Terremoto e ricostruzione. Parola a Lorenza Baroncelli

L’architetto e curatore di origine romana si ispira alla recente pubblicazione firmata da tre illustri intellettuali contemporanei per approfondire il fragile legame tra uomo e natura. Affinché catastrofi come il terremoto dell’Italia centrale possano rientrare in un processo di positiva evoluzione.

L’ERA DEI TERREMOTI
Nell’introduzione al libro intitolato L’era dei terremoti. Una guida all’estremo presente,, edito da Penguin Random House nel 2015 con il titolo originale The Age of Earthquakes, Shumon Basar, Douglas Coupland e Hans Ulrich Obrist affermano che vent’anni fa Internet utilizzava lo 0% dell’energia consumata dall’uomo. Oggi l’economia digitale usa il 10% dell’elettricità del mondo.
Il combustibile che alimenta la nostra “vita virtuale” sta sciogliendo la calotta glaciale.
Il peso di milioni di miliardi di tonnellate di ghiaccio sciolto sta riducendo la pressione gravitazionale sulla crosta terrestre provocando catastrofi naturali come il terremoto in Giappone del 2011. Negli ultimi anni non abbiamo solo cambiato la struttura dei nostri cervelli, ma abbiamo cambiato la struttura del nostro pianeta. “Benvenuti nell’Era dei Terremoti. […] Voi siete l’ultima generazione a morire”.

UOMO-NATURA-TECNOLOGIA
Andando oltre il pessimismo ironico dei tre autori, è importante comprendere che viviamo oggi in un’era nella quale alle attività dell’uomo e alla tecnologia sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche. La tecnologia non è solo qualcosa che facilita la convivenza tra uomo e natura, ma è entrata a far parte di essi: entra nei nostri corpi, modifica il nostro Dna, seleziona le specie vegetali che coltiviamo, razionalizza i nostri bisogni, modifica i confini tra gli Stati, cambia il clima del nostro pianeta. La Madre Terra si adatta, si scuote, si assesta per assecondare i mutevoli bisogni delle specie che la abitano. Tutto questo è parte di un processo evolutivo, continuo, irreversibile, positivo.
Quando pensiamo alla ricostruzione dei territori scossi da catastrofi naturali, come terremoti, alluvioni, inondazioni, uragani, dobbiamo pensare che tali stravolgimenti improvvisi saranno sempre più frequenti ma soprattutto che il paesaggio contemporaneo sta attraversando una fase di profonda trasformazione. E con esso cambia il modo in cui noi osserviamo, trasformiamo e viviamo il territorio.

L'Aquila, 5 aprile 2009, ore 12 - poche ore prima del terremoto

L’Aquila, 5 aprile 2009, ore 12 – poche ore prima del terremoto

RICOSTRUIRE GUARDANDO AL FUTURO
Per ricostruire quindi “dov’era, com’era”, non solo dobbiamo considerare le trasformazioni strutturali generate dai cambiamenti climatici, ma anche riflettere su come sta cambiando il modo in cui viviamo sulla Madre Terra, essere coscienti che siamo nell’era delle megalopoli e domandarci: qual è il futuro dei piccoli centri urbani?
Consiglio a tutti di leggere un articolo pubblicato a fine giugno sul Guardian e scritto da Kanishk Tharoor, che ricostruisce 6.000 anni di storia delle città. In sostanza, oggi nel mondo, la popolazione che vive nelle città ha superato il 50% di quella di quella che abita l’intero pianeta. Nel 2050 si prevede che la popolazione urbana rappresenterà il 75% dell’intera popolazione mondiale, pari a 6.750.000.000 cittadini. I “migranti” tendono a raggiungere centri urbani di grande dimensione con l’obiettivo di migliorare le condizioni socio-economiche della propria famiglia. Oggi l’Italia conta 60 milioni di abitanti di cui 22 vivono in 14 città metropolitane. Sebbene il territorio italiano abbia, per storia, economia, clima, struttura sociale e politica, delle caratteristiche specifiche, sta seguendo e continuerà a seguire l’andamento dell’intero pianeta: i grandi centri urbani tenderanno a diventare sempre più grandi mentre quelli piccoli tenderanno a essere abbandonati.
Un patrimonio unico di borghi, monasteri, mura, scorci, arte, cultura, tradizioni che lentamente si svuota e giace muto nel paesaggio contemporaneo. I piccoli centri urbani, indipendentemente dal terremoto, ci obbligano a domandarci come possono tornare a essere luoghi vivi, di produzione economica e culturale.

Basilica di San Francesco AMATRICE-Foto Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

Basilica di San Francesco
AMATRICE-Foto Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

TRASFORMARE LA DISTRUZIONE
Quale sarà il loro futuro? Quale eredità vogliamo lasciare? Centri di una nuova economia? O saranno luoghi turistici? Case vacanze? Oppure centri di ricerca e sperimentazione tecnologica? Possono diventare se non altro il modello di un nuovo modo di vivere il paesaggio contemporaneo?
Un terremoto è un evento drammatico, irreversibile. Ma la ricostruzione di Amatrice, Arquata del Tronto, Accumuli può trasformare la “distruzione” in un processo evolutivo, continuo, positivo. Può diventare l’occasione per ripensare la nostra storia e costruire il nostro futuro. Ed è questa forse l’unica chiave per reagire alla drammaticità di una storia che continua a ripetersi.

Lorenza Baroncelli

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Lorenza Baroncelli

Lorenza Baroncelli

Lorenza Baroncelli (1981) è un architetto, ricercatrice e curatrice romana. Attualmente è assessore alla rigenerazione urbana, progetti e relazioni internazionali, marketing territoriale e arredo urbano a Mantova e “associate special projects” alla Serpentine Galleries di Londra, dove è coordinatrice del…

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