Estate in Svizzera. Focus Ginevra
Qui hanno sede organismi internazionali come l’ONU e la Croce Rossa, e centri di ricerca di livello mondiale come il CERN. Ginevra è la seconda città della Svizzera per numero di abitanti, è multiculturale ed è indubitabilmente ricca. Ma l’animo calvinista ancora frena il contemporaneo.
Lo Jet d’eau zampilla a 140 metri d’altezza scandendo il tempo sul lago, grattacielo effimero nato come valvola di sfogo per la condotta d’acqua dei macchinari dei gioiellieri, florida industria cittadina insieme alle banche.
Ginevra ha dato alloggio a parte della storia del pensiero europeo, ha ospitato la riforma protestante di Calvino e le idee di Voltaire e Rousseau; Lenin vi ha trovato riparo prima della Rivoluzione. La portata universale del pensiero di questi personaggi sembra aver tracciato una linea ereditaria ideale per le tante organizzazioni internazionali nate a Ginevra, come la Croce Rossa o il CERN [qui trovate l’intervista a Monica Bello, direttrice del programma arts@CERN]. Qui ha sede l’ONU, che da sola conta 26mila diplomatici e un giro d’affari valutato 2,5 miliardi di franchi l’anno.
Il tutto rende Ginevra la città più internazionale della Svizzera, con flussi di potenziali estimatori e acquirenti d’arte contemporanea che sulla carta fanno ben sperare. Se non fosse che la città è, e resta, calvinista e quindi sotto l’egida di un habitus che vieta ai ricchi di ostentare il proprio stato e obbliga i padri a conservare, e semmai a incrementare, la fortuna ereditata e destinata alle generazioni future.
IL CONTEMPORANEO NON PUÒ ATTENDERE
In questo contesto l’arte contemporanea rappresenta un bene di ultima generazione che, a differenza di orologi e gioielli, deve crearsi un pubblico, un mercato e una politica culturale. Gli operatori concordano nel ritenere urgente la necessità di colmare il divario con la Svizzera tedesca, ricca di Kunsthalle e di un sistema dell’arte all’avanguardia, sorto un secolo fa.
A Ginevra la scena contemporanea nasce negli Anni Sessanta ma inizia a strutturarsi solo due decenni fa. Oggi spende oggi 250 milioni l’anno per le istituzioni teatrali, museali e musicali. Una politica culturale poderosa che, secondo quanto riporta il critico ginevrino Étienne Dumont, vale il 23% del budget cittadini; altrove i numeri sono molto più bassi, se si considerano il 3,7% di Basilea, il 3,4% di Zurigo o il 5,8% di Losanna.
FORMAZIONE E PRIMI PASSI
Ginevra è una città elegante, raffinata, multietnica e con una tradizione di centri occupati, spazi autogestiti, associazioni spontanee e organizzazioni non profit. La frizione tra i diversi strati sociali della città e le rispettive realtà culturali fa di essa un centro dalle grandi potenzialità creative.
Elisa Langlois ha fondato l’Espace Quark, non profit che promuove l’arte giovane: “Qui c’è una ricca scena artistica”, ci racconta. “Musei e gallerie stanno cercando di espandersi, gli attori della scena culturale di Ginevra dimostrano una solidarietà e un attivismo rari”. Nel campo della formazione Ginevra vanta la HEAD – Haute École d’Art et de Design, che nel 2006 ha riunito due istituzioni bicentenarie come la scuola di belle arti e quella di arti applicate: il suo direttore, Jean-Pierre Greff, la definisce un “progetto continuo” che accoglie 700 studenti da 40 nazioni. “Le scuole d’arte sono dinamiche”, spiega Langlois, “ma ancor di più lo sono gli artisti: fondano artist-run space e fanno progetti collettivi”. A Ginevra convivono la cultura più raffinata e austera delle ricche famiglie ginevrine e la povertà di quel terzo di ginevrini che non sono in grado di pagare le tasse. Joerg Bader, direttore dal 2001 del Centre de la Photographie, racconta: “La città aveva molti squat negli Anni Novanta: sono stati chiusi quando è iniziata la speculazione immobiliare. Dopo la chiusura di Artamis e Rhino, oggi sopravvive L’Usine, dove i giovani artisti trovano spazi espositivi”. Analix Forever pone l’accento su spazi come Fonderie Kugler, Spazio Picto o Utopiana: “Hanno atelier, esposizioni d’artisti emergenti e residenze che creano giardini di permacultura. Grazie a loro la città si anima di attività diversificate”.
La città ogni anno fotografa la scena creativa giovanile con la mostra al CAC – Centre d’Art Contemporain di dodici borsisti sovvenzionati da fondi pubblici e privati. Il più importante è il FMAC, creato dalla città nel 1950 con il compito di acquisire e sostenere artisti residenti a Ginevra; gli acquisti sono valutati da una commissione indipendente con il fondo costituito da una ritenuta del 2% sui diritti di costruzione ricevuti dalla città.
ESTETICA GINEVRINA
Dal punto di vista dell’estetica, invece, un fil rouge è rintracciabile in quell’esprit de géométrie che collega idealmente le due città rivali, Ginevra e Zurigo: entrambe protestanti, entrambe centri finanziari di prim’ordine, divise però da una storia dell’arte che le vuole su piani differenti. L’avanguardia storica ginevrina, in una città così aperta e così chiusa, ha lasciato da parte la figurazione, prediligendo l’astrazione e il concettualismo. Tra questi, il Neo-Geo portato dagli Usa da John Armleder (1948) si è affermato come koiné dell’arte contemporanea locale. Tra gli altri, Sylvie Fleury (1961) si è imposta internazionalmente piegando il Minimalismo verso un’estetica pop giocosa e concettualmente anticonsumistica; l’ultima generazione può essere rappresentata da Sonia Kacem (1985), le cui installazioni neo-minimaliste tratte da materiali di recupero sono state ospitate fino a metà agosto al CAC in una grande mostra personale.
CAMBIO AL VERTICE
Ginevra è la città degli orologi, ma è in ritardo sul contemporaneo. Le Kunsthalle della Svizzera tedesca hanno un secolo di storia mentre il museo d’arte contemporanea risale al 1994. Eppure uno dei segnali più forti del cambiamento di rotta viene proprio dalle nomine dei nuovi direttori di MAMCO e CAC: due abili 40enni, Lionel Bovier e Andrea Bellini [di cui pubblicheremo a breve un’ampia intervista, N.d.R.]. Dietro questa testa di ponte, che fa ben sperare i galleristi radunatisi attorno al Quartier des Bains, altre istituzioni e organizzazioni lavorano per uscire dalla dimensione cantonale.
Il CEC – Centro Edizioni Contemporanee è una di esse. È guidata da Veronique Bacchetta, che ci spiega: “La situazione è in fase di sviluppo e noi cerchiamo di crescere commercialmente, migliorando la distribuzione e innescando collaborazioni internazionali attraverso pubblicazioni congiunte”. In molti chiedono all’amministrazione di puntare sullo sviluppo degli edifici museali: “Dobbiamo aumentarne la qualità, la funzionalità e la modernità”, dice Bacchetta. “È anche una questione d’immagine”.
Un altro segnale arriva dal MAH – il Musée d’Art et d’Histoire, che sembra voler aprire le sue poderose mura all’arte contemporanea. In questi mesi ha accolto una mostra dedicata alla Deste Foundation di Dakis Joannou, fondata proprio a Ginevra nel 1983. Faux amis assemblava gli highlight della collezione ed era curata da Urs Fischer. Il fatto che all’inaugurazione vi fosse anche Jeff Koons ha significato per molti un invito a pensare in grande. Oltre alla Deste esistono altre fondazioni private – le più celebri sono la Bodmer e la Gundar – ma sono espressione di un collezionismo che tradizionalmente a Ginevra si esprime attraverso un eclettismo che è distante dall’arte contemporanea, alla quale predilige le arti applicate.
IL MERCATO DELL’ARTE
I giovani collezionisti stanno subentrando alle generazioni agé ma acquistano preferibilmente a Parigi o a Londra. Nondimeno, cinque anni fa Larry Gagosian ha aperto qui una succursale diretta da Elly Sistovaris, ginevrina di origini greche. Anche la galleria parigina Xippas e la viennese Mezzanin hanno aperto nel Quartier des Bains, dove sono attive Guy Bärtschi, Bernard Ceysson e altre gallerie, incluse alcune nuove arrivate da tener presenti, tra cui Truth and Consequences e Laurence Bernard.
Il Quartier des Bains è stato inaugurato da Pierre-Henri Jaccaud, che nel 1994 ha aperto la galleria Skopia. Jaccaud racconta come il mercato dell’arte a Ginevra abbia seguito le linee guida di quello internazionale: “Negli Anni Ottanta c’è stata una speculazione, poi diminuita con la Guerra del Golfo, per riprendere negli Anni Zero, quando l’arte contemporanea è arrivata al grande pubblico come fenomeno di moda e di società”.
Quali siano i punti di forza del sistema a Ginevra lo indica Xippas: innanzitutto è città francofona, un ponte tra la Francia e la Svizzera; è una delle capitali della finanza mondiale, ha un forte potere d’acquisto e transazioni di capitali di grandi dimensioni; inoltre è un porto franco, strumento indispensabile nel mercato dell’arte mondiale. Sul mood generale del mercato ginevrino, la direttrice di Gagosian spiega come il calvinismo sia parte integrante della città e della mentalità dei ceti ricchi, ma anche come non esista più un prototipo del collezionista. Ci sono i banchieri, i dirigenti di multinazionali (Nestlé e Procter&Gambles sono qui), i collezionisti giovani à la page e quelli storici che da trent’anni collezionano arte moderna, passando al contemporaneo. I caveau delle banche custodiscono collezioni importantissime, e c’è l’industria degli orologi con Rolex e Patek Philippe.
Tutto ciò concorre ad alimentare una la mentalità curiosa e divertita rispetto alle esuberanze estetiche dell’arte contemporanea. Il potere d’acquisto viene ancora dirottato all’estero, ma i musei si stanno attrezzando per competere a livello internazionale, quindi le previsioni sono ottimistiche, anche in vista del fatto che Ginevra può contare su alcuni fattori: una forte cultura associativa; la volontà politica di espansione di un sindaco, Guillaume Barazzone, che ha tenuto per sé la delega alla cultura; il fatto che il lusso attiri più che mai (a Ginevra è stata recentemente venduta la pietra più preziosa al mondo: un diamante Blue Moon da 56 milioni di franchi) e che l’arte contemporanea ne faccia parte.
In questo contesto si sta inserendo Art Gèneve, fiera in crescita diretta dal trentenne Thomas Hug, musicologo prestato con profitto all’arte contemporanea. Per ora conta 74 gallerie da quindici Paesi e si muove tra giganti cittadini come il Salone dell’Automobile o la Fiera del Libro. Lo scorso aprile ha inaugurato una succursale: Art Monte-Carlo, che indica quanto siano alte le ambizioni. Art Basel è lontana, ma in futuro non si sa mai: se ha mancato l’appuntamento in passato con l’arte contemporanea, Ginevra potrebbe non mancare quello con il suo futuro.
MAMCO: INIZIA L’ERA LIONEL BOVIER
Dal 1994 il MAMCO – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Ginevra occupa gli spazi di una vecchia industria di meccanica di precisione, nel cuore di un quartiere, Les Bains, divenuto il centro della scena contemporanea cittadina. Diretto fino a dicembre 2015 da Christian Bernard, che lo ha fondato nel 1994, il MAMCO è il nucleo fondante del sistema dell’arte formatosi negli ultimi vent’anni. Alla sua guida è arrivato Lionel Bovier, il fondatore della casa editrice JRP | Ringier, che vanta una conoscenza approfondita di Zurigo, che con Basilea è la capitale dell’arte contemporanea in Svizzera.
Bovier ha una doppia laurea in Letteratura e Storia dell’arte. Decisivo per lui è l’incontro con John Armleder, artista ginevrino tra i più celebri: “La sua intelligenza, generosità e cultura”, dice Bovier, “mi hanno fatto passare dalla parte dell’arte contemporanea”. Bovier, che è stato anche curatore indipendente, si appresta a dirigere un luogo chiave in una fase di transizione importantissima per una città che sta puntando sull’arte contemporanea. La sfida è far diventare Ginevra come Zurigo. “Il programma che ho sviluppato per il MAMCO”, ci racconta il neodirettore, “è incentrato sulla storia dell’arte in azione, ovvero quella che riflette sulle improvvise apparizioni di concetti critici, di teorie d’arte e di pratiche artistiche negli ultimi decenni. A differenza di una Kunsthalle, l’alfa e l’omega di un museo è la sua collezione: le esposizioni avranno origine da essa, al fine di valorizzarla e arricchirla”. Oggi i musei d’arte moderna e contemporanea sono chiamati a svolgere anche azioni di coordinamento del sistema dell’arte. “Ginevra è l’unica città in Svizzera ad essere profondamente internazionale”, fa notare Bovier, “ma questa dimensione per ora funziona male; c’è tanta qualità e ci sono tante forze in atto, ma spesso sono disorganizzate e la comunicazione delle iniziative troppo spesso resta di tipo confidenziale. Voglio federare queste energie e lanciare iniziative che s’impongano”.
In effetti il MAMCO, che attualmente vanta una mostra capitale dal titolo Récit d’un temps (fino al 4 settembre), è tra i dieci più importanti musei svizzeri, associatisi anche loro per meglio comunicare all’estero. “Una simile iniziativa esiste anche su Ginevra”, spiega Bovier, “stringeremo i legami con i colleghi, usando le differenze per costruire meglio le sinergie di sviluppo, anche con i partner privati, le gallerie, la fiera d’arte di Ginevra e le imprese che vogliono sostenere il nostro sforzo”. Il MAMCO è ampio – 3.500 mq espositivi su quattro piani – ma Bovier ha il senso di cosa serva oggi per entrare nelle mappe degli art-trotter: “Vorrei risolvere i blocchi che impediscono all’edificio di svilupparsi e trovare il modo di espandere la sua collezione e renderla sempre più internazionale”.
Nicola Davide Angerame
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #32 – Speciale Svizzera
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