Se la Treccani incontra la Street Art. Parola a Massimo Bray
Ampliare, dettagliare e diffondere le voci legate alla Street Art. È la nuova missione dell’Enciclopedia Treccani, che non dimentica l'attenzione all’attualità. Promuovendo anche talk e produzioni artistiche: l’ultimo evento ha visto protagonista Eron, firma importante del panorama street europeo. Ne abbiamo parlato col direttore editoriale ed ex Ministro alla Cultura, Massimo Bray.
Checché ne dicano i più romantici, i nostalgici dell’old style, gli amanti del modus anarchico e dell’indipendenza tout court, la Street Art si evolve in molte direzioni e continua a definirsi nella cornice di un sistema più o meno regolamentato, più o meno assimilabile al già rodato art system.
E mentre convivono, in maniera caotica e con imprecisate linee di sperimentazione, la via illegale e quella istituzionale, l’idea di spontaneità e di progettazione, il vaglio curatoriale e l’assenza di ogni mediazione, il circuito delle gallerie e quello, antieconomico, della strada punto e basta, una cosa è certa: la Street Art prosegue il suo cammino verso la storicizzazione, verso la costruzione di una lettura/scrittura critica di riferimento. Com’è naturale che sia, anche nel caso di linguaggi sbocciati in ambito underground, tra contestazione ed esprit clandestino.
E non poteva non avere un proprio ruolo, in un momento di costante attenzione per il fenomeno, quel colosso del sapere che si chiama, dagli Anni Venti del secolo scorso, Treccani. La mitologica Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, facente capo dall’omonimo Istituto nazionale, si è recentemente aperta a questo mondo, dedicandovi nuove pagine del suo immenso capitale di lemmi e conoscenze.
Operazione fascinosa, necessaria, significativa. Fortemente voluta da lui, Massimo Bray, ministro dei Beni Culturali sotto il governo Letta, dimessosi a sorpresa da parlamentare nel marzo 2015, per riprendere il suo mestiere di sempre: continuare a occuparsi di cultura, senz’altro, ma vestendo al meglio (e a tempo pieno) i panni di direttore editoriale per Treccani, ruolo ricoperto fin dal 1994. Rinunciare a un lauto stipendio e a una poltrona a Montecitorio, in nome di una missione tutta culturale, non è cosa comune. Ma Bray è davvero uno così. Umanista appassionato, idealista e battagliero, convinto che – come si legge in un testo pubblicato sul suo blog – “la Cultura sia chiamata a svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione del senso civico, che costituisce il fondamento di una società, e in quella del sentimento di appartenenza a una comunità solidale”. La politica, in fondo e in buona parte, starebbe proprio qui, in questa visione larga. Per certuni, quantomeno.
E spunta dunque la Street Art, tra le molte sfide editoriali di Bray, a fianco di quelle di taglio politico-territoriale, condotte con la sua associazione #laculturachevince. E spuntano voci molteplici e varie – ad oggi oltre 50 nuovi inserimenti – dalla A di Agostino Iacurci alla G di Graffiti-Writing, dalla L di L’Atlas alla O di Ozmo e Orticanoodles, dalla S SanBa alla O di Outdoor. E ancora arriveranno Blek le Rat, Blu, C215, Post-Graffiti, Nuart, Futura 2000, Flycat, Phase2… Tutti lemmi suddivisi in tre categorie: Biografie, Generi e Temi, Luoghi e manifestazioni.
Nel frattempo, una serie di iniziative – soprattutto talk e live painting, accolti nella sede capitolina dell’Istituto e targati con l’hashtag #TreccaniDiStrada – sta contribuendo ad alimentare interesse, dibattito e informazione.
È con Bray che abbiamo discusso di questo nuovo, ambizioso progetto, già fruibile online sul sito dell’Enciclopedia.
Che impianto e che obiettivi ha, nel complesso, il progetto Treccani sulla Street Art?
Treccani da più di novant’anni lavora sul significato e sulle differenti espressioni della cultura italiana. In questo percorso di ricerca la cultura visiva ha giocato e gioca un ruolo fondamentale. Seguendo questa missione originaria, l’Istituto ha seguito con attenzione le differenti espressioni dell’arte. Ecco perché Treccani oggi guarda al Graffiti-Writing e alla Street Art con l’obiettivo di coglierne i significati antropologici e scientifici, sottolineandone il valore espressivo e artistico, e il modo cui essi registrano alcuni cambiamenti nel linguaggio e nel gusto estetico. Sono quindi strumenti utili a studiare i cambiamenti della società contemporanea.
Gli artisti stanno collaborando con piacere? Che tipo di scambi e collaborazioni sono in atto?
Sono convinto che, perché un Istituto con le caratteristiche di Treccani possa esprimersi con autorevolezza su temi in continuo divenire, come quelli legati alla Street Art, un dialogo con i protagonisti sia essenziale. Lo scambio fra Treccani e i writer e gli street artist è continuo e la loro disponibilità straordinaria.
Non posso non pensare all’ultima collaborazione, in ordine cronologico: quella con Eron. Per realizzare una performance di pittura dal vivo nel cortile di Palazzo Mattei, dove ha sede il nostro Istituto, l’artista ha trascorso diverse giornate lungo il litorale di Rimini, alla ricerca di un relitto che potesse raccogliere, in senso pittorico, la storia di alcuni migranti, da cui il titolo Soul of the Sea.
Si è quindi instaurato un dialogo?
Sì, ed è stato importantissimo: insieme a Eron abbiamo scelto questo tema, a partire dalla voce “rifugiato”, contenuta nella IX Appendice dell’Enciclopedia, il più recente aggiornamento pubblicato da Treccani nei mesi scorsi. Partendo da questo scambio, Eron ha fissato il concetto nella sua espressione artistica e lo ha fatto qui, nella nostra sede. La scelta di trasportare un relitto nel centro di Roma, dopo averlo fatto viaggiare per due giorni attraverso l’Italia centrale, sembrava una “missione impossibile”: è il modo in cui l’artista legge un concetto sensibile come quello del viaggio, in quanto speranza di migliori condizioni di vita.
Il processo di storicizzazione della Street Art è agli albori, così come la creazione di una narrazione specifica, dal punto di vista del linguaggio critico, dell’informazione ecc. È in questa direzione che si inserisce questa avventura?
Viviamo grandi cambiamenti che ci costringono a ripensare il modo di organizzare il sapere, ma l’identità della Treccani resta saldamente quella costruita dai suoi fondatori. La nostra riflessione sulla Street Art ha cominciato a intensificarsi a partire dall’acquisizione da parte dell’Istituto di un primo nucleo di un archivio fotografico digitale, che documenta le opere di Street Art nel contesto urbano romano, georeferenziandole nei vari quartieri della città.
Come sono state redatte le voci?
Sono frutto di una conoscenza diretta dei luoghi e dei protagonisti. Se pensiamo ai tipici lemmi di cui si occupava e, in parte, ancora si occupa chi lavora in Treccani, la materia in questi casi è viva e incredibilmente appassionante. Il mio desiderio è che un incontro come quello di domani, dedicato ai primi trent’anni di Graffiti-Writing e di Street Art in Italia e basato su un confronto diretto tra storici dell’arte e artisti, possa costituire un altro passo verso la collocazione di queste tecniche e dei contenuti che esse riescono ad esprimere accanto alle altre forme di espressione artistica del nostro tempo.
L’ingresso del mondo della Street Art in un apparato enciclopedico istituzionale segna un ulteriore passo in direzione dell’assorbimento da parte del sistema di un linguaggio nato nell’ambito dell’underground. Come valuta questo processo? E quanto davvero sta influendo sul piano della riqualificazione urbana, dei processi sociali, della percezione del bene comune?
Da quando in particolare Banksy e altri artisti si sono imposti all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, il processo di istituzionalizzazione della Street Art non ha conosciuto sosta, ed è oggi innegabile. Non voglio giudicare né positivamente né negativamente questo processo e credo che giustamente gli street artist rifuggano da tale giudizio.
Quello che ci proponiamo di fare è di partecipare in maniera costruttiva, aggiungendo valore e significato a un discorso che, spesso affrontato in maniera non particolarmente approfondita, necessita, come dicevo, di una corretta valutazione.
Il concetto di riqualificazione è sempre molto delicato da affrontare. Ma ancora una volta credo che un fattore sia necessario, per primo: il rispetto della sensibilità dei protagonisti.
Helga Marsala
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