Statue coperte ai Musei Capitolini: in realtà, una lunga storia

Dopo giorni di polemiche roventi e di enfatiche contrapposizioni intorno all’affaire delle statue coperte durante la visita di Hassan Rouhani, la voglia è quella di voltare pagina. Minimizzare e archiviare l’accaduto risulta tuttavia difficile. Innanzitutto se si lega la vicenda al ruolo che i beni culturali ricoprono nella nostra società e in particolare al loro uso politico, nel quale il premier Renzi ha investito parecchio.

DELL’USO POLITICO DEI BENI CULTURALI
Con Angela Merkel, ai piedi del David, a Matteo Renzi era andata molto bene. Questa volta, con Hassan Rouhani, molto meno. Tutti giustamente si chiedono perché siano stati scelti proprio i Musei Capitolini, con il loro profluvio di seni marmorei e minuscole verghe. Era chiaro che sarebbero sorti problemi e discussioni, sia lasciando le nudità scoperte, sia obliterandole. “Polemiche cercate per sollevare un polverone e oscurare temi più importanti”, direbbe il complottista che è dentro ciascuno di noi. In ogni caso, bisogna chiedere alla politica un passo indietro, che il nostro patrimonio venga tenuto fuori dalla mischia mediatica e che per manifestazioni come queste si scelgano spazi sì prestigiosi, ma più neutri.

LO SPORT DELLO SCARICABARILE
L’interesse della vicenda è tuttavia ancora maggiore se la si legge in rapporto con la gestione del luogo straordinario dove si è consumato l’occultamento. Il direttore dei Musei Capitolini e sovrintendente comunale Claudio Parisi Presicce si è affrettato a precisare, quando le polemiche iniziavano a montare, che la decisione era partita da Palazzo Chigi.
Lo scaricabarile, però, non convince. Se è vero che, di fronte alle osservazioni di parte iraniana, è stato il cerimoniale della Presidenza del Consiglio a ordinare la censura, è vero anche che il direttore non poteva subire passivamente questa imposizione, perché profondamente contraria alla missione dell’istituzione museale. Come evidenzia il Codice etico dell’ICOM per i musei, “i musei assicurano la conservazione, l’interpretazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell’umanità”: è assai difficile far rientrare il temporaneo occultamento di alcuni pezzi all’interno di un’opera di “interpretazione e valorizzazione” delle collezioni museali.
Mi si dirà che, di fronte ad un ordine della Presidenza del Consiglio, il direttore di un semplice museo comunale (ancorché tra i maggiori musei del mondo) avrebbe potuto fare poco. Sì, un’eventuale contrarietà di Parisi Presicce non sarebbe probabilmente riuscita, da sola, a fermare l’iniziativa; avrebbe però potuto mettere in moto una riflessione condivisa, tra più organi e più livelli della macchina statale, che avrebbe forse portato a un ripensamento.

Piazza del Campidoglio, Roma

Piazza del Campidoglio, Roma

LA CONSEGNA DEL SILENZIO
La legge (da ultimo, la Legge Franceschini) non lascia soli dirigenti e funzionari, e consente loro varie possibilità: il direttore avrebbe potuto chiedere un parere consultivo al Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici, o al Comitato tecnico-scientifico per l’archeologia (e ci sarebbe stato il tempo di fare queste mosse, visto che la decisione di coprire le statue è maturata durante molteplici sopralluoghi, che si sono svolti nel corso di più settimane, se non mesi). Si sarebbe potuto coinvolgere, in altri termini, il Ministero dei Beni Culturali. Ma pare che questo non sia avvenuto, a sentire almeno il ministro Franceschini, che si è detto del tutto all’oscuro della vicenda.
Saremmo lieti se il direttore Parisi Presicce potesse smentire questa ricostruzione, presentando una documentazione che attesti che questi passi sono stati fatti. Una richiesta di trasparenza che si fa ancora più pressante di fronte all’evasività del direttore e sovrintendente comunale, che ha rilasciato soltanto poche, laconiche dichiarazioni, e che ha peraltro imposto la consegna del silenzio a funzionari e dipendenti degli enti da lui diretti (fatto, è chiaro, di una certa gravità).

L'Innocenzo X di Algardi ingabbiato (Lux in Arcana, 2012)

L’Innocenzo X di Algardi ingabbiato (Lux in Arcana, 2012)

ERRARE È UMANO, PERSEVERARE…
Non sono tuttavia soltanto le parole di Franceschini a far pensare che il direttore non abbia ritenuto opportuno coinvolgere altri organi e altre figure: è anche il carattere poco collegiale della gestione dei Capitolini negli ultimi anni che induce a sposare questa ricostruzione. Anzi, guardando a come viene gestito da diverso tempo a questa parte il meraviglioso museo che si affaccia sulla piazza del Campidoglio, viene da pensare che il direttore non abbia espresso la minima contrarietà alla scelta di oscurare alcune statue antiche.
Questa iniziativa è infatti perfettamente in linea con un atteggiamento disinvolto nei confronti delle opere che abbiamo visto tante volte in azione nelle sale dei Musei Capitolini; un atteggiamento che magari ci potremmo aspettare da chi si occupa di cerimoniale, non da chi è chiamato a tutelare e promuovere il nostro straordinario patrimonio. I pannelli di qualche giorno fa riportano alla mente tutta una serie di pannelli e strutture temporanee che hanno invaso e invadono quasi senza soluzione di continuità le sale storiche del Palazzo dei Conservatori, per consentire l’allestimento di “grandi mostre” che andrebbero casomai messe in piedi da tutt’altra parte o rese più compatibili con il contesto.
Come ho sottolineato dalle colonne di Artribune (qui trovate la prima e seconda parte dell’editoriale sulla Capitolazione dei Musei Capitolini), la proliferazione delle mostre ha portato a coprire senza ritegno statue, affreschi, iscrizioni; la fruizione degli ambienti storici, cuore dell’identità civica capitolina, ne è risultata irrimediabilmente compromessa; i pezzi del museo sono stati sottoposti a continui, inutili spostamenti. Visti in quest’ottica, i pannelli montati in occasione della visita di Rouhani rappresentano il coronamento di un processo decennale che annovera decine di occultamenti totali o parziali di opere. E se, in precedenza, l’attenzione riservata a queste iniziative da una classe giornalistica piuttosto distratta è stata modesta, questa volta ne è derivata all’Italia una figuraccia planetaria. Speriamo perlomeno che tutto questo possa avere una conseguenza positiva, ossia che serva a innescare un’ampia e approfondita riflessione sulla gestione attuale e sulle prospettive future di un’istituzione museale tra le più antiche, ricche ed affascinanti del mondo.

Fabrizio Federici

www.museicapitolini.org

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Fabrizio Federici

Fabrizio Federici

Fabrizio Federici ha compiuto studi di storia dell’arte all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore, dove ha conseguito il diploma di perfezionamento discutendo una tesi sul collezionista seicentesco Francesco Gualdi. I suoi interessi comprendono temi di storia sociale dell’arte…

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