Sulla Nuvola di Fuksas. L’opinione di Luigi Prestinenza Puglisi
È stato presentato alla stampa internazionale e subito chiuso in attesa del collaudo e della grande inaugurazione mediatica di fine ottobre. È il nuovo Centro Congressi dell’Eur e resta un edificio divisivo, al pari del suo progettista. Il commento di chi l’ha visitato.
FUKSAS: IL PIÙ BRAVO
È lui il più bravo: Massimiliano Fuksas. Sì, proprio il Fuksas preso in giro da Crozza e detestato sui social network dove, se volete che il vostro post sia sommerso da proteste, basta inserire un commento positivo su di lui. E, se non bastava il capolavoro dell’aeroporto di Shenzhen, realizzato con tempi cinesi, a provare questo primato di bravura, ecco la Nuvola romana arrivata alla meta con oltre quindici anni di ritardo.
Certo in Italia c’è il gigante Renzo Piano, perfetto e ineccepibile; ma mancante della cattiveria indispensabile per fare vibrare lo spazio oltre certi limiti. Mentre Fuksas è duro e teatrale, e soprattutto ha un dono: sa gestire la grande dimensione. Quella dismisura dove il dettaglio raffinato diventa insignificante e conta la forza del gesto unita all’arroganza di un’idea.
Sulla Nuvola è stato detto di tutto: che è pesante, che è uno spreco di ferro, che non si rapporta con il contesto, che non ha una forma, che è cafona, che è costata uno sproposito. Sì, tutto (in parte) vero. Ma, detto questo, attraversate questa scatola gigantesca di vetro e provate a stare sotto la pancia di uno smisurato blob che si appoggia solo su tre punti. E poi nel blob entrateci e provate questo mondo di trasparenze. E ne parliamo.
Tutto qui? Certo, perché la grande architettura è fatta di spazi e gli spazi non bisogna descriverli ma sperimentarli. Evitate però, quando ci andrete, di pensare alla Nuvola come a un edificio d’oggi. Ricordatevi che il concorso fu bandito ancora prima del disastro delle Twin Towers, quell’11 settembre che cambiò il mondo.
PANEM ET CIRCENSES
La Nuvola risente di una cultura ottimista, globalizzata, luccicante. E difatti dà il meglio di sé la notte, quando può essere utilizzata come una lampada magica con i suoi effetti speciali. A noi critici e giornalisti in visita è stato proiettato, sulla porzione di telo sovrastante l’ingresso, un video che sarebbe piaciuto a Toyo Ito, che a cavallo del millennio realizzava esperimenti simili, prima che le proiezioni digitali venissero a noia. A essere proiettate erano le scene michelangiolesche del Giudizio Universale. Un effettaccio: la Nuvola come Cappella Sistina della globalizzazione.
Certo, oggi, con l’Isis alle porte e il sistema bancario sempre sull’orlo della catastrofe, sarà difficile gestire un giocattolone da quasi 300 milioni di euro che, immagino, solo per tenerlo acceso, consumerà risorse bastanti per dare energia a un Paese. E, a dire il vero, non sappiamo neanche quando entrerà in funzione.
La conclusione lavori è, infatti, di fine giugno, ma l’inaugurazione con Renzi e la diretta televisiva sarà il 29 ottobre e l’agibilità non prima del nuovo anno. E non è improbabile che per le prime convention bisognerà aspettare il 2018, cioè due anni. E allora, mi chiederete, che è stato inaugurato a fare? Beh, è il refrain delle opere romane: più i parti sono travagliati, più le feste di battesimo sono anticipate, pubblicizzate e replicate. Panem et circenses.
Luigi Prestinenza Puglisi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati