L’arte ribelle dei Rolling Stones si mette in mostra a Londra
È in corso a Londra presso la Saatchi Gallery la più grande mostra mai realizzata sui Rolling Stones. Cimeli, memorabilia, vestiti di scena e videoinstallazioni, scandiscono un percorso tra gli eccessi, gli incontri e la musica di una delle più grandi band di sempre.
UN GRUPPO CHE HA CAMBIATO IL MONDO
Ci sono poche persone al mondo che possono dire in grande scioltezza, tra una sigaretta e l’altra, “Si, beh, a mio modo ho cambiato il mondo, e l’ho fatto con la musica”. Ecco, tra questi ci sono indubbiamente un cantante che sa muoversi come pochi uomini al mondo, un poliedrico chitarrista e bassista dai capelli spinosi, un batterista di poche parole e tanto ritmo e un chitarrista che con i suoi riff e i suoi eccessi può dire di aver sperimentato tutto ciò che c’è da sperimentare, eccetto la normalità. Tutto questo sono i Rolling Stones, e la mostra Exhibitionism, inaugurata alla Saatchi Gallery di Londra il 5 aprile scorso, regala in nove sale oltre 500 cimeli e oggetti a loro appartenuti o che in qualche modo li hanno accompagnati durante la loro lunga vita da rockstar.
È la prima volta che viene realizzata una mostra simile sul gruppo, e la seconda occasione in cui il pubblico londinese può assistere e ripercorrere un capitolo della storia del rock, del blues e della musica dopo la straordinaria mostra su David Bowie che, partita dal V&A Museum, sta ancora viaggiando per il mondo – sarà al MAMbo di Bologna a partire dal 14 luglio.
La rassegna apre con un’enorme scritta luminosa rossa Ladies and Gentlemen, un perdete ogni speranza voi ch’entrate dantesco ad avvertire che da lì in poi inizia il vero show. La prima sala è dedicata all’enumerazione di tutte le tappe, i concerti, i tour, le nazioni e i fan a cui la band è arrivata, includendo l’ultimo splendido e storico show cubano. La sensazione è però di trovarsi di fronte più a uno studio economico o statistico, con dati certamente strabilianti ma inutili al fine dell’esperienza.
UNA CARRIERA ESPLOSIVA
Poco dopo si entra però in una sala con quaranta schermi, che trasmettono un video di 5 minuti dove è riassunta la carriera dei Rolling Stones, permettendo finalmente di immergersi nell’atmosfera giusta, amplificata dalla riproduzione, fedele fin nei minimi dettagli, dell’appartamento di Edith Grove, Chelsea. La prima casa londinese della band (in cui Mick Jagger, Keith Richards, Brian Jones e l’amico James Phelge hanno vissuto nel 1962) è immersa in mozziconi di sigarette, piatti sporchi, vinili e riviste musicali, oltre a un letto in cui dormivano in tre e una brandina in soggiorno occupata da Richards.
A ricreare la dimensione di quegli anni contribuiscono poi anche i video e le interviste ai diretti protagonisti, con l’interessante esposizione di alcune pagine del diario di Richards. Si riescono così a capire lo stile di vita, gli inconvenienti e la bellezza ribelle di quel periodo, che tende a far venire un po’ di nostalgia, come a ricordare che solo agli inizi di qualcosa di grande si riesce a ritrovare una combinazione perfetta di spontaneità, incoscienza e magia.
Colpisce poi la parte della mostra che inizia con una riproduzione fedele degli Olympic Studios di Barnes (Sud-ovest di Londra), più incentrata sulla registrazione degli album e sull’evoluzione della musica, sottolineando la grande importanza che il blues e alcune celebri collaborazioni hanno avuto per Jagger e compagni.
PRO E CONTRO
La parte un po’ più stucchevole è invece quella in cui trovano spazio i tanti vestiti di scena utilizzati nei concerti dagli Anni sessanta a oggi, che certo rappresentano l’evoluzione stilistica della band ma che allo stesso tempo rompono la narrazione creativo-musicale della mostra. Emoziona, invece, la riproduzione di un ideale backstage di un concerto dei Rolling Stones, con tanto di strumenti musicali e amaca, che accompagna una sala con suggestive proiezioni 3D di un live-show del gruppo.
I documentari realizzati su di loro da alcuni dei più grandi registi di sempre e i ritratti di Warhol o Hamilton suggellano il tutto. Si può così ascoltare Robert Frank mentre spiega come il carisma e la forza del gruppo giustifichino la macchina dell’enorme successo ottenuto nel tempo e la loro mistificazione, Martin Scorsese che nel suo Shine a light del 2008 illustra l’incredibile peso dei Rolling Stones nella vita di ciascuno di noi, oppure trovarsi di fronte alle labbra uniche e al viso di Jagger impressi su tela dallo stile inconfondibile di Andy Warhol.
La mostra dunque funziona e catapulta lo spettatore nella vita del gruppo, illustrando come ognuno dei suoi componenti e tutte le persone che sono ruotate attorno alla band negli anni abbiano contribuito a creare la loro leggenda. Ci sono anche i lati negativi, ad esempio il fatto che la struttura della Saatchi gallery costringa a muoversi attraverso vari corridoi e stanze, spezzando il flusso continuo della mostra, o ancor di più il prezzo, quasi proibitivo, del biglietto, che oscilla tra le 18 e le 21 sterline a seconda del giorno della settimana. Però, come disse Keith Richards, “You have the sun, you have the moon, you have the air that you breathe – and you have The Rolling Stones”. E quindi tutto il resto, di fronte al ritmo che scandisce e ha scandito la vita di milioni di persone, diventa semplice rumore di sottofondo.
Tommaso Santambrogio
Londra // fino al 4 settembre 2016
Exhibitionism: The Rolling Stones
SAATCHI GALLERY
Duke Of York’s HQ
King’s Road
www.saatchigallery.com
www.stonesexhibitionism.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati