Cultura e turismo. La rinascita del Meridione
C’è grande vita a Sud, ed è una novità da valorizzare. Sono tanti gli indizi che si assommano e, via via, costituiscono prove e controprove di una voglia di uscire da troppi anni di declino utilizzando le sane scorciatoie della cultura e del turismo di qualità.
Napoli, che deve recuperare sempre di più il suo ruolo centrale nel sud Italia, si sta mese dopo mese riappropriando della sua vocazione turistica senza oscurare le attrazioni ineguagliabili che la circondano (Costiere, Ischia, Capri). In città arrivano addirittura nuovi investimenti culturali privati (pensiamo a Made in Cloister) e l’amministrazione comunale, pedonalizzando un lungomare che negli anni era diventato una superstrada ove affacciavano sciatte concessionarie di automobili, ha fatto il tentativo, in parte perfino riuscito, di cambiare posizionamento a un metropoli per definizione in emergenza.
Poi c’è Pompei, dove si immagina finalmente una seria stazione ferroviaria per servire in maniera dignitosa i visitatori e dove si sperimentano o per lo meno si propongono soluzioni innovative per coinvolgere i migranti nella cosa culturale italiana. C’è Caserta che ci racconta quanto possa essere decisiva e cruciale l’idea di assegnare musei a direttori provenienti da fuori, uscendo dalla logica delle carriere interne tutte anzianità e zero merito.
C’è la Puglia che rischia di fermarsi dopo alcuni lustri d’oro, ma non si ferma. Bari con le sue industrie (anche creative) e con i suoi investimenti internazionali. Il Museo di Polignano, iperattivo. I festival, la musica, una Taranto così frizzante dal punto di vista delle culture indipendenti che pare, mutatis mutandis, Berlino venticinque anni fa.
In Calabria una grande voglia di emergere e un Malacrino, a Reggio Calabria, che vuole fare sana concorrenza al Mauro Felicori della Reggia di Caserta che abbiamo già evocato sopra.
E poi ci sono le visioni prospettiche che permettono, finalmente, di pianificare a medio termine uscendo dall’oggi per il domani. Ad esempio c’è Palermo, che non senza un po’ di visione alta, progetta di ospitare la biennale d’arte contemporanea Manifesta nel 2018. E l’anno successivo, il fatidico 2019, c’è Matera che dovrà confermare tutta questa fase di rilancio.
Una fase di rilancio che si connette alle industrie adiacenti e confinanti a quelle culturali e turistiche. Non ultima l’agricoltura e il vitivinicolo, con eccellenze che dalla Sicilia alla Campania stanno convincendo perfino i giovani a tornare a lavorare nel Mezzogiorno d’Italia.
La chiosa numerica a tutto questo piccolo grande rigoglìo sono i dati ufficiali sul PIL italiano 2015. Non solo per la prima volta dopo sette anni il Sud è tornato a crescere, non solo l’ha fatto con un rotondo 1%, ma ha segnato un dato migliore del Nord-Est.
Progettando bene, individuando con cura la vocazione culturale e di qualità di questo territorio, superando i lacci mortali della burocrazia (l’Unione Europea ha appena ritirato qualcosa come 51 milioni di investimenti a causa di documentazioni mancanti e incapacità dei dirigenti che le hanno compilate), sfruttando perché no le chance offerte da Brexit e lo spostamento di tanti capitali che fino a ieri guardavano solo a Londra, combattendo con sempre maggiore decisione la criminalità, l’Italia può scoprirsi il luogo delle più avvincenti opportunità dei prossimi decenni grazie a quella che è considerata la sua area più debole.
Massimiliano Tonelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #32
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