Tagli e demagogia. L’editoriale di Fabio Severino
La legge di stabilità del 2014 ha decretato che i presidenti delle Accademie di alta formazione artistica, musicale e coreutica lo siano a titolo gratuito. Una risposta demagogica della politica all’accumulo di cariche e al fannullismo.
Nella legge di stabilità si fanno interventi sui conti dello Stato, i quali devono generare risparmi nell’ordine delle decine di miliardi di euro.
Le AFAM, le Accademie di Alta Formazione, sono 50 conservatori, 20 di belle arti, 4 di design, 2 nazionali (teatro e danza). In totale 76, che mediamente spendevano 10-15mila euro per i loro presidenti. Il risparmio per lo Stato è nell’ordine del milione di euro. Va aggiunto che il bilancio di questi enti è di circa 1,5 milioni ciascuno, al netto delle spese del personale dipendente a carico diretto del MEF, quindi l’onere era nell’ordine dell’1% delle risorse disponibili.
Come l’Italia può pensare di ripartire se non retribuisce gli organi apicali a suo servizio? Come può pensare di ripartire se non retribuisce chi detiene le responsabilità giuridiche, rischiando sanzioni civili e penali? Come può pensare di ripartire se non retribuisce chi lavora? La politica, nella più bieca demagogia, ancora una volta ha mostrato di avere figli e figliastri. Da chi è strapagato per non fare e non rischiare nulla, a chi non viene pagato per fare e rischiare tutto.
Il presidente di un’Accademia ne è il rappresentate legale, è il capo di tutta l’amministrazione e i servizi, spesso anche decine di persone, cura e guida l’indirizzo gestionale di tutto l’ente. Questi annovera anche cento docenti e serve centinaia di studenti, per arrivare in alcuni casi al migliaio. Il direttore, altra figura apicale delle Accademie, oltre ad avere anche lui una misera indennità di carica, pari a 10mila euro lorde annue, è formalmente solo il responsabile della didattica e dei docenti. Non si tratta di cariche onorifiche o di titoli.
Non si tratta – ammesso che possa essere giustificato – di istituzioni che offrono prodotti culturali e nei quali il presidente si limita a tagliare il nastro nelle inaugurazioni e a mostrare gli abiti negli eventi. Il presidente di un’Accademia lavora operativamente sulle cose, ha un rapporto quotidiano con l’ente e il suo personale. Può non essere un’attività svolta a tempo pieno e in esclusiva, ma per farlo veramente richiede dedizione e tempo.
Il taglio del suo emolumento è purtroppo la demagogica risposta della politica all’accumulo di cariche e al fannullismo. Bisogna pretendere che le persone lavorino e rispettino gli impegni presi, non tenersele scambiandone l’assenza con la remunerazione economica. Viene prima l’uovo o la gallina?
Fabio Severino
project manager dell’osservatorio sulla cultura
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Articolo pubblicato su Artribune Magazine #28
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