Carnet d’architecture. Marialuisa Palumbo
Questa settimana la rubrica Carnet d’Architecture vi porta in Africa con Marialuisa Palumbo, docente ed esperta del rapporto tra spazio, ecologia e nuovi media. Scopriamo il lavoro di MASS Design, che qui ha sviluppato, grazie all’architettura, una scuola operativa, artigianale e tecnica. Obiettivo: la formazione di una nuova comunità di cittadini costruttori, con ampio spazio alle donne.
UN PROBLEMA E LA SUA SOLUZIONE
Lagos, Kinshasa, Addis Abeba, Dar es Salaam, Niamey. Conoscete queste città? Sapreste collocarle su una carta geografica? Secondo le previsioni dell’Onu, sono quelle che cresceranno di più nei prossimi anni, portando l’Africa a raddoppiare la propria popolazione entro il 2050 e a quadruplicarla entro la fine del secolo, superando così il numero di abitanti di Cina e India messe insieme. Il riscaldamento globale, la desertificazione, la diffusione di epidemie in condizioni di sovraffollamento e di povertà minacceranno questo scenario di sviluppo, ma non lo fermeranno. E questa crescita della popolazione porterà con sé il bisogno di case, scuole, ospedali, strade e infrastrutture di ogni genere. Il bisogno di architettura e di architetti, di soluzioni e di strategie.
E le soluzioni e le strategie proposte faranno la differenza: riducendo gli equilibri e le risorse locali e globali e peggiorando le condizioni delle comunità, o viceversa, contribuendo a ristabilire equilibri locali e globali.
In questo senso il lavoro di MASS Design Group nelle località più povere del continente africano ha potenzialità straordinarie, perché programmaticamente propone un approccio ecologico e umanistico, focalizzato sulla necessità di ottimizzare risorse scarse, facendo tesoro delle “risorse umane” della comunità. Alla base della filosofia dello studio c’è infatti l’idea che l’architettura sia uno strumento per costruire un impatto sociale allargato: un impatto migliorativo, rispetto a condizioni abitative spesso inefficienti e malsane, capace di riportare bellezza e qualità (ambienti sani, ben temperati, illuminati e aerati, attraverso corrette scelte di forma, tecnologia e materiali) e un impatto sistemico, capace di coinvolgere la comunità in ogni fase del processo costruttivo, dal progetto alla realizzazione, dell’insieme, delle parti e dei dettagli. Lo-fab, nel senso di “locally-fabricated”, è una sigla per un’architettura contemporanea radicata nella specificità di un luogo e di una comunità.
UNA SCUOLA A ILIMA
Due recenti realizzazioni dello studio, una scuola in un villaggio sperduto della giungla congolese e un centro per la cura neonatale nell’ospedale di una piccola città del Ruanda (sconosciuta alla maggior parte delle mappe geografiche, compresa Google Earth), sono emblematiche di questo approccio e delle sue potenzialità.
La scuola di Ilima, realizzata in collaborazione con l’African Wildlife Foundation, nasce come scuola elementare del villaggio e come centro comunitario per la conservazione del paesaggio e della fauna selvatica. La sfida, su cui l’AWF ha investito, è quella di mettere insieme conservazione e sviluppo: finanziare l’educazione per contrastare i comportamenti che minacciano l’ambiente. Per sopravvivere, infatti, la gente taglia gli alberi per produrre carbone e uccide animali anche rari per cibarsene. La speranza è che, attraverso la scuola, i bambini possano scoprire nuove opportunità e modalità di sopravvivenza, legate magari alla difesa della ricchezza e della biodiversità di questa regione.
In questo contesto, MASS Design è intervenuto con un progetto semplice ma che, attraverso il disegno dei volumi e del paesaggio, propone una ricca articolazione formale: un sistema di geometrie circolari che disegnano nella giungla un paesaggio astratto, armonico, ordinato e concluso. Per rispondere alle condizioni climatiche della foresta pluviale, un grande tetto sospeso sopra il sistema di muri perimetrali (così da permettere la circolazione dell’aria), oltre ad assicurare la raccolta dell’acqua piovana, offre spazi all’aperto al riparo dal sole e dalla pioggia. Materiali locali tutti prodotti sul posto (mattoni di fango, tegole e pilastri di legno, pannelli intrecciati) e con l’aiuto della comunità, hanno fatto letteralmente crescere l’edificio dal terreno.
UN CENTRO NEONATALE A RWINKWAVU
A Rwinkwavu, l’Unità di Trattamento Intensivo Neonatale è caratterizzata da un sistema di aperture alte e basse, disegnate dalla forma spiovente del tetto, per massimizzare la ventilazione trasversale e celebrare la vita, attraverso la forte connessione col paesaggio e la luce naturale. L’attento disegno degli spazi esterni, con aree di sosta ombreggiate dal grande tetto in aggetto e caratterizzate da ampie sedute, è mirato inoltre all’accoglienza dei visitatori, ribaltando quello che qui è spesso un grosso problema di gestione (la presenza delle famiglie), in una risorsa positiva per la cura.
Ma l’aspetto più interessante di questo progetto riguarda il suo processo costruttivo, che ha programmaticamente coinvolto anche in questo caso lavoratori non specializzati, dedicando così circa un terzo del budget proprio al lavoro: un lavoro affidato alla comunità locale, formata sul cantiere attraverso gli insegnamenti degli architetti e dei mastri muratori. In questo caso due donne, l’architetto Amelie Ntigulirwa, associata di Mass e responsabile del cantiere, e Anne Marie Nyiranshimiyimana, mastro muratore formatosi sul cantiere dell’ospedale di Butaro e divenuta esempio per molte altre donne che dopo di lei si sono avvicinate all’attività di cantiere. Un’opportunità straordinaria, di formazione specialistica e retribuita, in un Paese in cui la maggior parte delle donne non ha autosufficienza economica, fa lavori temporanei, part-time e non specializzati.
IMPARARE COSTRUENDO
Saldare, murare, lavorare il legno in modi tradizionali e innovativi, realizzare parquet e soffitti, leggere e interpretare disegni, dettagli costruttivi e logiche di insieme: “imparare costruendo” è qui un mezzo e un fine, che rende il cantiere lento, ma che costruisce, insieme ed oltre all’edificio, una nuova ricchezza sociale.
Ecco perché il lavoro che MASS Design ha realizzato in questi anni in Africa è qualcosa di molto più grande dei singoli edifici. É stato ed è il nucleo operativo di una nuova forma di Bauhaus: una scuola operativa, artigianale e tecnica, diffusa sul territorio, cantiere dopo cantiere, che ha per obiettivo la formazione di una nuova comunità di cittadini costruttori.
Marialuisa Palumbo
“Carnet d’architecture” è una rubrica a cura di Emilia Giorgi
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