Elezioni amministrative a Roma. Qualche proposta culturale
Il nostro Fabio Severino fa parte del gruppo di lavoro e del nuovissimo think tank chiamato Roma Puoi Dirlo Forte, una delle realtà che sta provando a produrre idee per riempire le prossime elezioni amministrative di giugno nella Capitale. Abbiamo provato a capire cosa proporrà.
Non c’è solo Massimo Bray che, da neocandidato in pectore, vuole portare i temi culturali nella battaglia politica che porterà all’elezione del nuovo sindaco di Roma dopo i travagliati anni di Ignazio Marino. Nella parte più renziana del PD il giovane Tobia Zevi ha replicato con modalità anche innovative la formula del think tank cercando di appoggiarsi su una riflessione scientifica alta. La sezione cultura del lavoro è stata affidata a Fabio Severino, storico collaboratore di Artribune. Gli abbiamo chiesto di anticiparci i contenuti dell’evento di presentazione dell’associazione previsto per il prossimo 28 gennaio.
Durante la passata consiliatura, a Roma, siamo stati i primi a riconoscere anche i meriti, sebbene nascosti, della discontinuità portata da Ignazio Marino. C’è da dire però che dal punto di vista culturale quegli anni sono stati un disastro…
Purtroppo, al di la della buona volontà e della indubbia buona fede, la prima assessora alla cultura Flavia Barca si è mostrata poco a suo agio nel ruolo. Ci ha messo molto ad avere contezza e perimetro della situazione, non è riuscita a fare propri i meandri della macchina amministrativa. Inoltre la dimensione politica era un qualcosa in cui non si muoveva con efficacia.
Purtroppo la situazione non è molto cambiata con il successivo rimpasto. La Marinelli sicuramente è un tecnico molto solerte, conosceva la macchina a menadito, aveva fatto una bella squadra e ha rimesso in riga tante cose, però ha mostrato il suo limite sulla visione politica. È stato l’ennesimo esempio in cui mancava la leadership del sindaco. Un assessore tecnico ha senso se il sindaco c’è, se detta la linea. La politica non si può eclissare demandando alla tecnocrazia di migliorare l’esistente. Quando questo accade – e non è neanche scontato – alla fine comunque ci si accorge che non basta. Roma ha bisogno di un progetto politico sulla cultura. L’ultimo che lo ha avuto è stato Veltroni. È passato un sacco di tempo e si vede da come ne soffre la città.
Ormai molti spazi sono stati occupati, brillantemente, da altre città e da altri sistemi urbani. Roma ha qualche interstizio dove inserirsi o le speranze sono quasi azzerate?
Le speranze non si possono azzerare per definizione e Roma ha ben più che sole speranze. Deve solo scegliere dove stare. Ha un asset primario, paesaggio antropico e contenuto storico da riempirci il sistema solare. Deve solo scegliere che farne, che carattere darsi. Anche solo ragionando sugli “spazi” ancora liberi, Roma per esempio potrebbe essere la città della formazione artistica internazionale.
Ad esempio?
Ad esempio aiutando a far sviluppare le scuole private che già ci sono, tipo lo IED, favorendo quelle dello Stato, tipo Silvio d’Amico per il teatro e Ruskaja per la danza, attraendo quelle internazionali a fare la loro sede qui, come Actors Studio o Goldsmith, invogliando le accademie straniere – unicum romano – a incentivare le loro residenze.
Roma potrebbe inoltre primeggiare sull’arte pubblica. Deve far ripartire l’edilizia pubblica sia in termini di manutenzioni che di nuove opere: la città è troppo invecchiata. Potrebbe essere l’occasione per dare senso alla famosa legge 717 del 1949. Abbellire con arte urbana le periferie, svecchiare il centro. Si porterebbero i grandi artisti a Roma a viverla e magari a farci la loro base non perché Roma è solo eternamente bellissima, ma perché è una città viva e piena di opportunità.
Riflettiamo su quanto suoni insolita quest’ultima frase. Ormai pensiamo che una città piena di opportunità e futuro possa essere solo Pechino, Rio, al limite Londra o New York, ma non certo una città italiana, figuriamoci Roma. E invece Roma da sito archeologico affascinante ma mal messo deve diventare un lussureggiante giardino pieno di opportunità.
Su quali macrotemi deve puntare la città e perché?
Roma ha contenitori ed energie assopite, deve riempire i primi con l’entusiasmo dei secondi. Io partirei con la formazione artistica, come dicevo, a cui si associa l’incentivazione alla produzione contemporanea sia di spettacolo che artistica. La pubblica amministrazione non può più lavorare in solitaria come fatto fino ad oggi, immagino quindi un nuovo corso con molta sussidiarietà, soprattutto orizzontale. Quindi un bel patto di partecipazione con cittadini e operatori privati.
Entra nel concreto.
Per esempio si faccia un censimento veloce di tutto il patrimonio comunale (e in un secondo momento pubblico in generale) chiuso e abbandonato da destinare a nuovi contenitori: scuole, laboratori, residenze, spazi per lo spettacolo.
Ma davvero l’assenza di risorse economiche può essere considerato ancora a lungo un alibi per non fare, come è stato negli ultimi anni?
È troppo evidente ormai che bastano le idee. Ci sono tante cose che non solo non costano nulla, ma addirittura generano soldi, come affidare ai privati la gestione di tutto il patrimonio storico abbandonato: parliamo di decine se non centinaia di immobili. In secondo luogo le idee portano interesse, entusiasmo e quindi soldi. Accade ovunque e per ogni cosa. E non accade a Roma, la città più sexy del mondo?
Da qualche settimana, nel quadro dei grandi sconvolgimenti politici della città in questo periodo, è nato il think tank Roma puoi dirlo forte. All’interno tu ti occupi di scrivere la parte culturale che, chissà, potrebbe finire anche a compilare il programma di uno dei candidati sindaci alle imminenti comunali. Cosa hai proposto?
Intanto ci siamo confrontati con un altro istituto di ricerca, sviluppando insieme sette temi e 270 pagine di documenti. Tutto ciò è accaduto in tempi non sospetti dal punto di vista elettorale – era marzo – ma in tempi comunque emergenziali dal punto di vista politico: Marino non ha mai ingranato e Alemanno aveva ingranato altrove, purtroppo.
Uno dei temi della ricerca è stato cultura e turismo. Oltre a proposte puntuali, che si possono trovare sul sito romapuoidirloforte.it ma che sono veramente due di mille che se ne possono tirare fuori, io faccio una proposta col think tank. Dai dati risulta evidente che i romani sono affezionati al loro patrimonio culturale, ne sono forse anche gelosi, ne hanno addirittura una visione romantica e affettiva. Lo considerano di grande qualità e tra ciò che ha meno sofferto della disattenzione politica degli ultimi anni. In contraddizione a tale afflato però c’è che ne frequentano poca, la mettono in fondo alle loro priorità di vita e non è determinante nel benessere quotidiano e cittadino. Della serie: “Sono tanto contento che ci sia, ma di sicuro non le destino il mio tempo e le mie risorse, che ci vadano i turisti (N.B. senza però dare troppo fastidio)“.
E cosa proponete per cambiare prospettiva?
La nostra proposta per portare la cultura al centro delle strategie romane – che devono essere condivise e partecipate dai cittadini, altrimenti non attecchiscono – è presentare la cultura come un’opportunità diversa dalla edificazione personale. Partire dalla spesa culturale per far ripartire la città, significa investire su Roma, sulla sua qualità cittadina, perché dalla spesa culturale dipendono benefici al cittadino a 360 gradi. Quest’ultimo non lo convinco a lasciarmi fare un nuovo museo dicendogli: “Poi ci andrai anche tu, la tua domenica sarà più radiosa, la tua vita più piena”. Il cittadino è sopraffatto dalle buche per strada, dalle file a ogni ufficio pubblico, dall’autobus nel traffico, dalla metro che non passa.
Vuoi dargli torto?
No. Ma gli mostro come la spesa culturale si traduce in investimento sul benessere di tutti, anche di chi per esempio a quel museo non ci andrà mai perché la sua realizzazione, se fatta bene ovviamente, invece significa magari una nuova fermata della metro o di una linea autobus, il ripristino del decoro urbano, un nuovo manto stradale circostante, attività commerciali, nuova occupazione e imprenditoria, rivalutazione degli immobili di zona ecc. Oltre al turismo, ma quello è banale.
Roma puoi dirlo forte debutta con un format di idea sharing che è già stato battezzato “la Leopolda della Capitale” e che consiste in un fuoco di fila di interventi da 180 secondi l’uno previsti per la sera del 28 gennaio. Dicci di più.
Tobia Zevi, l’ideatore e l’animatore dell’associazione, ha avuto due idee geniali basate sul tempo: il quando e il come. Uno, fare un momento di ascolto partecipato e di condivisione la sera, quindi accessibile veramente a tutti, perché la gente lavora. Secondo, stimolare il dono che ognuno di noi ha: la sintesi. In tre minuti si può dire ciò che serve ed essere se stessi. L’evento sarà a Galleria Colonna, in centrissimo. Tutta la Galleria sarà per noi, ci sarà un bell’allestimento davanti a La Feltrinelli, un conduttore simpatico e tagliente come David Parenzo a dare ritmo ai contenuti, birra a partire dalle 21 e un sacco di interventi. Alcuni li abbiamo invitati noi, tanti altri si stanno candidando spontaneamente sul sito, per dire la loro, per dirla forte. Vi aspettiamo tutti alle 19:30.
Massimiliano Tonelli
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