un tempo, coi nostri antenati, con la nostra coscienza collettiva. Francofonia è simpatetico e poetico, buffo e aggraziato.
Il suo protagonista è l’Uomo che crea versus l’Uomo che distrugge. E l’Uomo coincide con l’arte che produce: chi distrugge l’arte distrugge l’Uomo. “Se noi moriamo, la nostra arte sarà destinata a scomparire, così le nostre speranze, le nostre preghiere, il nostro Dio”. La storia agisce senza ragione né pietà. Se la nave che affronta la tempesta è come il destino, nella sua forma più pura e ineluttabile, il capitano che la guida per salvare i tesori dell’arte a costo della vita è la nostra unica speranza nel futuro.
Federica Polidoro
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