Homeworks. L’arte fa (anche) i compiti a casa
In centro a Milano, un appartamento trova spazio per nove artisti. I loro lavori, disposti all’interno di qualsiasi ambiente domestico, si confondono ed emergono dall’arredamento. Il curatore, Samuele Menin, programma sei aperture, da luglio 2015 fino a marzo 2016. Mostrando di volta in volta nuovi elaborati. Compiti degli artisti svolti “a” casa “per” la casa.
Tutto inizia, come sempre, un venerdì: siamo al 10 luglio 2015. È il primo giorno, l’ingresso con parola d’ordine è materia. La padrona di casa, Luisa Miriam Ferrario, attende ospiti solamente dalle 15 alle 19. Attraverso un doppio ascensore, chiunque può accedere al 12esimo piano di un palazzo che, partendo da corso Monforte, risale fino ai cieli più alti del centro di Milano. Nove artisti si confondono e si confrontano, con gli interni degli ambienti gremiti di un lussuoso appartamento; allestendo, uno per ciascuno, un elaborato sul tema Un’opera composta da due materiali domestici diversi.
È appena iniziata la serie di inaugurazioni di Homeworks. Ogni artista riceve un fee a svolgimento del compito in classe, come contributo per la produzione degli esercizi. E se qualcuno è interessato all’acquisto di uno dei lavori in mostra, basta che contatti la galleria.
“L’idea di far fare i ‘compiti a casa’ agli artisti”, dichiara Samuele Menin, curatore del progetto, “nasce un po’ come sfida a superare i loro limiti, confrontandosi con macro caratteristiche attribuibili a un’opera d’arte; ma affrontandone solamente una per volta, appuntamento dopo appuntamento. Esteticamente questa modalità di lavoro porta gli artisti a risultati spesso molto diversi rispetto alle loro produzioni ‘normali’ delle specie di forzature ‘controllate’. A livello espositivo come curatore invece mi permette di sezionare e mostrare il processo creativo che ogni singolo artista ha rispetto ai propri lavori, svelandolo passo dopo passo ai visitatori di ‘Homeworks’. A livello produttivo forse chi ne beneficia maggiormente sono io perché questa processualità mi permette e impone di avere un contatto diretto e continuo con tutti gli artisti permettendomi di addentrarmi sempre più nella loro ‘arte’ e facendomi sentire un privilegiato”.
Nel frattempo, Jacopo Condotti, nel bagno fasciato in marmo blu, installa una scultura profilare, bianca e nera. Sergio Breviario dispone un manufatto dalla forma zoomorfa appena abbozzata. T-yong Chung inserisce, sulla parete di boiserie del salotto una sua foto. Guendalina Cerruti lavora su una camera da letto non patronale e si inserisce tra il materasso e la porta. Simone Berti sospende un fiore brinato, in un’altra toilette, rivestita di marmo bianco. Mirko Canesi intarsia una spugna da cucina, con un San Giorgio a cavallo. Ornaghi e Prestinari intrecciano ancora una volta i loro ben noti spazzolini, davanti ad una finestra vista Duomo. Jonathan Vivacqua mostra le coste, i versanti della materia sul tavolino di un piccolo studiolo. Mentre Alberto Scodro colonizza la cappa della cucina, attraverso piccoli macigni dalla provenienza interstellare.
Ma con quali criteri sono stati selezionati gli artisti che hai chiamato a partecipare? “Ho deciso di coinvolgere in questo progetto”, risponde Menin, “a causa della sua complessità, artisti che conosco da anni e con cui ho già avuto modo di collaborare. La fortuna ha voluto poi che ognuno di loro avesse un’identità e una produzione molto ben definita, in questo modo i vari appuntamenti di Homeworks si stanno caratterizzando da un buon mix di: pittura, scultura, installazioni, performance, interventi sonori, ecc.. in pratica non ci stiamo facendo mancare niente, grazie a Simone Berti abbiamo avuto anche un cocktail come opera d’arte”.
Dopo alcune settimane, venerdì 11 settembre, l’appartamento di design riapre i battenti e i nove artisti mostrano nuovi lavori sul colore. Il compito del curatore e della sua collaboratrice Giulia Ratti, per questo secondo giorno, è Un’opera con un colore dominante. Guendalina Cerrutti, ad esempio, ha esposto un ritratto in rosa e azzurro di un adolescente dai lineamenti indecifrabili e T-yong Chung una serie di sculture in cemento lucidato specchio, composizioni di calchi di contenitori per alimenti, che divengono dei mini idoli da salotto. E ancora una vota, i nove alunni hanno dovuto fare i compiti a casa formulando, adagiando le loro idee a forma, estensione e coreografia della domesticità che li mette in mostra. Istituzionalmente una per ciascuno.
Nuovamente, alcune settimane più tardi, venerdì 30 settembre la parola d’ordine diventa cassetto e, in ordine alfabetico, Canesi, Cerruti, Chung, Condotti, Berti, Breviario, Ornaghi&Prestinari, Scodro e Vivacqua presentano le loro opere ispirate alle dimensioni di: Un’opera in un cassetto. Espressione figurata e non.
“Fin da subito ho deciso che le opere create dagli artisti dovessero andare, appuntamento dopo appuntamento, a stratificarsi con il vissuto della casa divenendone un completamento e non andando ad alterare, se non con minimi spostamenti la storia stessa dello spazio”, rivela il curatore. “A seconda del tema, alcuni dei nuovi interventi funzionano più di altri; ma compito dopo compito gli artisti hanno preso sempre più le misure dello spazio, rendendolo loro. Confesso che sarà difficile al termine del ciclo riconoscere quali elementi saranno da disallestire e quali no”.
Sulla base dell’indicazione cassetto, Simone Berti, ad esempio, ha trasformato i cassetti dei comodini della camera da letto padronale in due mini acquari, mentre per lo stesso tema Jacopo Candotti ha dato vita a una discoteca in miniatura, mentre Alberto Scodro ha dato vita alla riproduzione di un ago da cucito non-proprio-da-cassetto, essendo lungo più di un metro e per questo ospitato da una pendola Cinquecentesca.
Per il quarto appuntamento, inaugurato venerdì 18 dicembre, per il tema Riproduzione, Sergio Breviario ha deciso di rendere le proprie opere protagoniste di un fotoromanzo di cui mostra solo alcuni scatti, mentre Jonathan Vivacqua ha riportato con un incisione al laser un suo disegno su delle lastre di plexiglass che sovrapposte fanno divenire un lavoro bidimensionale tridimensionale. Nel 2016, l’appartamento al 12esimo piano di corso Monforte riaprirà solamente due volte: il 18 febbraio e verso la fine di marzo.
“Per quanto riguarda l’appuntamento dello Spettatore”, conclude Menin, “mi auguro che gli artisti riescano, attraverso i propri lavori, a far comprendere a tutti che senza qualcuno che le osservi e le ammiri le opere non esistono e non prendono vita. Per quanto riguarda l’Omaggio, e dunque il prossimo tema, vorrei che trasmettessero questo messaggio: senza la Storia e una sua corretta comprensione, non ci si può dedicare alla costruzione di un futuro migliore”.
Ginevra Bria
www.homeworksmilano.tumblr.com
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