Sokurov ci racconta Francofonia. Terrorismo, arte e fantasmi
Il 17 dicembre arriva nelle sale italiane l’ultima elegia del maggiore regista russo contemporaneo. “Francofonia”, ambientato nel Louvre durante la Seconda guerra mondiale, è stata una delle pellicole più discusse all’ultimo Festival di Venezia. Premiato dal Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici Italiani, Aleksandr Sokurov parla dell’arte come fondamento della civiltà.
Abbiamo incontrato Aleksandr Sokurov (Irkutsk, 1951) all’Excelsior di Venezia durante l’ultima Mostra del Cinema. L’attesa è stata lunga, la tensione è quindi ormai alle stelle quando quest’uomo, forte e possente, si siede con noi. Di tempra gentile quanto intransigente, non teme sentenze nette e audaci. E quando l’atmosfera si fa troppo tesa, si concede qualche gioco di retorica.
Nel suo teorema, dove l’uomo coincide con l’arte che ha creato, chi distrugge l’arte distrugge l’umanità. Come commenta alla luce di questo le devastazioni delle opere millenarie che l’Isis ha causato in alcuni Paesi del Medio Oriente?
Comportamenti come questi testimoniano che nel mondo ci sono branchi di bestie che non hanno valori. Come in passato le comunità umane hanno reagito agli attacchi dei predatori, così oggi la nostra civiltà, che ha qualità etiche, se vuole sopravvivere ha il dovere di difendersi da attacchi simili e prevenirli. Ogni epidemia va debellata in modo radicale. I batteri si annientano, non si può pensare di sedersi al tavolo delle trattative con loro.
Di fronte ad atti brutali di questa portata non ci sono vie di mezzo. Non si può permettere che un altro archeologo venga decapitato e che opere d’arte restino indifese contro un’insensata furia distruttiva. Gli esseri che sono capaci di commettere queste azioni rappresentano una minaccia per l’esistenza dell’arte e dell’uomo, e in quanto tale vanno annientati.
Francofonia è un film sull’arte e sulla civiltà, ma anche un’opera che si focalizza sul concetto di cultura europea.
L’unica garanzia della nostra esistenza è l’esistenza del Vecchio Mondo, ovvero l’Europa. Per la Russia è questione di vita o di morte. Siamo legati in modo viscerale dal punto di vista etico, morale e spirituale all’Europa e non possiamo vivere senza di essa.
Voi italiani potreste tranquillamente fare a meno della Russia, per noi sarebbe impensabile il contrario. Viviamo in una parte della terra troppo fredda e abbiamo bisogno del calore della vostra arte e della vostra umanità. La corona europea è ancora piena di tesori, mentre io sono deluso dall’impoverimento del mio Paese.
Perché ha deciso di raccontare la storia con un linguaggio ibrido?
Le scelte di regia dipendono dai temi che vengono sollevati. I grandi temi possono essere raccontati con un linguaggio puramente di finzione, non contaminato da altre forme narrative. Cito, visto che siamo qui, Morte a Venezia di Visconti.
Nel mio caso, invece, dovevo trattare temi che avevano esigenze espressive differenti e quindi trovare il modo di connetterli tutti insieme: si parla di me, dei miei pensieri, di storia, di arte e di altri soggetti. È stato quindi inevitabile approdare a un linguaggio misto. Francofonia non è un documentario, né un film didattico, né un film rigorosamente di finzione. È un genere, che durante le riprese facevo fatica io stesso a definire, necessario però a raccontare gli eventi, integrando riflessioni ed emozioni personali.
Dopo Arca Russa (2002) all’Ermitage e Francofonia al Louvre, intende completare il progetto originario che prevedeva altri due “episodi” ambientati al Prado e al British Museum? E la figura storica di Napoleone in questo film è un’appendice alla trilogia del potere (Moloch, 1999; Taurus, 2001; Il sole, 2004)?
Ho chiuso con i musei, passerò ad altro… Certo se Napoleone continua a seguirmi come fa nel film, dovrò affrontarlo. Ma dalla fine delle riprese Marianna e Napoleone non mi hanno più disturbato. Marianna in realtà si è offesa perché avrebbe voluto un ruolo più importante, ma non riusciva a parlare molto, intimorita dalla presenza dell’Imperatore. Napoleone mi è sembrato contento e aspetta che qualcun altro lo raggiunga per giovarsi della sua compagnia. Non credo che rimarrà disoccupato a lungo, all’unica condizione che lui non si presta al provino: in fondo, è sempre Napoleone…
Federica Polidoro
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