Jumairy. Dagli Emirati Arabi a Milano
Il Maraya Art Center di Sharjah e FARE, struttura nata nel 2008, con sede Frigoriferi Milanesi, proseguono il dialogo tra Italia e Medio Oriente. Dopo Eva Frapiccini a Dubai, un artista e musicista elettro-pop è ospitato in residenza a Milano. Per 25 giorni.
UN PROGETTO INEDITO
Dopo Eva Frapiccini e il suo Dreams’ Time Capsule, presentato nel marzo scorso tra Sharjah e Dubai, FARE ha intrapreso un dialogo di scambio con il Maraya Art Center invitando a Milano, dal primo al venticinquesimo giorno di settembre, un musicista e artista originario degli Emirati: Jumairy (Dubai, 1995).
Dal 2008 FARE sviluppa collaborazioni con associazioni, enti di formazione, organizzazioni culturali e progetti più complessi e pubblici come l’articolazione e la gestione di reti nazionali e internazionali nel campo della mobilità per artisti, curatori e operatori culturali. In occasione di questa residenza, il duo curatoriale Francesco Urbano Ragazzi ha portato l’artista a lavorare a un progetto inedito, sviluppato presso i Frigoriferi Milanesi.
“Il Maraya Art Centre di Sharjah è un punto di riferimento per la generazione di artisti a cui appartengo”, ha sottolineato l’artista. “Quest’anno il Maraya ha attivato programmi di scambio con ISCP di New York, Seoul Art Space, e appunto FARE. Siccome ero già stato in Italia per qualche mese durante la scorsa Biennale di Venezia, mi sono deciso per Milano. Il progetto che ho presentato prima di arrivare qui era la continuazione di ‘Left’, una serie che ho iniziato nel 2015 e che in parte è entrata nella collezione del Maraya. È una mia forma personale di disciplina al disegno che si basa sull’uso della mano sinistra e sull’influenza di stati mentali e fisici particolari come il digiuno. Faccio mie alcune privazioni legate all’esercizio delle religioni, delle pratiche ascetiche, ma anche di tecniche pittoriche che vanno dal Rinascimento a Boetti. Il periodo di residenza a Milano ha aperto una serie di nuove direzioni alla mia ricerca. E continuando a ragionare sugli effetti della privazione, a dicembre voglio inaugurare una sorta di clinica per il disturbo post-traumatico da lutto con una festa”.
RADICI E PSICOLOGIA
Ma quale tipologia di musica suona oggi Jumairy e da dove provengono le sue radici sonore? “Ho iniziato come tutti, ascoltando la musica che ascoltava mia zia: Britney Spears e le Spice Girls. Poi sono passato al rock e al metal: Marilyn Manson e gli Iron Maiden, ma anche David Bowie e i Nine Inch Nails. Internet ha fatto il resto. Ora per me la musica è una questione molto scientifica. Scrivere un pezzo è quasi come risolvere un’equazione matematica, ma il mio sogno rimane cantare la perfetta canzone pop. Senza usare riferimenti pop, però”.
Sebbene il suo genere di appartenenza sia l’arabic electro-pop, l’artista precisa: “Come ha detto una volta Hamed Sinno, il frontman dei Mashrou’ Leila, ‘la musica pop araba non è affatto popolare da noi. L’ascoltano più in Israele che in Libano’”. Prima di fare l’artista, Jumairy ha studiato psicologia, aggiungendo: “Perciò tutto il mio lavoro è influenzato dai miei studi. Mi interessa molto il modo in cui i traumi individuali o familiari esprimono qualcosa della società in cui vengono vissuti. Nelle mie opere e nella mia musica cerco di farli emergere in modo subliminale”.
SONNO E ONDE SONORE
Un progetto recente di Jumairy, ad esempio, The Sleepless Pe-Tal, “è stato presentato ad Art Dubai quest’anno su commissione di A.i.R. Dubai, il programma di residenza sostenuto da Delfina Foundation, Tashkeel e Dubai Culture. È un’installazione che prende la forma di un ospedale per i disturbi del sonno, funzionante su prenotazione attraverso il sito. Per progettare il lavoro sono partito da una dichiarazione del dottor Sarhan Al Meheni, direttore della Scuola di Polizia Scientifica di Sharjah, riguardo al pericolo che su Internet si potessero scaricare delle droghe digitali in formato di file audio. Ovviamente la notizia era falsa, ma mi ha interessato l’idea che il suono potesse cambiare la mente delle persone.
Uno degli aspetti più interessanti è proprio la “somministrazione” delle musiche, per di più in un contesto come quello fieristico: “Ho fatto costruire delle postazioni con materassi, lenzuola e coperte ai bambini della scuola elementare che ho frequentato da piccolo e ho poi tradotto le loro forme in sculture abitabili. All’interno di queste postazioni ho somministrato ai visitatori tre musiche binaurali – un’onda beta, un’onda theta e un placebo – chiedendo anche, prima e dopo l’esperienza, di rispondere a un questionario sui livelli d’ansia, che ho messo a punto con la dottoressa Eleni Petkari. Ogni brano durava 20 minuti e questo è stato un modo per forzare la routine compulsiva da fiera”.
L’ESPERIENZA MILANESE
E invece, a Milano, come si è svolta la residenza di appena venticinque giorni? “All’inizio è stata dura. Appena sono arrivato il mio telefono è morto e con lui tutte le tracce e file su cui volevo lavorare”, racconta Jumairy. “Ho scritto una canzone su questa perdita. Ma l’ho superata in fretta. Gran parte del tempo l’ho passata in via Piranesi tra lo studio e l’ufficio di FARE. Ho avuto da subito uno scambio molto intenso con i curatori e poi con gli amici e artisti che mi hanno fatto conoscere. Milano è bella, ma la parte più importante per me sono stati gli incontri. Ho anche ricevuto molti spunti per la mia ricerca: Carlo Antonelli mi ha spinto a lavorare su un loop di Beyoncé per un mio pezzo; Jacopo Miliani mi ha regalato un suo progetto editoriale in cui riversava uno a uno i dialoghi di ‘Teorema’ di Pasolini in una serie di chat online; con gli Invernomuto abbiamo discusso dei nuovi confini del concetto di World Music e guardato il loro nuovo film ‘Negus’; e con il duo Malibu 1992 abbiamo parlato di come moda, musica e video possono confluire in un unico brand. A mia volta ho composto una traccia per l’allenamento quotidiano dell’artista Sofia Ginevra Giannì che ci ha raggiunto da Londra. Sono molto curioso di vedere gli effetti dei miei suoni sul suo training”.
Ginevra Bria
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