Artisti da copertina. Alessio de Girolamo
Si è trasferito a Berlino senza un euro in tasca e si è mantenuto vendendo i suoi quadri “porta a porta”. Non conosce il pentagramma eppure compone musica, ma deve registrare le sue composizioni perché non saprebbe replicarle. Abile disegnatore, parsimonioso videomaker e illustratore, pittore ossessionato da smalti e vernici industriali, e di recente acuto curatore, Alessio de Girolamo è un artista multidisciplinare che lavora senza sosta, spinto da una forza disarmante. È lui l’autore della copertina di Artribune Magazine #27.
Che libri hai letto di recente?
Lenz e Lettera a uno sconosciuto, con cui sono sempre in contatto.
Che musica ascolti?
In sostanza The Eraser, The Virgin Suicides, Big Science.
I luoghi che ti affascinano.
Armoniosi, belli.
Le pellicole più amate.
C’eravamo tanto amati, Una vita tranquilla, La pelle che abito, Birdman.
Artisti (nel senso più ampio del termine) guida.
John Cage, Thom Yorke, Walt Disney ben shakerati.
Ti sei trasferito a Berlino senza un soldo. Ti sei mantenuto vendendo i tuoi quadri “porta a porta” e hai trascorso un periodo d’isolamento nel tuo studio, che si trovava all’interno di un ex carcere della Stasi. Che cosa ricordi di quel periodo, quando giravi con un furgone “stellato”?
Ricordo una magia che accompagnava ogni mia mossa, ogni scelta più importante, e una strada invisibile che mi ha condotto a persone che hanno amato la mia “follia”, anche quando avevo abdicato alla parola, isolandomi per otto mesi nell’Ex-Stasi Museum di Hohenschönhausen. Cercavo di non avere contatti verbali col mondo, e quando capitava provavo a comunicare col silenzio. Potevo farlo perché riuscivo a lavorare senza uscire di casa. È stato un esercizio molto utile. Come noti ne sono uscito.
Non conosci il pentagramma, eppure componi con grande abilità. In questo momento la musica ha un ruolo molto importante nella tua vita.
Da bambino avevo un vecchissimo pianoforte in casa, osservavo mia sorella suonare per carpire la logica dello strumento. Era una questione mistico-matematica. Recentemente sto lavorando a un progetto che ho chiamato NN (nomen nescio), nato dall’intuizione di strane coincidenze inerenti due super sistemi: il modello atomico di Bohr e il pianoforte da gran concerto Bösendorfer a 97 tasti. Ho studiato sette mesi le due strutture e incontrato chimici e musicisti. Ho scoperto che i due sistemi non solo presentano affinità elettive, ma sono sovrapponibili. Da allora compongo musica suonando formule chimiche col computer.
Hai realizzato una serie di disegni “leggibili” solo grazie a una lente d’ingrandimento. Sono tratti timidi all’apparenza, eppure intensi, profondi.
Si chiamano listening. Ho messo a punto il metodo nel 2010. Si tratta di stare in attesa con una matita dalla punta finissima, credendo che qualcosa/qualcuno prima o poi si manifesti. Quando ciò succede, non faccio altro che seguire i contorni. In pratica non faccio assolutamente niente se non collegarmi con altre frequenze. Sono situazioni o storie che vanno scrutate con una lente d’ingrandimento poiché appaiono solitamente in miniatura.
Hai realizzato illustrazioni animate e un paio di video. Uno di questi, 4’’ del 2012, è il frutto di una performance in cui corri. Ogni traguardo però non sembra essere una liberazione ma un fardello. Un peso che aumenta, che acquista volume. Cosa c’è alla base?
La mia nevrosi che a volte domino, a volte meno. Ho sempre immaginato fili che si spezzano al mio passaggio, quando cammino, guido, vado in aereo, e ho pensato che dopo tutti questi anni devono essersene accumulati un bel po’. Me li sono immaginati come traguardi necessari all’evoluzione e alla voglia di miglioramento in un “lavori in corso” continuo, e ho scelto di rendere tutto questo una metafora, realizzando il video di una maratona in cui vestito da corridore taglio compulsivamente nastri da cantiere bianchi e rossi.
Ti sei messo nei panni del curatore. Lo hai fatto alla Filanda, un luogo speciale fondato e gestito da artisti nel cuore della Toscana, e dove vivi, con una mostra dal titolo INNatural. Vivere immersi nella natura ti fa vedere, e forse capire, il mondo e dove stiamo andando da una prospettiva privilegiata?
Ho curato il luogo della Filanda perché la terapia è stata reciproca. Ho quindi colto l’invito della natura circostante che mi ha suggerito il tema della mostra, e il pensiero di come qualsiasi tentativo dell’uomo di relazionarsi con lei attraverso l’arte non dia che il risultato di un sub-linguaggio. La natura è importante, ma ho anche bisogno di città. Infatti, mi sto trasferendo a Milano e ne sono felice tanto quanto.
Com’è nata l’immagine inedita che hai creato per la copertina di questo numero?
Il 138 è il numero di una posizione della tavola periodica che in chimica coincide con un elemento impossibile e in musica con una nota da pianoforte altrettanto impossibile per la struttura dello strumento. È per me un simbolo divino, è la luce che guida e dà vitalità al pensiero e all’azione di ogni artista e dell’uomo.
Daniele Perra
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #27
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