Biennale di Architettura. Intervista a Kengo Kuma

Fino al 30 settembre la sede IUAV di Ca’ Tron ospita “Across Chinese Cities”, programma internazionale organizzato e promosso dalla Beijing Design Week, tra gli eventi collaterali della 15. Biennale. L’architetto giapponese Kengo Kuma ci racconta il suo intervento, “The Floating Kitchen”.

Insieme con Winy Maas di MVRDV e con il media-artist Au Yeung Ying Chai, Kengo Kuma è stato chiamato a riflettere sulla cucina come luogo dove esplorare i cambiamenti della quotidianità e concepire il futuro dello spazio domestico. Ha risposto con l’interessante installazione The Floating Kitchen. Dimensions of taste: la scoperta della cultura della prefettura cinese di Chengdu, l’incontro con le persone e la ricerca riguardo materiali e tecniche tradizionali sono state le basi del progetto.
Il risultato è un’installazione site specific, costruita come una collezione spontanea di oggetti “vernacolari”, relazionati agli ambienti culinari e alle pratiche sociali cinesi. Diversamente da Winy Maas e dalla sua Infinity Kitchen, che esprime una risposta definitiva e globale a bisogni e mentalità attuali attraverso il progetto di un’unica particolare cucina, Kengo Kuma cerca di far comprendere al pubblico il suo approccio architettonico in un modo poetico. Disegna così un’installazione specificatamente dedicata alla regione di Chengdu, dando importanza alle persone e agli usi e costumi locali e lasciando percepire lo spirito del luogo grazie all’accumulazione degli oggetti raccolti.
L’obiettivo è esprimere l’essenza dello spazio così come vissuto in Cina, dove l’atmosfera, l’incontro tra le persone e le loro attività, prevalgono sulla cornice del costruito. Le relazioni sono infatti l’essenza dello spazio cinese: l’architettura è la struttura del luogo, ma non il suo spirito.

Kengo Kuma, The Floating Kitchen - installation view at IUAV, Venezia 2016

Kengo Kuma, The Floating Kitchen – installation view at IUAV, Venezia 2016

È giapponese e da molto tempo pratica la professione in Cina. Questo Paese come la influenza nel lavoro?
Il mio primo progetto in Cina è stato Bamboo House: si tratta di circa quindici anni fa. Non è stato un progetto facile perché svariate questioni in Cina, come la qualità e i materiali delle costruzioni, sono molto diverse dal Giappone: mentre nella mia terra si tenta di verificare tutto, in Cina le persone non vogliono avere tutto sotto controllo, al punto che materiali incontrollati arrivano fin nei cantieri. All’inizio, lavorando al mio primo progetto, ero molto perplesso e quasi deluso dal vedere questo tipo di “non-controllo”. Un po’ alla volta ho cominciato a comprenderlo come una sorta di generosità, quella che è in effetti alla base della cultura cinese.
Il Giappone è un Paese piccolo e le persone vi vivono come in un villaggio ben strutturato e organizzato. La Cina è una combinazione di persone, culture e stili di vita molto diversi: la diversità è alla base della cultura cinese. Per l’installazione a Venezia ho voluto mostrare questo genere di diversità di culture e la sua dinamica all’interno dei confini di un unico paese. Così, con questo obiettivo, ho provato ad aggregare molti differenti oggetti d’uso quotidiano, per mostrare la forza culturale della vita quotidiana in Cina.

Da tempo affronta il problema dell’unione di tradizione e innovazione. Il tema della mostra riguarda l’uso della cucina come luogo simbolico per riflettere sul futuro dell’ambiente domestico: come percepisce la presenza della tradizione in tal senso?
Mi piacerebbe dire che, tradizionalmente, la cucina è uno spazio molto entusiasmante, perché possiamo interpretarla come una raccolta di cibi, di strumenti, di oggetti… Nel XXI secolo la pulizia è diventata l’obiettivo principale nella progettazione di cucine.
Nell’era industriale ai progettisti piaceva ideare cucine standard, sistematiche, in spazi monolitici, in qualche modo nascondendo gli aspetti più entusiasmanti delle cucine tradizionali. Penso che sia un vero peccato per le nostre vite, perché gli elementi viventi dovrebbero sempre avere il ruolo centrale: durante il XX secolo abbiamo ucciso questo tipo di vitalità degli spazi. Con The Floating Kitchen ho voluto mostrare gli aspetti più entusiasmanti della cucina per dare l’impressione di uno spazio molto diverso da quelli del ventesimo secolo.

Kengo Kuma, The Floating Kitchen - installation view at IUAV, Venezia 2016

Kengo Kuma, The Floating Kitchen – installation view at IUAV, Venezia 2016

L’installazione di Venezia ha un approccio molto poetico, diverso dall’usuale modo di esporre l’architettura. Con questo intervento “artistico” cosa intende trasmettere al pubblico?
The Floating Kitchen è una sorta di messaggio al pubblico che può essere adattato al progetto d’architettura, ma che allo stesso tempo lo oltrepassa. Non è la proposta per una nuova cucina bensì per un nuovo approccio al design. Nel progetto di architettura, gli elementi viventi dovrebbero sempre essere i protagonisti: questo è mio messaggio.
Nel XX secolo gli architetti sono diventati i soli protagonisti del progetto, hanno voluto controllare ogni cosa e così uccidere la vitalità del progetto. È stato un grande errore dell’architettura del XX secolo: io voglio trovare ed esprimere un diverso modo di concepire la disciplina.

Anche in questo suo lavoro, l’architettura sembra dissolversi in una struttura leggera e permeabile: ciò è dovuto alla sua comprensione del progetto architettonico in relazione a quella che è oggi chiamata la “rumorosità” delle città?
Sì, voglio dissolvere la forma e la struttura architettonica. Mi piace attivare la vita quotidiana di persone e oggetti. Questa è una sorta di nuova tendenza, ma penso che nel futuro l’architettura si dissolverà e le relazioni tra cose e persone saranno viste come architettura.

Questo aspetto sembra contrastare con l’installazione di Winy Maas, soluzione che appare piuttosto precisa e definita. Al contrario, la sua installazione si apre a molte interpretazioni…
La Infinity Kitchen di Winy Maas è bellissima: mi pare egli abbia provato a controllare tutto il progetto in una maniera molto trasparente. Eppure, nella sua cucina, la disposizione e la struttura standard rimangono. La mia cucina si orienta in un’altra direzione, provando a dissolvere la struttura, così come nella mia architettura provo a distruggere la regolarità in questo senso. C’è una grande differenza tra il suo lavoro e il mio lavoro.

Kengo Kuma, The Floating Kitchen - installation view at IUAV, Venezia 2016

Kengo Kuma, The Floating Kitchen – installation view at IUAV, Venezia 2016

Riguardo al tema della cucina come punto di partenza per ricercare e ispirare nuovi modi di “convivialità” e di forme sociali e spaziali, nel privato e nel pubblico, cosa ne pensa della relazione tra il cibo e il progetto dello spazio?
Penso che il cibo sia la prima e principale questione nella nostra vita quotidiana. Le persone parlano molto di come relazionarsi alla natura e all’ambiente circostante: in realtà, penso che ciò accada nello spazio della cucina. La cucina è la vera interfaccia tra la natura e le nostre vite. Quindi, è lo spazio principale della casa.
Le persone confondono lo spazio del “living” come il più rilevante, ma non sono d’accordo: assegno centralità alla cucina, perché lì definiamo la relazione tra natura e uomo. In particolare in Cina, il cibo è molto importante. Io condivido il loro pensiero e stile di vita e con la mia installazione voglio mostrare il mio rispetto per questa cultura.

Ha personalmente ricercato e collezionato oggetti nella regione di Chengdu per The Floating Kitchen: cosa ha trovato di interessante in questa regione?
Chengdu è uno dei miei posti preferiti in Cina, perché la natura e la città sono molto integrate: la vegetazione è estremamente lussureggiante, il fiume e le montagne sono vicine all’area urbana, ciò la porta ad essere una forte interfaccia tra ambiente e uomo. In più, il cibo di Chengdu è ancora particolarmente specifico della regione: speziato e saporito, dai gusti forti. Mi piacciono i sapore e il paesaggio: con The Floating Kitchen voglio omaggiare la cultura di questa regione della Cina.

Laura Sattin

www.kkaa.co.jp

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