Basta coi doppioni (2). L’editoriale di Renato Barilli
Non impareremo mai. Non solo facciamo mostre doppione in luoghi diversi, ma spesso anche nella stessa città non si fa sistema. E così, mentre apre la grande mostra sul Simbolismo, chiude quella su Gauguin. E chi vuole completare l’una con l’altra, beh, non può. Ed è solo uno fra i tanti esempi.
IL SIMBOLISMO MONCO A MILANO
Sempre in merito alla scarsa programmazione con cui si succedono in Italia le mostre temporanee nei musei pubblici, con sovrapposizioni inutili, un aspetto collegato è pure il fatto che molte volte uno stesso luogo produce e propone eventi espositivi affini per tema, ma presentati in tempi diversi, non concomitanti, vanificando così la possibilità di utili confronti.
Prendo ad esempio quando succede al Comune di Milano. Attualmente è visibile a Palazzo Reale una macro-esposizione dedicata al Simbolismo, a cura di Ferdinando Mazzocca, in cui però invano si cercherebbero tracce di uno dei maggiori protagonisti di quella stagione, anzi, forse il numero uno a livello pittorico, Paul Gauguin.
GAUGUIN E MUCHA
La spiegazione di questa curiosa assenza potrebbe consistere nel fatto che a Gauguin la municipalità milanese, in altra sede, al Mudec, ha offerto una retrospettiva, ricca proprio di opere della fase che ha portato l’artista francese al lento abbandono dell’Impressionismo e all’approdo alle soluzioni astratte e stilizzate tipiche della Scuola di Pont-Aven da lui fondata, nel 1888. Ma questa mostra è data in chiusura al 21 febbraio, mentre l’altra, inaugurata da poco, si prolunga fino al 5 giugno, il che significa che ben pochi visitatori di quest’ultima potranno recarsi nell’altra sede per fare un’opportuna correlazione.
Un po’ meglio si prospetta la situazione in riferimento alla mostra del grande cartellonista Mucha, ancora visibile nella stessa sede di Palazzo Reale, a fianco del Simbolismo, aperta fino al 20 marzo, e dunque i visitatori possono recarsi in entrambi i luoghi, un’opportunità comunque esclusa a un bel po’ di fruitori del Simbolismo, che si prolunga oltre per ben tre mesi. E dunque, una certa complementarità tra le due rassegne affiancate può sussistere, tanto più che l’omaggio a Mucha è arricchito da una buona documentazione relativa agli esiti dell’Art Nouveau, stretta appendice del Simbolismo per quanto riguarda l’architettura e le arti applicate.
Ma non era meglio affiancare queste tre rassegne, se non nella sede, almeno nei tempi di apertura?
GLI SFORZA SENZA I LORO ARTISTI
Non ne viene insomma l’invito a “fare sistema”, nell’avanzare proposte consuonanti, senza lasciarle procedere alla spicciolata, ognuna per sé? Insistendo su simili mancanze di buon coordinamento, sempre Milano ce ne ha offerto un altro caso clamoroso.
Sempre a Palazzo Reale è stata proposta una mostra intitolata Dai Visconti agli Sforza, dove però il ruolo di questi ultimi veniva privato del loro maggior puntello, Leonardo, per la solita ragione che Leonardo era fittamente documentato in un’ala contigua. Ma il risultato fu dannoso, poca affluenza per i poveri Sforza, mentre dall’altra parte disegni e dipinti leonardeschi erano resi invisibili per eccesso di folla.
Ma c’è di peggio, il secondo protagonista della Milano sforzesca, Bramante, era stato celebrato mesi prima dalla Pinacoteca di Brera, ma in via assai precaria, apprestandogli un box posticcio nel bel mezzo della solita quadreria. Anche qui, perché non si è fatto sistema in modo organico?
Renato Barilli
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