Sant’Umberto Eco da Alessandria, protettore dei fumetti e dei fumettisti
Proseguiamo con i ricordi del compianto Umberto Eco. A parlare brevemente, ma tratteggiando un ricordo molto particolare, è oggi Ferruccio Giromini. Che ancora rammenta di quando il professore gli confessò che sul cesso…
ECO A FUMETTI
È indubbio che senza di lui, a partire dall’apocalittico 1964, le sorti della cultura disegnata in Italia sarebbero state molto più stente. Dalla prima analisi di Steve Canyon al battesimo di Linus con Elio Vittorini e Oreste del Buono, dall’amore per i Peanuts prima e per Corto Maltese e Dylan Dog dopo, fino alla nostalgia per le avventure ingenue di Cino e Franco alle prese con la misteriosa fiamma della Regina Loana, molti e fondamentali furono gli autorevoli endorsement di Umberto Eco per il mondo dei comics.
Per mezzo secolo, il ritornante sdoganamento del fumetto nei polverosi e schizzinosi salotti della cultura italiana fu dovuto a lui e in pratica solo a lui. Eterno e massimo rispetto, professore.
UN ENDORSEMENT PARTICOLARE
Però c’era dell’altro. La sua disposizione sorridente. Direi di più: programmaticamente sorridente. Io lo conobbi a metà Anni Settanta, quando aiutavo l’umorista Gualtiero Schiaffino nella realizzazione de La Bancarella, “giornale letterario e vasivo” (sic!), supplemento settimanale del quotidiano Il Lavoro di Genova.
Aveva acconsentito a farsi intervistare per il primo numero, e da allora – bontà sua – ne rimase un lettore regolare negli anni. Nelle nostre spedizioni settimanali negli ambienti editoriali milanesi, dove tornavamo con regolarità a scovare anticipazioni e notizie e materiali da pubblicare e a procurarci aiuti pubblicitari, lo trovavamo di solito nei corridoi della Bompiani. Lì, in piedi, tra redattori e redattrici di passo svelto che ci guardavano di sbieco come incomprensibili corpi estranei, lui invece ristava in relax e si divertiva alle nostre leggerezze. E ci venne quasi il sospetto che sotto sotto, molto sotto, invidiasse un pochino la nostra goliardica libertà di pensare scrivere agire pubblicare senza preoccupazioni accademiche, dogmatiche, etiche, persino estetiche di sorta.
Perdonava ridendo, anzi quasi quasi incoraggiava, la nostra anarchia espressiva e comportamentale. Subodorandolo, ne eravamo sinceramente onorati. E ne avemmo la conferma quando ci confessò, letteralmente: “Io ‘La Bancarella’ me la leggo sempre al cesso. E, credetemi, questo è un complimento”.
AUGUSTO IMPRIMATUR
Da allora, dopo tale augusto imprimatur, personalmente ho continuato tranquillo su quella strada sapendo che vi era qualcosa di molto più grande di me che mi autorizzava benedicente.
Massimo ed eterno rispetto, professore.
Ferruccio Giromini
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