Novità alla Casa Museo Asger Jorn. Parla Arianna Carossa
La dimora-museo lasciata dal celebre artista danese al Comune di Albissola Marina ha riaperto i battenti nel 2014, dopo una serie di lavori di ristrutturazione. Quest’anno la programmazione del museo dà ampio spazio al contemporaneo, a cominciare dall’artista genovese Arianna Carossa.
Curata da Luca Bochicchio e realizzata in collaborazione con l’associazione culturale Amici di Casa Jorn, la mostra che vede protagonista Arianna Carossa (Genova, 1973; vive a New York) è stata concepita dall’artista per gli spazi del museo e comprende sculture e installazioni che segnano un ritorno all’uso della ceramica, con cui Carossa si era già confrontata diversi anni fa, proprio ad Albissola. Affiancata in questo percorso dalla manifattura di ceramiche G. Mazzotti 1903, Carossa mette in dialogo la tradizione della ceramica d’arte con la propria poetica, dando vita a sculture e installazioni ibride che si inseriscono in modo convincente nelle stanze della casa-museo.
L’artista, attualmente in residenza alla Artist Alliance Inc di New York, ci racconta l’incontro con questi spazi e la genesi del progetto site specific.
Il rapporto con lo spazio e con l’ambiente, come tu stessa affermi, è un elemento fondamentale dalla tua pratica artistica. Limoni è una mostra ideata appositamente per Casa Jorn, fortemente connotata dalla presenza/assenza dell’artista danese. Come ti sei approcciata a questo luogo e come è nato il progetto?
Il progetto nella mia testa è nato più di un anno fa quando vidi per la prima volta il museo. Luca Bochicchio, il curatore, me lo mostrò subito dopo i restauri. Producendo i lavori con Mazzotti, la scelta di inserirli in questo spazio mi sembrava la cosa più naturale. Mi piace l’esempio di Slavoj Žižek quando ricorda quella scena dei cartoni animati in cui il lupo continua a correre oltre il limite del precipizio, ma cade giù nel baratro solo quando si accorge di averlo superato. Ecco di solito quando mi viene in mente un progetto è così. D’altro canto il cadere e il baratro sono parti importanti della mia pratica.
Le opere si inseriscono in modo quasi naturale nei luoghi in cui Jorn ha vissuto e lavorato per molti anni. Come ti sei preparata a questo compito non semplice?
Ho sempre avuto l’impressione, fin dal primo momento, di entrare in casa di un’altra persona. Come ospite ho cercato di mettermi in relazione amichevole col padrone di casa. “Help yourself”, poi ognuno prende e dà quello che può.
Sempre parlando del rapporto spazio – opera, mi hai detto che in questa occasione il tuo processo creativo, di solito caratterizzato dalla sottrazione, ha subito un mutamento. Questa volta hai cercato di sottolineare il vuoto aggiungendo…
La domanda che mi pongo in questo momento, dopo anni in cui tutto ciò che facevo era rivolto verso la sottrazione per giungere al vuoto, è se è possibile per me ottenerlo, aggiungendo. In un certo senso, devo pormi molte più domande e devo compiere molte più scelte durante il lavoro, ma ha qualcosa di più ludico. In questa inversione di prospettiva mi diverto di più. Mi viene sempre in mente il film L’invasione degli ultracorpi, quei bacelloni sparsi per la città. Lascio cadere bacelloni.
In questa mostra torna l’utilizzo dell’argilla che avevi sperimentato già qualche anno fa, sempre qui ad Albissola, e che aveva rappresentato una svolta nel tuo lavoro. Che cosa ti interessa di più in questa tecnica?
All’epoca, quasi dieci anni fa, significò per me passare dal bidimensionale al tridimensionale. Oggi lavorare l’argilla è un po’ come fare il pane, mi offre l‘opportunità di stare con i piedi per terra. La ceramica, così fragile, mi crea una frustrazione enorme e questo mi attrae. La frustrazione nasce dal fatto che dopo averla maneggiata, impastata così a lungo, poi diventi quasi proibito toccarla. Forse fragilità e preziosità sono connesse anche nella vita.
Il colore giallo evocato dai limoni del titolo ricorre in tutta la mostra grazie alla grande presenza di un materiale come l’oro, anticamente utilizzato anche per le riparazioni della ceramica. Che significato assume questo materiale all’interno del progetto?
Sai, tempo fa leggevo un articolo in cui si diceva che tra centinaia di anni, quando ci studieranno, gli archeologi del futuro partiranno dai nostri sanitari di ceramica per ricostruire chi fossimo. La ceramica è infatti davvero resistente al tempo, quasi incorruttibile. Questa idea di eternità mischiata alla caducità dell’oggetto la trovo affascinante. L’oro come eternità è una astrazione, mantiene in sé degli elementi sacri. Bisognerebbe costruire sanitari tutti d’oro.
La caratteristica perturbante del tuo lavoro, che decontestualizza oggetti di uso comune con insoliti abbinamenti e fusioni, in questa mostra emerge in modo marcato, soprattutto con l’utilizzo di manichini in numerose installazioni…
Pensavo l’altro giorno a chi ha fede. La mia fede, quello in cui mi pare di credere così, senza una spiegazione narrativa e perimetrale, è una sorta di adesione tra forma e informe dentro di me. Mi sembra di pregare questa distanza ogni tanto. Credo si possa remare nella stessa direzione della corrente, seguirsi, in un certo senso, fidarsi. Il manichino è la forma.
Ormai vivi a New York in pianta stabile e torni in Italia solo per brevi periodi. Come è cambiato in questi anni il tuo lavoro, anche in virtù di questa tua esperienza?
Mi piace la mia vita newyorchese senza la quale, forse, non potrei vivere bene quando mi trovo qui, in Italia o in Europa. Il mio lavoro è cambiato proporzionalmente al mio cambiamento come persona. Ora posso dire con una certa sicurezza che sono molto più simpatica.
Valeria Barbera
Albissola Marina // fino al 29 maggio 2016
Arianna Carossa – Limoni
a cura di Luca Bochicchio
CASA MUSEO ASGER JORN
Via D’Annunzio 8
www.museodiffusoalbisola.it
www.amicidicasajorn.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/51839/arianna-carossa-limoni/
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