Marketing e musei. Intervista a Laura Miller
Disciplina sempre più essenziale anche nell’ambito della cultura, il marketing ha ormai assunto un ruolo di primo piano negli assetti strategici di musei e sedi espositive. Ne abbiamo parlato con il direttore marketing di una delle più importanti istituzioni mondiali votate all’arte.
Quanto pesa, oggi, il marketing nell’economia generale di un museo? E come appare l’Italia, sotto questo punto di vista, agli occhi di un professionista estero del settore? Sono solo alcune delle domande rivolte a Laura Miller – direttore marketing presso il Solomon R. Guggenheim Museum di New York – ospite di un interessante talk andato in scena lo scorso 29 giugno a Venezia, nel Teatrino di Palazzo Grassi, e intitolato Museums & new marketing strategies. Un’occasione per approfondire obiettivi e peculiarità dell’Italia Innovation Program, cui hanno preso parte anche Palazzo Grassi e Punta della Dogana, particolarmente attivi nell’ambito dell’innovazione e dell’apertura alle nuove generazioni con il progetto Teens.
Il marketing applicato alla cultura è una disciplina affascinante e delicata. Quali sinergie devono crearsi tra i due ambiti affinché il binomio funzioni?
Passione per la cultura e curiosità sono essenziali. L’arte contemporanea può essere provocatoria e generare più domande che risposte. Chi si occupa di marketing culturale ha la possibilità di rendere comprensibili concetti o linguaggi impegnativi a un pubblico più ampio, che magari non ha familiarità con un determinato artista e con il suo lavoro.
Lei è marketing director presso il Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Quali sono le sfide e le opportunità che questo ruolo mette in campo ogni giorno?
Ho il piacere di sviluppare il dipartimento marketing del museo da molti anni ed è stato un piacere anche guidare i componenti del mio staff e vederli avanzare nelle loro carriere. Il mio ruolo offre l’occasione di lavorare con brillanti e talentuosi colleghi, con artisti viventi e con gli eredi di celebri personalità per allargare il discorso internazionale sull’arte e sui suoi protagonisti. Come per molte istituzioni che operano nel campo dell’arte, le sfide riguardano soprattutto le limitate risorse a disposizione al fine di sostenere le tante iniziative di cui vorremmo occuparci.
Guggenheim è un marchio di eccellenza, con alle spalle una storia altrettanto illustre. Facendo riferimento al contesto contemporaneo, in cui l’offerta culturale e artistica, sul piano globale, è sempre più intensa e in perenne evoluzione, quali strumenti sono necessari per mantenere al passo con i tempi un’istituzione come la vostra?
Sono molto attiva sul fronte del turismo locale e dei network connessi al marketing dell’arte. Partecipo anche agli eventi organizzati da aziende a più ampio spettro come IAB (Internet Advertising Bureau) o dagli ex allievi della mia università di provenienza, la Columbia Business School. Come professore aggiunto alla Steinhardt School della New York University, insegno nell’ambito dei master dedicati al marketing ad alto impatto e alle relazioni con i media. Mi entusiasmano le sfide poste dagli studenti più giovani, che spesso propongono nuove prospettive. Il mio intervento al Teatrino di Palazzo Grassi riguarda l’Italia Innovation Program, durante il quale ho guidato gli studenti in un lavoro su dieci casi studio presentati da aziende e istituzioni italiane, fra cui Palazzo Grassi.
La Fondazione Guggenheim dispone di sedi espositive sparse in tutto il mondo. Anche le vostre strategie di marketing cambiano a seconda dell’ambito geografico?
Sì, l’approccio al marketing e alla comunicazione di ciascuna sede museale Guggenheim è diverso dagli altri in risposta alle diverse tipologie di pubblico che visitano i musei di New York, Bilbao e Venezia.
Pubblico e arte contemporanea. Quali sono le tecniche vincenti per conquistare e fidelizzare gli spettatori di diverse fasce di età?
Ci affidiamo a una combinazione di buonsenso e impegno a testare le strategie che funzionano meglio. A New York, conduciamo giornalmente, settimanalmente e mensilmente le analisi dei risultati ottenuti sulle piattaforme social, così da aggiornare le nostre strategie visuali e di messaggistica.
Parliamo dell’Italia. Quali differenze riscontra, in materia di marketing culturale e museale, rispetto agli Stati Uniti?
Per i musei privati veneziani, come Palazzo Grassi e la Collezione Peggy Guggenheim, l’attività di marketing è molto simile a quella statunitense.
Ha preso parte al talk Museums & new marketing strategies ospitato dal Teatrino di Palazzo Grassi. Che cosa pensa dell’incredibile successo riscosso dal programma Teens promosso da Palazzo Grassi e Punta della Dogana? Anche il Guggenheim Museum di New York presta molta attenzione all’ambito educational, per esempio con il Learning Through Art. Ci racconta qualcosa di queste iniziative dal punto di vista del marketing?
Questo è il terzo anno di Italia Innovation Program ed è la prima volta che io prendo parte all’iniziativa come membro della facoltà. Un gruppo di studenti laureati e non sono stati reclutati dalle migliori business school, università e design school del mondo. Credo siano un gruppo molto diversificato di pensatori, una fonte di ispirazione.
Marketing e comunicazione sono due aree sempre più connesse. Secondo lei, questo connubio è una risorsa utile? E quali effetti ha sul fronte della promozione artistica e culturale?
Marketing e comunicazione sono spesso usati in maniera intercambiabile dai musei. La comunicazione è un termine più vasto, che include messaggi inviati attraverso piattaforme multiple come il web, la pubblicità, i rapporti con i media. Il marketing comincia con il pubblico – indipendentemente dal fatto che si tratti di un membro del consiglio, del museo, un collega impiegato nel mondo dell’arte, un giornalista, un visitatore – ed è uno sforzo integrato al marketing stesso scoprire e relazionarsi con i bisogni del pubblico prima, durante e dopo la visita.
Arianna Testino
www.guggenheim.org
www.palazzograssi.it
www.italiainnovationprogram.com
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