PASSAGGI DI STATO
In principio era un romanzo. E con quel romanzo Orhan Pamuk ci ha vinto il Nobel. Poi, coi soldi vinti con quel premio, lo scrittore ha creato un museo: il Museo dell’Innocenza di Istanbul tra i vicoli del quartiere di Tophane. Il film che ne è derivato è un viaggio attraverso la città e questo museo “che raccoglie tutti gli oggetti descritti nel libro. Gli oggetti di un amore innocente, come quello sbocciato tra i due protagonisti”.
Questo luogo, per chi non lo sapesse, è una finzione, cioè tutto quello che contiene è reale, ma è il frutto della fervida immaginazione dell’autore che ha raccontato dell’amore appassionato e tormentato tra Kemal e Fusun nella Turchia degli Anni Settanta. Un amore destinato a violare le leggi morali del paese.
EFFETTI OTTICI
Istanbul è una delle grandi città del mondo, che Pamuk ha filtrato nel “prisma della sua immaginazione”. Il Museo dell’Innocenza è oggi una parte integrante dell’itinerario istituzionale della Istanbul culturale: la crociera sul Bosforo, Santa Sofia, la Moschea Blu, il Grand Bazaar, il Museo dell’Innocenza… E in questi giorni, fino a novembre, è anche una delle venue della Biennale di Istanbul.
Grant Gee, regista di Innocence of Memories, ha immaginato una forma che potesse muoversi tra documentario e finzione, tra B-movie-noir e mélo, tra sinfonia della città e ritratto d’artista. Tutto in una notte immaginaria a Istanbul. “Non solo a Istanbul l’immaginazione di un grande scrittore è diventata parte dell’immagine della città”, commenta Gee, “ma ha dato origine a un cambiamento, creando un luogo reale di mattoni e malta”.
UN CALENDARIO FATTO DI CICCHE
Negli Anni Settanta in una Istanbul divisa tra la voglia di aprirsi al lusso occidentale e quella di rinchiudersi nelle tradizioni più conservatrici, Kemal si piega alle leggi turche e rinuncia alla storia d’amore con la cugina Fusun. La sua vita si sgretola e, per rimetterne insieme i pezzi, l’uomo decide di collezionare gli oggetti appartenuti all’amata ormai perduta. Solo per poterli guardare, annusare, toccare.
Pamuk ha girato per dieci anni i mercatini alla ricerca degli oggetti giusti. Ne è risultato è un assemblaggio poetico e visionario nello spazio di una casa: quello che fu il rifugio degli amanti. Kemal ha raccolto mozziconi di sigarette di Fusun e ne ha fatto un calendario, un meraviglioso calendario di cicche fissate con spilli, come l’entomologo fissa le farfalle.
Per spiegare la sua sensazione di dolore in tutte le fasi evolutive ha recuperato un mezzo busto, che all’epoca dell’uscita del romanzo c’era in tutte le vetrine delle farmacie: un modellino grandezza naturale dove sono visibili tutti gli organi interni. Su quelli ha indicato il percorso del dolore, numerando le zone colpite dalla prima all’ultima. In un angolo c’è l’orecchino che Fusun ha perso mentre facevano l’amore. Al muro una mappa con maquettine di carta che rappresentano Fusun, ovunque Kemal pensa di averla vista tra la gente.
C’è una borsa che Fusun guardava in una vetrina, il giorno che si sono visti al bar, c’è una spilla, un pettine, un fermaglio con un capello impigliato. Nella casa si sente Fusun respirare, ansimare. Si avverte il suo odore, si sentono le sue emozioni. Si comprende la sua delusione quando Kemal sposò un’altra donna. Si sente la pressione della società dell’epoca.
L’ARTISTA E LA CITTÀ
Pamuk ci racconta tutta la storia (quella della scrittura del romanzo e poi della realizzazione del museo, ma anche la sua personale) attraverso lo schermo di una televisione dell’epoca. Televisione che è sempre in un angolo di una stanza, di una baracca, in uno spazio marginale tra i vicoli della città vecchia. Resta fedele alla sua funzione narrativa, senza invadere mai lo spazio dei suoi personaggi.
La vera protagonista tuttavia è la città, con la sua natura mutevole e la sua complessità. I ricordi sono legati ai luoghi, che a volte spariscono sotto la spinta della modernità, distruggendo le storie ad essi legati, trasformando gli eventi accaduti in immagini sbiadite, forse in sogni.
PRODUTTORI E MECENATI
La realizzazione di Innocence of Memories è stata possibile grazie alla sinergie della Hot Property Film di Janine Marmot (due Bafta all’attivo), della Illumination Films di Keith Griffiths, tra i più audaci e innovativi produttori britannici degli ultimi anni, dalla brillante Venom Films del dublinese Andrew Freedman, dalla In Between Art Film di Beatrice Bordone Bulgari e dalla Vivo Film di Marta Donzelli e Gregorio Paonessa. Sarà distribuito da Nexo Digital. Mica volete perderlo?
Federica Polidoro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati