Se Checco Zalone dà una lezione alla Lorenzin. Uno spot intelligente
Avevamo commentato e analizzato la (brutta) campagna per il Fertility Day del Ministero della Salute. Ma la vicenda, com’è noto, ha avuto ulteriori sviluppi. Un’altra immagine contestata e un appello fuori luogo del Ministro. Renzi prende le distanze e porta come esempio eccellente il nuovo spot di Checco Zalone. Ecco come si fa buona comunicazione sociale
IL FERTILITY DAY E L’IRA DI RENZI
“La prossima volta chiederemo a Zalone”. Sfodera la sua consueta ironia, il Primo Ministro Matteo Renzi. Ma dietro la battuta c’è una verità grande così. Stima per il comico pugliese, autore di uno spot in sostegno dei malati di SMA, ma anche una frecciata al veleno per il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin: una che con quattro cartoline ha fatto più danni della peggiore gaffe di Alfano o dell’ennesima coltellata di D’Alema.
La nuova stoccata si somma alle altre dichiarazioni sulla famosa vicenda del Fertility Day. Definita dallo stesso Renzi “tragicomica”. La campagna, giura lui, non gli era stata mostrata. Cosa del tutto plausibile: difficile che un Presidente del Consiglio, coi suoi mille impegni internazionali, vagli ogni locandina, ogni brochure, ogni grafica elaborata per le tante iniziative dei ministeri. Un fatto che però non scagiona il governo stesso, tantomeno chi di quel governo è il capitano. L’epic fail porta seppur indirettamente la firma della Lorenzin, ma l’imbarazzo è collettivo. Insieme alle responsabilità.
Così, dopo avere posto l’accento sul vero nodo del problema denatalità – ovvero i disagi economici, l’assenza di servizi, il precariato – il Premier ha continuato a bocciare ogni step di questa storia. “La crisi demografica è un pericolo per il Paese”, ha affermato, ma non si può discuterne “con strumenti sbagliati”. E ancora: “Saper comunicare è un dovere. Farlo in modo perfetto invece è un dono“. Dono che la Lorenzin, il suo staff e le agenzie coinvolte evidentemente non possiedono. Brutta e superficiale la prima campagna, quella che ha acceso le polemiche sulla scia di clessidre, bucce di banana, cicogne e terrorismi psicologici vari; pessima la copertina di un opuscolo informativo, tirato fuori poco dopo: tacciata di razzismo (tra i “cattivi” spiccava un ragazzo di colore, contrapposto al quadretto ariano dei “buoni”), l’immagine raccontava un’idea di società manichea, scioccamente idealizzata, senza chiaroscuri, vocata al pregiudizio, decisamente bacchettona. I salutisti di qua, i drogati (stranieri per giunta) di là.
LAVORARE GRATIS
Infine, l’ultimo passo falso. Nella sequela di scuse, giustificazioni, retromarce, arriva l’appello della Ministra ai creativi d’Italia: datemi una mano voi. Ma gratis. Ed è subito bufera. Oltre 100mila euro, spesi per una campagna cancellata, e alla fine si cercano quelli bravi quando il budget non c’è più.
I cori di protesta si levano da ogni dove, non senza ipocrisia: quanti di coloro che s’indignano poi si avvalgono, o vorrebbero avvalersi, di professionisti-missionari? Quanti storcono il naso e poi cercano una prestazione pro bono? Tanti, tantissimi. Considerare il lavoro creativo e intellettuale alla stregua di un hobby è un vizio tutto italiano, che sta tra il furbo, il gretto e il provinciale. E se al malcostume si uniforma l’istituzione non è proprio un bel segnale.
“Tragicomica” davvero, dunque, questa saga infinita contro l’infertilità e il calo delle nascite, tramutata in sciatta propaganda per mamme-a-tutti-i-costi e in severa lezioncina catecumenale, col mondo diviso in morigerati (i fertili) e maledetti (i tossici sterili). Ed ecco che l’ironia della Rete ci sta tutta, quando partono i meme con Mick Jagger, padre di sette figli, e Keith Richards, che ne ha sfornati cinque: non proprio due chierichetti.
COME FARE COMUNICAZIONE SOCIALE. CON L’IRONIA
E poi c’è Checco Zalone. Idolo nazionalpopolare, recordman al botteghino, poco amato da intellettuali e radical-chic, con quel suo cinema dei buoni sentimenti e delle cattive abitudini, dei luoghi comuni e degli uomini qualunque, dei tamarri e degli inetti; cinema che riprende a modo suo la lezione di Sordi, di Verdone, di Villaggio, essendo però una cosa a sé. Commerciale, certamente. Antipolitico, disimpegnato, emblema del magma postideologico e berlusconiano. Facile, sul piano dello stile e del linguaggio. Ma con un’efficacia tutta sua, legata a tre fattori base: talento, empatia e l’irresistibile richiamo del semplice, del “medio”. Una fotografia di ciò che siamo, con l’immancabile morale positiva che capovolge l’evidenza.
Questo stesso talento e questa cifra Zalone li ha impiegati per lo spot in favore della ricerca sulla Atrofia Muscolare Spinale. Nessuna agenzia di mezzo: l’autore è lui, mentre la realizzazione fa capo alla squadra del suo ultimo film campione di incassi, Quo Vado. Risultato convincente per tutti, esperti e non. Il plot funziona, la regia ha i tempi e i modi giusti, i testi e la comicità sono quelli di sempre, ormai roba da maestro. E non si tratta semplicemente di un buon lavoro, quanto di un esempio di comunicazione sociale intelligente, fuori dalla solita retorica. Zalone spazza via pietismi, commozione, testimonianze di vita vissuta, fiction strappalacrime, SOS scontati e slogan da manuale. Tanto meno pecca di qualunquismo, sbagliando taglio e bersaglio, alla Lorenzin. Zalone fa quello che sa fare: l’antipatico genuino, l’insofferente, il goffo, il medioman. E nel farlo ribalta ancora una volta il cliché.
Stavolta interpreta il vicino di pianerottolo dispettoso, che a un certo punto va in fissa con Mirko, un bambino in carrozzina (faccino irresistibile, perfetto nella parte). Non tollera che giochi alla Playstation fino a tardi, disturbando il suo sonno; che ingombri le scale del condominio con la sua rampa meccanica; che gli freghi il posto auto sfruttando il certificato di disabilità. E quando all’italiano tocchi il parcheggio, non c’è pietà che tenga. La rabbia allora diventa paradosso: una bella donazione all’Associazione Famiglie SMA, così magari il piccoletto guarisce e lui gli fa un mazzo così. Ironia, cinismo per finta e un copione geniale, che trasforma l’ammalato in una persona normale. Uno che ogni tanto puoi anche detestare, mandare al diavolo, che non ti muove a compassione. Il personaggio Zalone quella disabilità proprio non la vede. Esiste forse messaggio più forte?
Lo spot è nato grazie ad Anita Pallara, barese, 27 anni, 17 chili e la malattia che si rivela quando era ancora in fasce: “Ho incontrato Luca (il vero nome di Zalone è Luca Medici, NdR) qualche anno fa in una piscina ad Alberobello”, ha raccontato a Repubblica. “Lui stava girando un film. Io ero lì in vacanza. Ci siamo piaciuti subito e siamo diventati amici“.
IL PRECEDENTE COL MINISTERO DI GIUSTIZIA
Ma sulle doti di Zalone come testimonial per il sociale ci aveva visto lungo, già pochi mesi fa, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando. Fu lui a chiedergli una mano per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla rieducazione nelle carceri, tema tanto difficile quanto decisivo per ogni democrazia degna di questo nome.
Detto, fatto. Checco confezionò un video casalingo, in cui sfotteva un po’ Orlando e la politica, citava l’articolo 27 della Costituzione e si prefigurava un futuro giusto per gli ex detenuti in cerca di un reinserimento nella società. Chiusura nei panni di un suo cavallo di battaglia, il cantante neomelodico, con “mitragliate di baci” e “auguri di una presta libertà” per gli amici dietro le sbarre. Risultato: migliaia di like e condivisioni su Facebook, quasi 200mila visualizzazioni, decine di articoli sui giornali. Obiettivo raggiunto. Avesse il Ministro dato una dritta, tempo fa, alla collega Lorenzin.
Helga Marsala
www.famigliesma.org
La campagna di raccolta fondi di Famiglie SMA è in corso fino all’8 ottobre 2016
Si donano 2 euro tramite SMS al numero solidale 45599
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