Polo Museale della Calabria. È arrivata Angela Tecce
Dagli Anni Ottanta preziosa figura di riferimento del panorama artistico e culturale napoletano – dalla direzione del Museo Pignatelli e del Museo Novecento a Capodimonte e Castel Sant’Elmo, in costante sinergia con le gallerie cittadine – Angela Tecce si è da poco insediata come direttore del Polo Museale della Calabria, ufficio istituito nell'ambito dell’ultima riforma del MIBACT. Di questa nuova e importante sfida in terra calabrese, ci siamo fatti raccontare suggestioni, obiettivi e speranze.
Dal 1° settembre dirige il Polo Museale della Calabria, lasciandosi alle spalle più di un trentennio di intensa attività nel capoluogo partenopeo. Come ha accolto questo radicale cambiamento di rotta verso la Calabria?
Diciamo che, nonostante io tenga molto a ciò che ho costruito soprattutto nell’ultimo quindicennio a Castel Sant’Elmo e al Museo Novecento a Napoli – che è un po’ l’esito di tutto il lavoro che negli anni precedenti avevo fatto a Capodimonte, a Villa Pignatelli ecc. – e benché questo museo sia una mia creatura e che lì lavorino colleghi e giovani collaboratori a cui tengo moltissimo, avevo desiderio di concludere la mia carriera sperimentando una dimensione diversa, cioè non solo quella della direzione di un museo ma anche la direzione di una soprintendenza, adesso definita “polo museale”, avendo assunto un aspetto diverso dalle soprintendenze precedenti, perché dovrebbe occuparsi prevalentemente di valorizzazione.
Il suo percorso è legato in maniera molto stretta al contemporaneo, vedendola pure tra i soci promotori di Amaci, tuttavia con la nuova carica si ritrova a coordinare un ventaglio di musei di cui dieci su dodici sono di tipo archeologico. È una bella occasione, che rispecchia un po’ la sua convinzione per cui tutta l’arte è contemporanea…
Sì, è vero che negli ultimi anni la mia attenzione si è focalizzata sull’arte contemporanea, però in realtà io sono una storica dell’arte, venuta fuori dall’Istituto di Storia dell’Arte, allora diretto da Ferdinando Bologna dell’Università Federico II di Napoli, e nella mia lunga carriera mi sono occupata tra l’altro del Seicento napoletano, di studi sull’Ottocento e della scultura di Canova. Quindi diciamo che il contemporaneo – argomento di cui mi sono occupata già nella mia tesi di laurea – è stato la “prospettiva” dentro la quale ho cercato di collocare anche le altre esperienze, che sono state molto significative e altrettanto numerose.
Per me quella contemporanea è una prospettiva che non mi chiude nel ghetto della critica d’arte, aprendomi invece a un discorso di metodo, appunto sull’approccio alla storia dell’arte e ai cosiddetti beni culturali: chiaramente si tratta di un concetto che astrae dalla specificità storico-artistica un “valore”, valore che noi abbiamo il compito di comunicare agli altri. Io credo piuttosto che sia l’ottica contemporanea a essere fondamentale per promuovere e valorizzare il nostro immenso patrimonio artistico e archeologico, e tutto quello che esiste in Calabria.
Qual è la situazione generale che ha incontrato in Calabria a livello di strutture organizzative e amministrative?
Francamente, devo dire che mi sono trovata di fronte a parecchie difficoltà, inevitabili quando si arriva in una nuova situazione, unite a quelle inerenti al passaggio al nuovo assetto istituzionale del Ministero, conseguente alla Riforma Franceschini, riforma dalla quale sono nati i venti musei autonomi, i poli museali, le soprintendenze belle arti e paesaggio e le soprintendenze archeologia, che devono occuparsi della tutela.
È chiaro che con una riforma così giovane – non ancora valutabile nelle sue conseguenze, poiché i processi sono lunghi e complessi – le questioni nodali che già esistevano (come la carenza di personale e di fondi) non sono state bypassate. Siamo in un delicato momento di transizione, per cui io stessa non so discernere bene quante delle difficoltà siano legate alla specifica situazione del territorio in cui mi trovo a operare e quante invece siano legate alla più generale situazione di cambiamento in atto.
Quali sono le risorse o i punti di forza specifici di questi siti su cui bisogna puntare?
Molti siti calabresi sono di estremo interesse e io per prima, visitandoli in questi mesi, sono rimasta affascinata dalla ricchezza e varietà del patrimonio, che se fosse meglio comunicato potrebbe diventare davvero un attrattore formidabile. Sono rimasta molto colpita dal fatto che il personale di vigilanza di alcuni musei del mio polo mi abbia accolta esprimendo il desiderio che le cose cambino e che si possa finalmente lavorare in condizioni diverse; ma incredibilmente mi parlavano di un pubblico composto soprattutto da non italiani. In Calabria – meta di un turismo marittimo piuttosto alto – il numero di visitatori di questi siti è disperatamente basso e costituito perlopiù da stranieri, sebbene siano colmi di veri e propri tesori, come la corona del V secolo a.C. del Museo di Crotone o il sito di Capo Colonna, che dal punto di vista storico e naturalistico è di un’importanza straordinaria.
Mi auguro che possano avvenire assunzioni di giovani, con un rinnovamento anche delle figure professionali che operano insieme a noi, perché è chiaro che un polo museale che si deve occupare della valorizzazione di dodici musei (peraltro di un territorio difficile anche in termini di collegamenti e spostamenti) dovrebbe avere – oltre alle figure tradizionali che hanno sempre fatto parte del nostro ministero – anche di una serie di “comunicatori” che, grazie alle nuove tecnologie, creino una rete con il museo di Reggio Calabria, attualmente l’unico che possa dirsi dotato di un numero di visitatori accettabile, costituendo perciò un volano per una nuova economia del territorio.
Il Museo di Reggio Calabria è l’attrattore principale?
Non credo si possa pensare a un turismo rivolto soltanto al Museo di Reggio, dove è conservato il patrimonio più importante, mi riferisco specialmente ai Bronzi di Riace, come pure ai reperti provenienti dalle aree di scavo di molti dei siti che appartengono al polo. È chiaro invece che la possibilità di mettere “a sistema” questo immenso patrimonio creando degli itinerari renderebbe il viaggio e l’esperienza del visitatore qualcosa di più ricco e duraturo nel tempo: non sarà più la visita mordi e fuggi, tipo “vedo i Bronzi e scappo via”; è solo un turismo di questo genere che porta benessere al territorio, perché l’altro porta beneficio soltanto alle compagnie aeree.
Inoltre, la tutela – che per me è assai difficile separare dalla valorizzazione – ha un compito molto importante: se avvenisse una riappropriazione da parte del pubblico di questo territorio così ricco, alla fine si riuscirebbero a valorizzare i siti archeologici come i musei.
Per quel che riguarda il dialogo con il territorio, che significa anche rapporti e sostegni economici da parte di enti locali pubblici e privati, nonché coinvolgimento o sinergie con le sue eccellenze, parlando in termini di risorse umane magari giovani: qual è il suo pensiero o la sua speranza?
Le prime questioni che mi sono trovata ad affrontare sono state alcune concessioni per attivare dei servizi aggiuntivi per questi musei per i quali la Regione aveva dedicato un bando stanziando delle somme a favore delle imprese. Ho dovuto lavorare parecchio perché questo bando regionale non corrispondeva più agli attuali canoni previsti dalle nuove normative della riforma ministeriale, però tutto sommato la cosa mi fa ben sperare che, con l’aiuto di finanziamenti regionali, le giovani imprese vincitrici delle concessioni possano iniziare a intraprendere attività come visite guidate o servizi di caffetteria nei musei afferenti al polo.
Ormai da soli non siamo in grado di operare in maniera incisiva, ma se queste cooperative riuscissero a crescere e a farsi strada sarà un grande supporto per noi, un futuro di lavoro per loro e una garanzia di sviluppo per il territorio.
Restando sulla questione budget: ha una linea strategica che intende perseguire per incrementare i contributi esterni e le entrate necessarie all’attività museale?
Una linea strategica è troppo presto per poterla definire. Ho già degli importanti contatti con una parte “sana” dell’imprenditoria calabrese che vuole sostenere il proprio territorio, questo sì, e mi conforta nella convinzione che si possano coinvolgere altri agenti quando si è chiari nelle prospettive lungo le quali ci si intende muovere.
In Calabria l’unico museo dotato di speciale autonomia è il MANRC di Reggio, dimora dei Bronzi di Riace, che ha accolto come neodirettore Carmelo Malacrino. Che tipo di dialogo vorrebbe intrecciare con questa istituzione?
Il dialogo si è già instaurato, in quanto previsto addirittura dalla riforma ministeriale: per statuto il direttore del polo museale è nei consigli d’amministrazione dei musei autonomi, per cui io faccio parte di quello del Museo di Reggio, ovviamente insieme ad altre figure scelte per l’alto profilo professionale e culturale o di appartenenza al territorio.
Concludiamo con qualche anticipazione sui programmi e le future iniziative che metterà in campo il polo, sia nell’ambito archeologico che in quello contemporaneo.
Sicuramente una delle mie intenzioni è quella di valorizzare l’importante patrimonio della Galleria Nazionale di Cosenza, a Palazzo Arnone, in particolare l’ampia e poco nota raccolta di disegni e incisioni di Boccioni, proveniente dagli eredi di una collezionista americana – che comprò i disegni negli Anni Sessanta – e acquisita nel 1996 dallo Stato italiano, anche grazie al fatto che proprio in questo 2016 cade il centenario della morte e l’attenzione internazionale è puntata su questo nostro grandissimo artista.
Valentina Tebala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati