L’FBI e il terrore. Al Newseum di Washington
La nuova sede del museo americano ospita una mostra fuori dagli schemi, incentrata sull’FBI e sulla lotta al terrorismo mondiale. Fra reperti inquietanti e una ricognizione sulle nuove minacce informatiche, uno spaccato dell’America di oggi.
NEL CUORE DI WASHINGTON
La prima cosa che colpisce è il costo del biglietto d’ingresso. 23 dollari, in una città dove quasi tutti i musei – e sono tanti e sono bellissimi – prevedono l’ingresso gratuito. Il Newseum però è un’istituzione privata. Sei piani nuovissimi in vetro e acciaio per la nuova sede in Pennsylvania Avenue, mentre la precedente stava ad Arlington, a due passi dal Pentagono. Gremito di scolaresche in età da liceo che dai vari stati della federazione raggiungono la capitale in pullman. Alcuni di loro veramente stupefacenti. Molti biondissimi e agghindati di tutti i gadget che l’età richiede: cappellino da baseball, felpa con i simboli dell’istituto scolastico a cui appartengono, iPhone, sneakers (grande ritorno delle All Stars) hot pants per le ragazzine, pantaloni da skater per i ragazzi. E le T-shirt: spesso con la scritta T R U M P realizzata con una grafica, non c’è che dire, davvero cool. Eppure Pennsylvania Avenue è a soli 15 minuti d’auto dalla Casa Bianca e Obama è ancora lì, insieme alla sua tosta first lady nera. Yup! Ma forse è proprio per questo che le T-shirt di Trump vanno forte tra gli studenti della provincia bianca. Quelli di Washington (una delle poche città americane con una maggioranza di residenti neri) si guarderebbero bene dall’indossarle…
REPERTI DA BRIVIDO
Il clima che si respira all’interno del Museo in questo fine maggio soleggiato e insieme piovoso è un po’ inquietante e la mostra Inside today’s FBI. Fighting Crime in an Age of Terror si rivela una vera chicca. Non ha una data di chiusura. È un grande successo di pubblico. Si visita in 30 minuti. È situata nel basement, proprio di fianco al bar-ristorante invaso a ondate successive di studenti in cerca di snack a basso costo.
I reperti esposti sono da brivido: provengono direttamente dall’archivio del Federal Bureau Investigation. C’è la capanna rifugio di Unabomber, parti del motore e carrello di atterraggio del volo United Airlines 175, schiantatosi contro il World Trade Center Torre Sud l’11 settembre 2001. Poi le scarpe indossate da Richard Reid, nel tentativo di far saltare in aria un volo American Airlines nel dicembre 2001. Lo zaino con il computer servito per innescare le esplosioni durante la maratona di Boston nel 2013 e l’auto con bombole di gas e pentola contenente esplosivo fatta brillare dagli agenti in Times Square a New York.
PUNTI DI VISTA SUL TERRORE
Eppure la parte più insidiosa non è questa. Nella seconda sezione della mostra una serie di schermi e pannelli semplici ma efficaci raccontano con dovizia di particolari le nuove armi a disposizione del Federal Bureau per combattere i cyber criminali e cyber terroristi indicati sin dall’incipit dell’esposizione come la nuova e più pericolosa minaccia globale. Assistiamo così a un seguito di spiegazioni circa l’utilità del riconoscimento facciale, del rilievo delle impronte immediatamente messe a disposizione della rete, delle analisi della scrittura e del DNA, del phishing della posta elettronica, dell’individuazione istantanea di software sospetti o malware accertati, della necessità infine dell’hackeraggio. Con buona pace della privacy e dei diritti individuali dei cittadini. Si sa, di fronte al terrore globale il contratto sociale può essere rivisto, ristretto e riscritto. Meglio formare subito i più giovani, renderli più elastici alle nuove forme di controllo inevitabili in un mondo sempre più complesso.
Aldo Premoli
Washington DC
Inside today’s FBI. Fighting Crime in an Age of Terror
NEWSEUM
555 Pennsylvania Avenue
www.newseum.org
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