Didattica e telecritica. Quando l’arte va in tv
La televisione non è morta e sepolta. Magari lo sarà fra qualche anno, ma ora i dati dicono una cosa totalmente diversa. E ci sono alcuni programmi che parlano d’arte e che non sono affatto male. Li conducono Maurizio Ferraris e Achille Bonito Oliva.
Che la critica d’arte sia stata, con la nascita delle trasmissioni Rai, una delle forze primarie nello sviluppo del senso critico popolare e della conoscenza culturale della società italiana, lo dimostrano le profezie di Carlo Ludovico Ragghianti, che vede nella televisione un mezzo attraverso il quale si “potrà presentare sullo schermo, con diapositive o per mezzo della trasmissione di documentari, le opere d’arte quasi in carne ed ossa. E magari anche precisando con sensibilità avvertita i loro punti di vista, fissando l’attenzione su dettagli significativi, analizzandole con aderenza”.
La sua lunga attività critofilmica che, sin dal 1948, lo porta a sperimentare e a realizzare gli indimenticabili documentari sulla Deposizione di Raffaello (1948), su Lorenzo il Magnifico (1949), sul Cenacolo di Andrea del Castagno (1954), sullo Stile di Piero della Francesca (1954) apre, nel campo della critica, un brillante percorso che trasforma lo strumento di comunicazione di massa in mezzo di educazione popolare, in luogo di indottrinamento, in ambito di riflessione culturale.
Il 3 gennaio 1954, proprio quando ha inizio il servizio “regolare” di televisione, la Rai inserisce immediatamente nel proprio palinsesto Le avventure dell’arte: Giambattista Tiepolo, la prima rubrica culturale a cura di Antonio Morassi (intellettuale che si forma alla Scuola di Vienna con Max Dvořák con una tesi su Sammicheli). Dopo questo primo momento di divulgazione è l’estro di Franco Simongini a rischiarare la scena con un instancabile progetto di divulgazione che – da Ritratto d’autore (1971-77) a Artisti d’oggi e Poeti d’oggi (1974-93), da Come nasce un’opera d’arte (1975-76) a A tu per tu con l’opera d’arte (in collaborazione con Federico Zeri e con testi di Cesare Brandi) – sposta la camera sull’arte del secondo Novecento mostrando il volto, la voce, l’opera di artisti e poeti quali Alberto Burri, Giorgio de Chirico e Giorgio Caproni con il fine di avvicinare l’arte a un vasto pubblico.
Accanto a queste prime iniziative, allo straordinario interesse che ha portato la critica d’arte a utilizzare il mezzo e a occuparsi teoricamente dei suoi aspetti comunicativi – Giulio Carlo Argan ne ha avvertito per tempo i pericoli in una conferenza dal titolo Televisione e cultura visiva – l’agenda intellettuale italiana si è arricchita (e in alcuni casi impoverita), negli anni, di programmi e progetti il cui ruolo educativo, pedagogico e sociale non sempre si riversa nei continenti legati agli inevitabili valori del mercato.
Un palinsesto d’eccezione che “non può ‘insegnare’, ma certamente può appassionare, interessare, incuriosire i telespettatori ai temi della cultura, dell’arte e della scienza con programmi accattivanti e suggestivi nella forma, sfruttando tutti gli ingredienti tipici dei programmi di grande ascolto” (Parascandolo) è quello condotto, ad esempio, da Maurizio Ferraris che, con Lo stato dell’arte (Rai 5), pone al centro dell’attenzione pubblica tematiche legate all’arte e alla storia delle idee. Purtroppo va in onda alle 23:15…
A questo progetto culturale della Rai, che sta svecchiando il proprio calendario con strumenti innovativi e interattivi, appartiene anche la brillante formula del Fuori quadro offerta da Achille Bonito Oliva come spazio per informare e formare all’arte contemporanea. “‘Fuori quadro’”, spiega Bonito Oliva, che negli anni ha inventato espressioni televisive come ABO – collaudi d’arte del 1998 (organizzata assieme a Alessandra Galletta) e realizzata per Rai 1, o Gratis a Bordo dell’Arte e Il Giorno della Creazione del 2000 (Sky, piattaforma che – com’è noto – dedica un canale appositamente all’arte), “è una trasmissione di formazione al contemporaneo nei suoi molteplici linguaggi, una trama che non vuole essere pedante, ma piuttosto penetrante. L’intenzione è quella di portare lo spettatore tra i molteplici percorsi dell’arte contemporanea che non è un labirinto, ma una strada con molti sentieri luminosi” da attraversare, interrogare, mostrare, far comprendere.
Antonello Tolve
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #30
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