Arco Madrid. L’intervista con Maria de Corral
Maria de Corral la conosciamo almeno per aver co-diretto la 51. Biennale di Venezia nel 2005. Madrilena, in questi giorni firma – insieme alla figlia Lorena de Corral, Catalina Lozano e Aaron Moulton – “Imaginando otros futuros”. Un progetto realizzato per il 35esimo anniversario di Arco, di cui abbiamo discusso con lei nella capitale spagnola.
Come nasce il progetto Imaginando otros futuros?
La direzione di Arco ha deciso che per il 35esimo anniversario della fiera non voleva celebrare come tutti gli anni con un Paese invitato, ma invitare 35 gallerie. L’idea è di passare attraverso la storia di Arco. Infatti, tutte le gallerie che abbiamo selezionato hanno già partecipato ad Arco in diversi momenti del passato e sono state importanti per la storia della fiera. Queste gallerie continuano a lavorare con artisti giovani, prendendosi dei rischi, e sono molto legate all’arte contemporanea, attuale.
Abbiamo quindi selezionato le 35 gallerie e abbiamo anche scelto gli artisti delle diverse gallerie, non le opere ma gli artisti. Artisti che non avessero mai presentato dei loro pezzi in gallerie spagnole, al fine di far conoscere meglio al pubblico iberico, e al pubblico della fiera in generale, l’arte internazionale del momento.
Il comitato di Arco ha poi deciso di includere una sola galleria spagnola, quella di Juana de Aizpuru, per renderle omaggio: è infatti stata la fondatrice di Arco nel 1982.
Ultimamente è una costante la riflessione artistica sul tema del futuro. Anche la Biennale di Venezia del 2015, curata da Okwui Ewenzor, era intitolata All the world futures. Perché voi avete scelto questo tema ?
Abbiamo scelto Imaginando otros futuros perché ci siamo basati sul passato di Arco ma anche perché abbiamo deciso che ogni galleria doveva portare due artisti di generazioni diverse, uno maggiore e uno più giovane, come Danh Vo e Mona Hatoum per la Galleria Chantal Crousel di Parigi, al fine di metterli in dialogo e sottolineare l’importanza della generazione degli artisti del futuro.
Alcune gallerie hanno portato però anche artisti della stessa generazione. Anche questa riflessione è risultata molto interessante, dal momento che molti di loro avevano già lavorato insieme e che hanno quindi dovuto osservare come fosse evoluto il lavoro reciproco e creare un nuovo dialogo. Nella Galleria Mai 36 di Zurigo, ad esempio, hanno creato una cassa di risonanza tra le opere di due artisti, Franz Ackermann e Manfred Pernice, che alla base sono molto distanti: il risultato è un’unica opera ma realizzata tramite i due.
Lei ha lavorato molto in Italia e ha curato recentemente la mostra Art situacions a Villa Croce a Genova, con cinque giovani artisti italiani e cinque spagnoli – mostra che in seguito è stata portata al Macro di Roma e che attualmente è al Matadero qui a Madrid. Come pensa si relazionino gli artisti spagnoli e italiani in questo momento ?
In questo caso specifico penso che sia un dialogo molto ben riuscito, c’è una grande diversità di espressioni, scultura, pittura, video, fotografia e installazioni, e insieme questi artisti eccezionali hanno creato una mostra solida che a mio avviso avrà un grande seguito.
Anche il 35esimo anniversario di Arco è rappresentato da medium molto differenti.
Sì, c’è una grande eterogeneità: video nelle gallerie di Ruth Benzacar (Buenos Aires) e Christina Guerra (Lisbona), performance come Colonial Color Palette dell’artista messicano Emilio Rojas nello stand della galleria spagnola Jose de la Fuente, e diverse sculture e fotografie molto interessanti.
C’è una presenza sempre maggiore di gallerie e artisti latino-americani ad Arco negli ultimi anni. Come valuta questo dato?
La relazione di Arco con l’America Latina è sempre stata di fondamentale importanza, ed è proprio questo che distingue questa fiera d’arte da altre come Frieze. Arco a sua volta è stata molto importante per gli artisti latino-americani: tutti sono passati di qui, ad esempio il primo incontro con l’arte internazionale della galleria messicana Kurimanzutto fu proprio ad Arco.
Questa presenza quindi è molto importante per la fiera, inoltre credo vi sia una creatività molto diversa in America Latina rispetto all’Europa e al Nordamerica, e penso sia questo che distingue Arco dalle altre fiere d’arte contemporanea.
Ha un ricordo in particolare di Arco?
No: per me Arco è talmente importante sin dal suo esordio nell’82 che non posso scegliere un ricordo fra i tanti.
Quando nacque Arco, in Spagna eravamo passati da poco alla democrazia e la fiera fu una maniera di posizionarsi a livello internazionale e di farsi conoscere. A Madrid all’epoca c’erano pochissime gallerie. Sin dal primo Arco abbiamo avuto la presenza di gallerie internazionali e ciò ha reso accessibile l’arte contemporanea al pubblico spagnolo, ma anche a istituzioni fondamentali per l’evoluzione dell’arte stessa in Spagna, come le università. Arco quindi rappresenta proprio l’apertura della Spagna verso l’arte contemporanea ed è questo che ha reso questa fiera così importante per noi.
Lei fa parte anche del comitato scientifico del Reina Sofia: avete già visto opere che potrebbero entrare a far parte della collezione del museo?
Sì, il comitato è qui in questo momento e abbiamo visto diversi pezzi interessanti, ma decideremo alla riunione di domani cosa prendere. Ogni hanno è una sfida prendere questo tipo di decisioni!
Se dovesse dare un consiglio alla futura generazione di curatori e curatrici?
Per me è molto importante lavorare con l’artista e difenderlo. Anche se bisogna rinunciare a molte cose, bisogna mostrare sempre i pezzi migliori, perché spesso non si hanno altre occasioni. Inoltre è meglio selezionare poche opere affinché il pubblico si concentri su quelle e abbia il tempo di assorbirle. È molto importante poi come si presentano le opere e tenere sempre conto del tempo che il pubblico ha da dedicare a un’esposizione. Tutti questi dettagli, quando si deve presentare un artista, sono estremamente importanti.
Chiara Marin
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