Politica e arte in Canton Ticino. Intervista a Oliver Ressler
Ha inaugurato il 4 agosto la mostra “Confronting Comfort's Continent”, di Oliver Ressler. Un’estesa installazione filmica temporanea allestita nel buio della Fondazione La Fabbrica del Cioccolato a Torre-Blenio, in Canton Ticino. Tutti i dettagli nelle parole dell’artista austriaco.
Il percorso suggerito da Confronting Comfort’s Continent di Oliver Ressler (Knittelfeld, 1970; vive a Vienna) offre la possibilità di osservare installazioni video in dialogo con stampe e light box, lavori che trasformano la vecchia fabbrica di Torre-Blenio, oggi Fondazione dedicata alla creatività, in un luogo di produzione e di conoscenza. Un invito a riflettere e a discutere su nuovi modelli sociali ed economici in grado di superare il morente realismo capitalista. Il titolo Confronting Comfort’s Continent, però, risulta essere una modifica della narrazione (scritta in collaborazione con Matthew Hyland) del film Emergency Turned Upside-Down, che si riferisce in particolare all’Europa. Questa formula si attiene non tanto a un continente geografico quanto piuttosto a una sorta di voluta dimenticanza della crisi; una condizione venduta come comfort da poteri superiori che trovano sempre meno acquirenti favorevoli.
Abbiamo domandato all’artista quali aspettative, quali ispirazioni abbiano guidato questa nuova personale, dopo la sua estate da protagonista anche nella sua città d’origine e nei programmi estivi della Thyssen-Bornemisza Art Contemporary.
Consideri Confronting Comfort’s Continent una sorta di collegamento tra la storia e l’architettura del palazzo, una memoria delle attività testimoniate dall’ex fabbrica? A tuo modo di vedere la mostra offre una sorta di prova a posteriori del tempo, oppure si tratta di un innesco per racconti contemporanei focalizzati su una matrice socio-lavorativa?
Un lavoro centrale della mostra Confronting Comfort’s Continent è un’installazione formata da tre canali video dal titolo Occupy, Resist, Produce (2014-2015), che mostra tre esempi di fabbriche gestite dal controllo degli operai, in Europa, e fa vedere come i luoghi lavorativi possano essere recuperati dai loro dipendenti. Inoltre segna le possibilità, per luoghi analoghi alla ex fabbrica del cioccolato, di essere trasformati in un luogo migliore attraverso attività economiche sostenibili. Questo lavoro era il primo frammento che avevo in mente di mostrare quando ho ricevuto l’invito a esporre in Fondazione. Ma i lavoratori che sono riusciti a entrare in possesso delle fabbriche non rappresentano solamente un’importante procedura economica, evidenziando operazioni socio-politiche, ma interrogano e analizzano i percorsi tradizionali dell’iconografia dominante delle nostre democrazie parlamentari.
Cosa intendi?
Ci sono collegamenti diretti tra questo lavoro e la videoinstallazione a tre canali Take The Square (2012) che era focalizzata sui processi decisionali della democrazia diretta, retrostanti i moti di piazza di Atene, Madrid e New York. L’idea principale della mostra fa riferimento ai processi di trasformazione di una ex fabbrica in un sito per la produzione di consapevolezza, di conoscenza e di dibattito, per dar vita a nuovi modelli sociali ed economici, offrendo spazi dell’immaginazione sottostanti la democrazia rappresentativa e il capitalismo neoliberale.
Quale tipologia di risveglio, di consapevolezza intende invece far emergere un film come Leave it in the Ground, del 2013?
Questo lavoro utilizza come punto di partenza un conflitto locale sull’estrazione del petrolio offshore, a nord della Norvegia, ipotizzando un dibattito sulle conseguenze a lungo termine delle estrazioni, così come del riscaldamento globale, su come stia già distruggendo e su quanto distruggerà la vita di milioni di persone sul pianeta Terra, in un futuro non troppo lontano. Ho cercato di immaginare come questo fattore potrà o potrebbe scatenare rivolte e sollevamenti di popolo.
Il riscaldamento globale è un tema di enorme importanza che non avrà solo effetti per le generazioni a seguire più vicine a noi, ma anche per quelle che si avvicenderanno. Inoltre quest’opera punta il dito verso il fallimento delle nostre élite politiche, influenzate dall’industria del petrolio e dai lobbisti, ma anche sulla ripercussione a livello di promozione aziendale, tema che non risulta mai centrale nei dibattiti attorno alla contemporaneità. Ogni crisi economica e finanziaria risulta più o meno rilevante in relazione all’importanza di poter far fronte anche al riscaldamento globale.
Lavora in questo senso Leave it in the Ground?
Un film come quello prova a costruire argomentazioni che vengono trascurate nel grande dibattito delle egemonie più forti. Tutti i miei film, presentati nella mostre, nelle conferenze, negli eventi progettati da organizzazioni politiche, così come nei festival del cinema, sono e restano un tentativo di generare, di coinvolgere e di ampliare la portata di messaggi universali nei confronti di pubblici sempre diversi.
Potresti brevemente descrivere Emergency Turned Upside-Down, del 2016? Da quale fatto hai tratto ispirazione per comporlo?
Il primo pensiero che ha dato vita a questo lavoro è stata la cosiddetta “estate della migrazione”, nel 2015, che ho trovato tremendamente di ispirazione. Per la prima volta centinaia di migliaia di rifugiati hanno dovuto provare a varcare i confini dell’Unione Europea, sfidando il Trattato di Schengen che solitamente restringe le possibilità di movimento dei rifugiati. Benché le immagini di decine di migliaia di persone che stavano attraversando i confini europei, esercitando i loro diritti allo spostamento, abbiano presentato quelle migrazioni come protagoniste potenti dei loro stessi destini, nelle settimane e nei mesi successivi sono state invece usate da media e politici per combattere queste stesse movimentazioni.
Le stesse immagini venivano lette in maniera diametralmente opposta…
Quelle iconografie di massa sono state utilizzate per descrivere ciò che stava accadendo come flussi che necessitavano di essere fermati, bloccati. Le immagini sono state contagiate. Quindi ho deciso, a mia volta, di non prenderle in considerazione, sulla base di un mio personale punto di vista consapevole. Questo mi ha richiesto lo sviluppo di un mio, proprio e quasi astratto linguaggio, attraverso immagini animate prodotte appositamente per il film. Ho provato a delineare raffigurazioni di certi fenomeni che sono discussi all’interno della narrazione testuale di composizione del film. Dal punto di vista della gente al bar fino alla prigione ideologica della nozione di Stato che introduce la visione di confini non sempre fortificati a dovere, ma spesso inscritti all’interno e attraverso i corpi della gente.
A tuo modo di vedere, in che modo la cultura può promuovere un cambiamento sociale, forse in maniera utopica, all’interno dell’attuale instabilità politica europea?
Non risulta inusuale, dal mio punto di vista, che la produzione culturale possa diventare parte, promotrice di cambiamenti sociali. Esistono artisti che sono prima di tutto attivisti e partecipano ai movimenti sociali. Attraverso la loro partecipazione modificano, formano una comunità, un esempio di voce della collettività. Ma ogni supporto culturale, ogni principio accompagna sempre lotte sociali.
Nel tuo caso come si sviluppa questo rapporto?
Alcuni dei miei film sono stati utilizzati attivamente da movimenti sociali, da organizzazioni politiche e da gruppi di attivisti. Nella mia pratica artistica questa sorta di divisione tra tempo dell’arte e tempi della politica non sussiste, queste due dimensioni non sono separate l’una dall’altra. Io provo a creare un lavoro che abbia la capacità di parlare al più ampio numero di persone, per creare progetti che narrativamente significhino di per sé, propagandosi grazie alla loro stessa portata. Il loro messaggio può essere compreso senza il bisogno a priori di alcuna complessa decodifica, operata nei confronti del pubblico.
Ginevra Bria
Torre-Blenio // fino al 14 settembre 2016
Oliver Ressler – Confronting Comfort’s Continent
LA FABBRICA DEL CIOCCOLATO
Strada Vecchia 100
+41 (0)91 9722714
[email protected]
www.lafabbricadelcioccolato.ch
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/55406/oliver-ressler-confronting-comforts-continent/
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