Premio Pascali. Intervista ai vincitori AES+F
Inaugura domani sera, 19 settembre, la mostra del 18esimo Premio Pino Pascali. I vincitori sono gli AES+F, collettivo russo ben noto in Italia, soprattutto per le numerose partecipazioni alla Biennale di Venezia, compresa quella ancora in corso. Li abbiamo intervistati.
AES+F. Ovvero Tatiana Arzamasova (1955), Lev Evzovich (1958), Evgeny Svyatsky (1957) e Vladimir Fridkes (1956). Non necessitano di troppe presentazioni, sono già noti, in particolar modo in Italia: Paese al quale li lega un feeling specialissimo, solo in piccola parte testimoniato dalle ben tre Biennali di Venezia che li hanno visti – li vedono, anche oggi – protagonisti, o dalla grande mostra del 2008 al Macro Future, a Roma. Sono un collettivo artistico che ha saputo innalzare l’arte russa a livelli che non le spettavano da molti decenni, creando una nuova estetica capace di sublimare storia e comunicazione nel terzo millennio, tradizione e nuovi trend spesso estremi, spiritualità e trasgressione variamente declinata. E molti di questi stimoli partono dall’Italia, dallo studio della nostra arte e dei suoi protagonisti, da Bellini a Pontormo a Caravaggio: dei quali riescono a sintetizzare le ragioni più profonde e a sublimarle nelle loro suadenti, sensuali ma spesso scioccanti creazioni, che assumono le forme di video, serie fotografiche e altro.
Ora ci tornano, in Italia, da vincitori del XVIII Premio Pino Pascali, assegnato a Polignano a Mare dalla fondazione intitolata al grande artista pugliese. E da protagonisti della mostra collegata, che dal 19 settembre propone al Museo Pino Pascali il video Allegoria Sacra (2011), che ha debuttato alla 4. Biennale di Mosca nel 2011 e attualmente è presente anche alla Biennale di Venezia, assieme a 12 fotografie tratte dalle produzioni più importanti. Un film-opera della durata di 40 minuti, ispirato proprio al capolavoro del pittore rinascimentale Giovanni Bellini. Noi li abbiamo incontrati per una chiacchierata che spazia a 360 gradi focalizzando il loro mondo, anzi i loro mondi, così lontani ma così integrati in una visione unica e speciale.
Iniziamo dal vostro nome: perché questa scelta?
AES+F viene dalle iniziali dei nostri cognomi, Arzamasova, Evzovich, Svyatsky e Fridkes. Ci sono diversi motivi che ci spinsero a rifiutare di usare i nostri cognomi, preferendo solo le lettere: il più semplice è evitare di veicolare quattro termini difficili da pronunciare e da ricordare, in russo. Ma poi volevamo essere parodistici e ironici rispetto alle sigle di tante corporation globali.
A proposito di globalità: voi ormai lavorate e vivete in cinque continenti. Come riuscite a compendiare, anche nella vostra opera, tanti stimoli diversi e distanti?
Noi non abbiamo problemi particolari a lavorare con diverse culture. Siamo allo stesso tempo attratti e critici verso la globalizzazione: per esempio molte ispirazioni ci giungono da eventi mediatici, e da come i media considerano i diversi eventi che accadono freneticamente in tutto il globo. Questa crescente paranoia mondiale per noi è una grande fonte di ispirazione!
In realtà non ci concentriamo sulle culture locali, ma piuttosto sulle risposte proiettate sul livello globale. Nel nostro immaginario sono molto presenti i giornali, le televisioni, Internet, e sono questi mezzi che contribuiscono a creare il nostro contesto autoriale e le nostre opere. Ci interessa molto quello che persone legate a contesti differenti vedono nei nostri lavori, cosa ci vede un cinese, un giapponese, un australiano, un americano. Poi ognuno può trovare suggestioni specifiche nei nostri lavori: per esempio ce ne sono con il teatro e la danza tradizionali cinesi, ma a noi interessano più come parte del contesto globale.
Diverse culture ma anche diversi media che voi utilizzate: videoarte, fotografia, scultura, pittura. Ce n’è uno che sentite più vostro?
Tutte queste tecniche sono importanti per noi. Realizzare uno dei nostri video è come creare un’illusione: utilizzare nella sua elaborazione la pittura, la scultura, il disegno o altri media è solo una questione di definire uno strumento che contribuisce a costruire il nostro linguaggio. Ogni mezzo, anche il più tradizionale, dà una possibilità per costruire uno sguardo. Anche se siamo conosciuti in particolar modo per i nostri video, noi non siamo fanatici dei new media: anche i nostri bronzi sono molto importanti per le nostre esigenze espressive. C’è sempre la stessa idea di base, solo realizzata con diversi strumenti.
E quale credete sia il medium più adatto ad affrontare la realtà attuale?
Può sembrare un paradosso, ma nell’età dei “new new media” i mezzi più vecchi diventano molto attuali, ecco perché noi li utilizziamo senza troppe distinzioni: anche i più tradizionali riescono a offrire una visione profonda e costante su determinate tematiche del nostro tempo.
Quale area mondo vi appare più interessante per le novità espressive?
Siamo convinti che oggi il mondo virtuale sia più importante di qualsiasi altra area geografica. Oggi il mondo virtuale, inclusi social network, dà a tutti l’opportunità di crearsi una sorta di second life, di fare nuove esperienze di vita. Certo, siamo coscienti che questa oggi è una questione centrale, a livello esistenziale e sociologico, una grande provocazione per la razza umana: discernere fra esistenza reale e realtà virtuale, distinguere le due sfere, per esempio nella politica. Sempre più le persone rischiano di fare confusione, a livello mediatico, tra finte vittime e vittime reali, non distinguono più il sangue vero da quello finto…
Voi vivete e lavorate in tutto il mondo, ma conservate uno stretto legame con la Russia. Qual è il rapporto fra la vostra arte e l’attuale mondo dell’arte russo?
Sicuramente noi oggi utilizziamo linguaggi internazionali, ma abbiamo anche molte influenze, soprattutto psicologiche, derivanti dal nostro essere russi: stimoli che ovviamente ci connettono con la cultura russa contemporanea. Nella quale si è definita questa estetica – a noi molto affine – dell’eccesso, del grottesco, e questa visione grottesca su quel che succede nel mondo globalizzato.
Il vostro è il collettivo più celebre emerso in Russia, dove questa modalità ha poi avuto molto seguito: basti pensare a Pussy Riot o Voina. Vi sentite un po’ i loro padri nobili?
Conosciamo molti membri di Pussy Riot e di Voina: uno di loro è anche presente come attore in Allegoria Sacra, un giovane – quasi una provocazione! – che recita il ruolo di un poliziotto americano. È veramente un peccato che attualmente non esistano più come gruppi, che abbiano finito di fare le loro azioni come gruppi. Le Pussy Riot adesso sono concentrate solo su discorsi politici o legati ai diritti umani, resta solo la parte politica delle loro azioni: speriamo che queste esperienze possano avere continuità, sono molto importanti per l’arte contemporanea nel suo complesso, e in special modo per la Russia.
Forse non ci sono molte connessioni dirette fra noi, perché i nostri progetti video sono molto diversi, per esempio dalle azioni dirette e militanti dei Voina. I linguaggi sono differenti, ma certamente ci sono intime similitudini nel modo in cui guardiamo al mondo e ai suoi problemi. Quando c’è stato il processo a uno dei Voina, noi li abbiamo aiutati organizzando azioni di supporto finanziario per la difesa legale.
Siete da sempre molto legati all’Italia, per la vostra opera è molto importante l’arte italiana, a partire dal Rinascimento…
Sì, questo fa parte del nostro sentire, viviamo in tempi marcatamente visuali. Nell’immaginario attuale ha un posto privilegiato la tv, e la cultura che alla tv è legate: che spesso si avvicina alla visualità presente con il Barocco o con il Manierismo, per queste immagini estreme, molto forti a livello visivo. Questa la nostra idea di una sorta di Nuovo Barocco, e ovviamente tutto questo è molto legato all’Italia, o ha comunque a che vedere con artisti italiani.
Quello nato dall’Italia è un linguaggio internazionale, la sua influenza – Rinascimento, Barocco – è centrale non solo per i russi, ma per tutta l’Europa, l’America, per tutto il mondo. E l’influsso di questo linguaggio è una cosa evidente a tutti gli spettatori che guardino le nostre videoinstallazioni: che hanno a che vedere con l’immaginario dell’arte italiana, ma che con questi strumenti raccontano la nostra vita, la morte, il futuro.
Ci sono alcuni artisti italiani ai quali siete legati in particolare?
Pensiamo che il primo a segnarci sia stato Caravaggio: un iperrealista ante litteram, ma già anticipatore dell’estetica oggi presente nei computer games! Decidemmo di lavorare su Caravaggio perché lui è un anticipatore di tante tematiche legate al gender: tu non sai mai se lui sta dipingendo un uomo o una donna, e noi volevamo riprodurre questa temperie nel video Last Riot.
Un altro esempio importante è quello di Bellini: abbiamo usato la sua straordinaria Allegoria sacra come risorsa per il nostro progetto omonimo, per molte ragioni. La principale sta nell’atmosfera di incertezza che aleggia nel quadro, molto intrigante per noi, e veramente vicina ai tempi che viviamo oggi.
Questo dipinto ci porta all’attualità, al Premio Pascali.
Siamo molto felici e lusingati di ricevere il Premio Pino Pascali, proprio in Italia. A Polignano presenteremo proprio la videoinstallazione Allegoria Sacra, la nostra interpretazione contemporanea del celebre dipinto di Giovanni Bellini, oltre ad alcuni collage e fotografie digitali provenienti da tutte e tre le parti del ciclo Liminal Space Trilogy.
Massimo Mattioli
Polignano a Mare // fino al 24 gennaio 2016
XVIII Premio Pino Pascali – AES+F
MUSEO PINO PASCALI
Via Parco del Lauro 119
080 4249534
[email protected]
www.museopinopascali.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/47241/xviii-premio-pino-pascali-aesf/
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