Sicurezza e cultura. La strategia di Matteo Renzi
Una manovra di 2 miliardi, dopo i fatti del 13 novembre a Parigi. Investimenti per la sicurezza, ma anche per la cultura. Il Primo Ministro Matteo Renzi ritocca la legge di stabilità, rimanda alcuni tagli alle tasse e fa fronte all’emergenza del momento: più risorse alle forze dell’ordine e all’intelligence. A cui però deve corrispondere un segnale in positivo: difendersi con la cultura è la priorità. Contro la strategia del terrore, contro i ghetti, contro il germe dell’ostilità sociale.
L’ITALIA, PAESE DELLA CULTURA E NON DELL’ODIO
Martedì 24 novembre, in tarda sera, al margine di una direzione Pd tutta dedicata ai temi della politica estera e a dieci giorni dai fatti di Parigi, Matteo Renzi ha condiviso su Facebook un post (troppo) lungo e pieno di slancio: più che un messaggio a misura di social, un editoriale. La ripoposizione fedele del discorso solenne, tenuto poche ore prima in Campidoglio. Uno di quei discorsi in cui si concentrano comunicazioni in materia di economia e politica interna, ma in cui si intravede anche un’idea esatta delle cose, un’immagine del Paese.
Il messaggio urgente: il terrorismo cambia l’architettura delle legge di stabilità. Cambiano le urgenze, gli investimenti a breve e a lungo termine. Posto che “l’Italia si riconosce nella coalizione internazionale più ampia possibile, in cui il ruolo degli Stati Uniti d’America è cruciale, per sconfiggere il fanatismo, l’estremismo, il terrorismo”, viene ribadita la posizione di cautela e l’urgenza di “una chiara strategia per il dopo”, manifestata all’indomani dell’ennesima strage. In altri termini, l’interventismo cieco di chi fomenta bombardamenti a caso contro un nemico non chiaro, l’isteria delle frontiere chiuse, la banalità del male che accomuna poche migliaia di terroristi a due miliardi di fedeli islamici, non sono la risposta del Governo italiano. Grazie al cielo.
E non lo è, naturalmente, la volontà di alimentare la strategia della tensione: “Il terrorista si pone l’obiettivo di ucciderci”, scrive Renzi, “ma, in alternativa, si accontenta di una soluzione di ripiego: farci vivere nella paura. […]Siamo spaventati dalle immagini di guerra o di morte, giusto. Ma dovrebbero spaventarci altrettanto i video che si vedono sulla rete in cui un cattivo maestro, un imam estremista e fondamentalista educa un giovane a odiare la musica […] l’Italia è la patria della musica, non dell’odio. Distruggono le statue, noi vogliamo i caschi blu della cultura. Bruciano i libri, noi apriamo le biblioteche”.
Doverose le parole in memoria di Valeria Solesin, la studentessa italiana e volontaria di Emergency “morta mentre andava a un concerto, uccisa in un teatro con altri ragazzi della generazione Bataclan”. Una vittima tra migliaia di vittime nel mondo, la cui famiglia – col suo messaggio composto, umano, giusto, col suo funerale aperto a persone di confessioni diverse, in presenza dell’Imam di Venezia – ha offerto al Paese un esempio altissimo di civiltà. Di cultura laica e democratica.
DUE MILIARDI PER CULTURA E SICUREZZA. UNA SCELTA DA SINISTRA
Ed ecco, nella pratica, la manovra di 2 miliardi appena presentata. Sulla base di un’idea che funziona, dal punto di vista della comunicazione (su questo il premier è sovente imbattibile), ma anche della filosofia di fondo. Rafforzare gli investimenti in sicurezza, com’è giusto che sia e come da destra viene chiesto a gran voce, ma “per ogni euro in più investito in sicurezza, ci deve essere un euro in più investito in cultura”. E questa è – piaccia o non piaccia ai dissidenti della sinistra radicale – una risposta che fa la differenza rispetto ai governi precedenti del fronte politico opposto. Una scelta di contenuto, con una ricaduta concreta. Furba, se vogliamo, ma inattaccabile.
8 le linee di intervento. 4 per la sicurezza e 4 per la cultura e i giovani. Così, se 150 milioni di euro vanno alla cyber security, 50 milioni sono per il diritto allo studio e le borse di studio, destinate a studenti meritevoli con redditi bassi; se il bonus di 80 euro in busta paga, già destinato ai lavoratori dipendenti, viene esteso anche alle forze dell’ordine, ecco introdotto un Bonus Maggiorenni, sulla falsa riga di quello dato agli insegnanti: 500 preziosi euro per ogni diciottenne da spendere in cultura (i 18enni votano, e tendenzialmente votano 5 Stelle a dar credito ai flussi elettorali: tentare di riaccaparrarseli è forse anche una spregiudicata istanza politica, che non può passare inosservata ma che resta secondaria rispetto al contenuto del provvedimento).
E ancora, 500 milioni sono investiti per la Difesa e le spese militari, altri 500 saranno utilizzati per la riqualificazione delle periferie, spesso luoghi del vuoto e del degrado, in cui – nella logica del ghetto – possono attechire rabbia, violenza, fanatismo; infine, a fronte di un processo di riorganizzazione, 50 milionivanno ai mezzi e alle strumentazioni a disposizione delle forze dell’ordine (che diventano 4, con la Forestale accorpata ai Carabinieri, e che in parte liberano gli uffici in favore di un maggiore presidio su strada); a questo corrisponderanno 150 milioni del due per mille, che il contribuente potrà destinare a un’associazione culturale: un supporto pera chi lavora, dal basso e senza fini di lucro, per la crescita culturale dei singoli territori.
SLITTA IL TAGLIO DELL’IRES. COPERTA TROPPO CORTA
Per fare tutto ciò viene rimandato, ahinoi, il promesso taglio dell’Ires, slittato al 2017: la coperta è corta e la volontà èquella di rispettare le regole dell’Europa. L’Italia non sfora il patto di stabilità, ma prova a fare delle scelte.
Naturalmente il piano dei tagli alle tasse resta di un’urgenza clamorosa. Come la questione del lavoro e delle pensioni. Perché resta, al netto dei piccoli segnali di miglioramento, la situazione sconfortante di un’Italia che spinge per rimettersi in piedi, ma che ancora non ce la fa. Eppure le misure per la sicurezza non erano rimandabili. E quelle per la cultura – che in molti leggeranno come accessorie, inutili, propagandistiche – sono il sale stesso del cambiamento. Se è vero che un Paese cambia a partire dalle proprie radici umane e intellettuali.
È sufficiente la cifra investita? Nemmeno per sogno. Servono più soldi per i musei, le accademie, le produzioni, i servizi e i progetti di valorizzazione. Servono soldi per tutto. Ma intanto, in barba ai benaltristi, è un segnale. E non il primissimo, ad essere onesti, dato dal governo verso i beni culturali. Una dichiarazione d’intenti e di visione. Bisognerebbe fare 100, si è fatto 2; che però è un po’ meglio del meno 2 cui eravamo abituati.
E allora c’è chi sceglie come slogan l’immagine delle ruspe, chi quella delle moschee chiuse, chi quella dei bombardamenti a oltranza. E chi quello delle formazione e della cultura come antidoto alla paura, all’ignoranza, allo scontro sociale. Nell’attesa che venga, a ruota, anche tutto il resto.
Helga Marsala
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