Dopo il terremoto. Omaggio a Capodacqua di Arquata del Tronto
Capodacqua di Arquata del Tronto, tra le frazioni duramente colpite dal terremoto del 24 agosto, è uno dei paesi che fino a poco tempo fa erano caratterizzati da quella “forma” di cui parlava Pasolini in un famoso documentario televisivo trasmesso nel 1974. E che sono il cuore dell’Italia.
I giornali stranieri in questi giorni hanno spesso titolato, a proposito del terremoto del 24 agosto, “L’Italia colpita al cuore”: e si sono avvicinati di molto alla verità. Questo territorio, con i suoi paesi (paesi fino a pochi giorni fa caratterizzati da quella “forma” a suo modo perfetta di cui parlava Pasolini) che abbiamo imparato a conoscere dalle riprese e che molti di noi conoscevano direttamente, costituisce il cuore dell’Italia in un senso che non è semplicemente fisico, ma spirituale e culturale. L’Italia profonda, originaria, risiede infatti in questi luoghi, tra le sue chiesette e le sue stradine. L’Italia umile, semplice, arcaica, è qui. L’Italia laziale, marchigiana, umbra, abruzzese. L’Italia prerinascimentale e rinascimentale, silenziosa, atavica – che rimane, permane, sopravvive, è ancora viva.
In questi ecosistemi preziosi, che per secoli sono stati in grado di tessere relazioni complesse tra il contesto architettonico, artistico, storico e paesaggistico, la “civitas”, la comunità di individui che vivono insieme, in società, è qualcosa che – anche e soprattutto in questi momenti drammatici – va difeso, preservato, salvato e fatto rinascere.
Le parole che seguono, di Dania Mari, restauratrice, ci restituiscono un ritratto fedele, vivo e umano della comunità di Capodacqua, che rompe la cortina delle tremende retoriche giornalistiche e mediatiche in azione in questi giorni (esattamente come, sette anni fa, a L’Aquila).
… Avevo da poco aperto un cantiere a Capodacqua. Martedì stavo lavorando al consolidamento di due affreschi.
… Ero e sono innamorata di quel paesino che tanto mi aveva colpito e sorpreso; chiesetta ottagonale costruita su disegno di Cola dell’Amatrice con affreschi del Cinquencento… meravigliosi!! … e poi loro, gli abitanti di Capodacqua.
Luciana che passava a salutarmi e ogni tanto mi “rapiva” per farmi vedere le pietre scolpite disseminate nelle costruzioni… pietre di recupero di antiche costruzioni.
La signora Gina che mi portava i fiori di zucca fritti, che m’invitava a pranzo… che se rispondevo di no lei mi diceva: “Chi rifiuta non merita”. Lei che era ed è una di quelle che non molla mai, che non si arrende.
Amato che si affacciava al portone d’ingresso e… “Dania vuoi il caffè?”, “No grazie “, rispondevo io e lui “Adesso te lo porto”. Amato che aveva sempre un sorriso sotto lo sguardo finto burbero.
Felice che passava ogni giorno a controllare e secondo lui l’impacco lo dovevo tenere un po’ di più. Felice che sapeva fare tutto. Un genio del tuttofare. Antonio che sapeva tutta la storia della Chiesetta e custodiva le carte antiche su questa come se fossero un tesoro.
Gianluca che parlava poco e non passava per non disturbare ma sempre pronto se volevi un caffè o altro.
E poi Bernardina e il suo stalking… che parlava parlava e non la finiva più… e poi la signora che alla festa ha ballato con Greta per farle condividere il momento con gli altri bambini.
… Il signore che ci ha preparato, sempre alla festa, un mojito analcolico perché siamo astemi
… L’anziano che si era offeso perché non ero andata più a casa sua a prendere il caffè.
Vittorio, che passava ogni giorno per un saluto veloce… lui aveva lavorato a Cinecittà.
Don Francesco, l’unico e il solo. Colto, gentile, premuroso, buono. Sempre con il sorriso. Lui il parroco di tutti questi paesini. Lui che piange quando lo chiamo al telefono… perché in quei paesini erano tutti suoi amici… Amici.
…E tutti gli altri che ti salutavano “Salve dottoressa”… perché io ero la loro restauratrice, quella che si prendeva cura degli affreschi, dei loro affreschi, della loro chiesa. Tutti loro si sono salvati. Chi è tornato a Roma, chi ad Ascoli. Chi è rimasto senza casa… Ma se andate a leggere i post sul loro gruppo Facebook ci sono le foto di Capodacqua… di come era. La vogliono ricostruire … perché una cosa dovete sapere di questa gente: “Che lu lupe, la polomba e lu capodacquare so tre bestie che nen ssa ddomestica“. Questo sono quelli di Capodacqua… gente che non abbassa la testa e dice “ok”… loro dicono “no”… e lo dicono forte. Gente che formava e forma un paesino unito, allegro… che ogni momento era un’occasione per fare festa, stare insieme. Gente che accoglie e lo fa con tutto l’amore possibile e anche di più.
Non li posso raggiungere… ma posso rendere loro omaggio tramite questo post e lo faccio con tutta l’amicizia e l’amore che hanno creato in me in tutti questi giorni che siamo stati insieme. Voglio dire loro di tener duro… ancora una volta… ancora… “Lu capodacquare nun se addomestica”… neanche questo terremoto lo farà… come non lo ha fatto in passato… nella storia del paesino. Voglio dire loro che io ci sono e volevo dirgli grazie perché da tutti loro ho ricevuto un insegnamento importante: l’amore è il rispetto del prossimo… l’unità.
Christian Caliandro e Dania Mari
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati