Cara, sono a New York. E parlo italiano

Irene e Marco Cassina, fratello e sorella, giovanissimi, hanno di recente aperto a Chelsea Cara Gallery: un’impresa di famiglia, 100% italiana, che porta un certo gusto europeo tra i grandi dealer dell’arte contemporanea newyorchese.

Cara Gallery ha inaugurato ad agosto. Allora è stata resa nota la rosa degli artisti del primo anno, in cui figurano nomi notissimi accanto a emergenti, tra cui Fernando Botero e Robert Indiana, Matteo Berra e Xavier Gonzalez D’Egara. Ora i due galleristi si presentano al pubblico americano esordendo con una mostra dedicata a Igor Mitoraj, assente da New York da più di vent’anni. Abbiamo intervistato Irene e Marco Cassina.

Perché Cara?
Marco: È un nome di fantasia, non c’è nessuna persona di riferimento con questo nome. È capitato che durante lo sviluppo del progetto, mentre Irene era a New York e io ad Art Basel, ci siamo sentiti e le ho chiesto di pensare al nome di una galleria nel caso fossimo davvero riusciti ad aprirla. Il giorno dopo, quando lei mi ha detto che aveva pensato a Cara, non ci credevo perché era lo stesso identico nome che avevo pensato anch’io senza che ci fossimo confrontati…

Siete scappati dall’Italia a causa della crisi o avete scelto New York per motivi specifici? 
Marco: Io sono stato sei mesi qua e mi sono innamorato della città. Quando abbiamo deciso di aprire la galleria, abbiamo guardato la scena del mercato e abbiamo individuato Londra e New York. Poi la scelta è ricaduta su New York sia dal punto di vista personale sia per le opportunità. Si incontrano tantissime persone interessanti qua e tutto può accadere. Londra invece ci è sembrata più chiusa ai nuovi player.
Irene: È stata una scelta molto serena. Siamo stati appoggiati e consigliati dalla nostra famiglia. Siamo grati per questo e vogliamo fare del nostro meglio. Siamo sempre attenti a migliorare.

Perché avete scelto Igor Mitoraj per l’esordio?
Irene: Mitoraj è un artista con il quale sono cresciuta per la sua presenza nelle piazze italiane e, nonostante non sia un nostro artista, viene riconosciuto quasi come un artista italiano e lui stesso si sentiva a casa in Italia. È molto rispettato in Europa, in America invece non è così conosciuto e credevo fosse dovuto presentare il suo lavoro anche qui.

Igor Mitoraj alla Cara Gallery, New York 2015

Igor Mitoraj alla Cara Gallery, New York 2015

Aprite a Chelsea, nel cuore del mercato mondiale, sulla stessa strada di Gagosian, Gladstone e Mary Boone. Che sensazione si prova a stare qui in mezzo? E come vi ha accolto New York?
Irene: Essere partiti con una sfida molto alta è una nostra caratteristica. Ci confrontiamo con grandissimi art dealer, da cui possiamo solo imparare. Partiamo sempre dall’osservare chi ha fatto questo mestiere da moltissimi anni, presentarci, volerci confrontare. I rapporti sono di interesse reciproco.
Marco: L’accoglienza è stata molto aperta, personalmente ho riscontrato moltissima curiosità durante il periodo di costruzione della galleria, quale fosse il programma, l’idea di base, chi fosse il nuovo gallerista arrivato sulla 24th. Adesso con Mitoraj abbiamo riscontrato uno stupore nella bellezza oggettiva del suo lavoro, conosciuto o non conosciuto che sia tra gli americani, molti collezionisti hanno ammesso subito la qualità delle opere esposte. Proporre un artista contemporaneo con uno stile come quello di Mitoraj è certamente una scelta inusuale e audace che ci porta a contraddistinguerci sulla 24th.

Dal vostro statement alle pagine web dedicate agli artisti, dalla scelta delle opere fino alla cura nella disposizione dello spazio, mi sembra che fin da questa prima mostra, come molti italiani nel mondo, state contando su un certo gusto e una certa qualità.
Irene: Grazie del complimento! Cerchiamo sempre di far emergere la nostra sensibilità e il nostro gusto, curando ogni dettaglio.
Marco: Siamo stati anche attenti a mantenere un equilibrio espositivo tra le opere che sono diverse tra loro e che hanno soggetti molto particolari per presentare al meglio l’opera di Mitoraj. Anche su questo abbiamo ricevuto dei feedback molto positivi.

Qual è dunque la vostra identità? Continuerete con un gusto raffinato e classico o in futuro vedremo anche colori sgargianti e atmosfere pop?
Irene: Tendenzialmente lo stile è forse un po’ accademico, il pop è la corrente che sentiamo meno, anche se molto presente in America. Un po’ anche per distinguerci, puntiamo su un gusto più europeo e una sensibilità italiana.

Guarderete prevalentemente ad artisti affermati o cercherete di incrementare la rosa degli artisti emergenti?
Irene: Daremo importanza a entrambi, così come ad artisti internazionali. Già collaboriamo con alcuni emergenti e questa è stata quasi la mia prima passione, che mi ha portato a conoscere gli artisti, a frequentarli e ad appoggiare la loro carriera. La scoperta degli artisti emergenti è una parte importantissima del nostro programma, magari non verranno subito il primo anno però è assolutamente nei nostri progetti.
Marco: Anche come galleristi nuovi a New York riteniamo sia più corretto – per la carriera stessa degli artisti emergenti europei – farci prima conoscere per poi essere più influenti quando sarà il momento di proporre le loro opere nel mercato internazionale. Siamo pazienti.

Quali sono le vostre gallerie preferite del Lower Est Side e di Chelsea?
Irene: Nel LES direi senza dubbio Catinca Tabacaru. È una giovane gallerista che seguo con passione, non ha mai un artista che mi lascia delusa. Poi qui all’angolo abbiamo Yossi Milo, sicuramente una fonte d’ispirazione.
Marco: A me piacciono molto Hauser & Wirth, per gli artisti e perché hanno fatto un bel percorso partendo dalla Svizzera. Poi sicuramente Pace Gallery. In generale ci piace guardare i grandi player, specie nei dettagli c’e’ molto da imparare, stiamo molto attenti a come operano.

Uscite dall’isola di Manhattan? Conoscete la scena di Brooklyn?
Irene: Più che gallerie nel senso tradizionale del termine, a Brooklyn ci sono grandi spazi espositivi spesso gestiti da artisti che mi piace andare a visitare. Per esempio vado molto spesso a Pioneer Work.

Irene e Marco, fratello e sorella, lavorate e vivete insieme e siete vicini di età. Qual è il vostro background prima di questa esperienza?
Irene: Le nostre carriere erano completamente diverse. Io ho sempre voluto lavorare nell’arte, ho cercato gallerie, fiere, fondazioni, ho continuato a spostarmi e accettare opportunità che ritenevo interessanti. Ho lavorato a Londra e poi sulla Costiera Amalfitana per poi arrivare a New York due anni fa.
Marco: Io ho studiato economia con una specializzazione a Parigi, la mia esperienza professionale non è molto lunga. Ho lavorato nel commerciale di un’azienda di moda sempre a Parigi, poi rientrato in Italia mi sono dedicato subito al 100% a questo progetto.

Veronica Santi

CARA GALLERY
508 West 24th Street – New York
+1 (0)212 2420444
[email protected]
http://caragallery-llc.com/

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Veronica Santi

Veronica Santi

Laureata in Scienze Politiche e in Storia dell’Arte, Veronica Santi è critico d’arte, curatrice, scrittrice, autrice e regista di film documentari. Nel 2014 ha fondato Off Site Art, un'associazione di arte pubblica con sede all'Aquila. È Program Director per ArtBridge,…

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