Il non-allineamento della modernità. Parola a Marinko Sudac
Ai Frigoriferi Milanesi, nel Centro per l'Arte Contemporanea, il 26 ottobre inaugura “Modernità non allineata”. Un percorso interamente dedicato agli Archivi dell'Est Europa dalla Collezione di Marinko Sudac. Un collezionista, un ricercatore, un visionario.
L’arte dei Paesi dell’Est Europa dagli Anni Cinquanta agli Anni Ottanta, attraverso cento artisti, da Ivan Picelj a Marina Abramović, da Đuro Seder a Željko Jerman a Tamás St. Auby e oltre seicento opere, tra documenti e fotografie, sta per portare alla ribalta la scena creativa dell’ex Jugoslavia nel tempo della Guerra Fredda. Una fra le più importanti e complete collezioni d’arte d’avanguardia dell’Est Europa, la Collezione Marinko Sudac di Zagabria costituirà un nuovo cuore storico dei Frigoriferi Milanesi con Modernità non allineata. Un percorso che si presenterà come laboratorio complesso e interstiziale, sospeso tra l’Est e l’Ovest, ma non completamente assimilabile ad alcuno dei due fronti, consentendo di superare la visione dicotomica classica tra un’Europa e l’altra. Con il modello jugoslavo, in sostanza, la differenza non si pone più soltanto tra Est e Ovest ma anche all’interno del cosiddetto Est.
La cifra, la portata della mostra rivela quanto la Jugoslavia sia stata la prima realtà dell’Est a presentare tendenze astrattiste in eventi artistici internazionali e a far guadagnare all’astrazione modernista uno status quasi ufficiale, tanto attraverso i monumenti della rivoluzione sparsi un po’ ovunque quanto per mezzo dei padiglioni di rappresentanza nazionale.
La parola va a Marinko Sudac, fondatore della piattaforma Museum of the Avant-garde, il quale si è rivolto all’esplorazione, alla ricerca e alla promozione di quelle pratiche d’avanguardia che dall’inizio del Novecento fino alla caduta del Muro di Berlino sono state emarginate o rifiutate a causa di svariate circostanze storiche, sociali e politiche. In questo modo la collezione è diventata una risorsa inesauribile per lo studio delle Avanguardie europee da parte di storici dell’arte, esperti e artisti da tutto il mondo. Opere della Collezione Marinko Sudac sono andate in prestito a musei quali la Tate Modern di Londra, il Museo d’Arte Moderna di Varsavia, il Museo d’Arte Contemporanea di Zagabria, il Ludwig Múzeum di Budapest, la Haus der Kunst di Monaco di Baviera e il Nottingham Contemporary.
Quando nasce la tua vocazione di collezionista?
Sono diventato un collezionista nel 1989, anche se l’attrazione per le Avanguardie è emersa alcuni anni dopo. A quei tempi collezionavo un’altra tipologia di opere, arrivando all’arte attraverso il suo senso più ontologico, per eccesso; un aspetto della contemporaneità che i critici trattano in modo differente. Ho cominciato a ricercare gli eccessi nell’arte attraverso le urgenze, gli episodi che hanno costellato lo sviluppo delle Avanguardie sviluppate a partire dal XX secolo. Ho letto, studiato, approfondito così tanti libri da creare un’estesa biblioteca personale con materiali raccolti parlando con artisti, teorici, accademici e curatori. Questa ricerca ha aperto nuove narrazioni, per me, e ha reso più profondo, più radicato ogni mio interesse. Molto presto ho potuto riscontrare connessioni tra i lavori, venendo in contatto con le produzioni artistiche di Paesi differenti, così come con le biografie degli artisti. Ho riscontrato l’approccio antropologico che utilizzo nel comunicare con gli artisti e, sulla base di questo ho in seguito, con delicatezza, ho selezionato i loro lavori presenti nella mia collezione.
Quando e perché hai cominciato a collezionare lavori dall’inizio del XX secolo alla caduta del Muro di Berlino?
Si tratta di un periodo che ridefinisce la nostra comprensione, la nostra consapevolezza in termini di nazione, capitale, cultura così come di arte e opera d’arte. Alcuni prerequisiti di base si sono creati a partire da quegli anni e condizionano la nostra attuale quotidianità. La collezione risulta quasi incorniciata dai lavori più vecchi, che hanno come data il 1909. Sono le opere d’arte dei primi artisti d’avanguardia, origine e predecessori di una nuova pratica artistica che conferisce una sorta di fine alla raccolta. Ho studiato molti manifesti delle Avanguardie, tecniche astratte, prime sperimentazioni con i materiali, fino alla caduta del Muro di Berlino.
Gli eventi socio-politici, approfonditi storicamente e artisticamente mi hanno permesso di capire quanto anche io abbia fatto parte di quegli sconvolgimenti. La divisione netta tra Est e Ovest è venuta a mancare sotto i nostri occhi, apportando forme di emancipazione nei confronti delle identità di genere, transnazionalità, multiculturalismo, globalizzazione. Il mondo ha cominciato a de-centralizzarsi con incredibile velocità e i centri mondiali del potere, che prima possedevano un primato, nel XX secolo hanno perso posizione. La tecnologia moderna ha cominciato a sviluppare una sorta di resa, di pace non credibile. Questi fenomeni storici sono tutti riscontrabili in documenti, lettere, testi, dipinti e oggetti della mia collezione, frutto di un’urgenza di sistematizzazione di questo sapere.
La tua collezione incarna una sorta di missione nei confronti dell’eredità storica di cui si è resa, nel tempo, portavoce? Potresti descrivere il tuo progetto di Museo dell’Avanguardia?
Vorrei presentare la collezione come una fra le più uniche e complete piattaforme di ricerca dei fenomeni legati alle Avanguardie. La mia collezione non è una missione, ma ridefinisce non solo l’eredità dell’arte nel XIX secolo, ma anche l’interezza di determinati raggiungimenti della civilizzazione. Attualmente è presente una piattaforma online che però rappresenta solo il 10% della collezione digitalizzata e disponibile attraverso il web. Sul sito la collezione è parcellizzata per Paesi e periodi, mostrando connessioni tra artisti e terre d’origine o territori che li hanno ospitati.
Lavoriamo giornalmente per digitalizzare sempre più nuclei e unità, conferendo grande importanza alla visibilità di questo tipo di arte. Un altro motivo in più per collaborare con diverse istituzioni museali in Europa. Bisogna sensibilizzare tutta l’area balcanica creando una sorta di nuovo centro autoriale, culturale: tra collezionisti e artisti, affinché il grande pubblico possa assaporarne percorsi storici finora impensabili. Ritengo sia questa la mia vera missione.
Tra le diverse centinaia di pezzi che compongono la tua collezione, c’è un lavoro che hai particolarmente a cuore? E se sì, perché?
La collezione si presenta come la riunione di diverse sezioni in cui il proprio intrinseco senso ontologico richiama discorsi diversissimi tra loro, un orientamento che talvolta si impone da sé. Ho sempre cercato di mantenere criteri oggettivi e in questo processo io provo a separare una narrativa di tipo personale dai fenomeni complessivi rivelati dalle serie raccolte. Di modo che ogni unità possa chiaramente mostrare, di volta in volta, le differenti facce di una memoria, collettiva e individuale. La collezione è un tutto, un grande tutto all’interno della quale io stesso conservo memorie, pensieri, intuizioni, momenti di comprensione e non riesco a pensare di poterne estrapolare anche solo un singolo autore, nemmeno una singola opera, che mi abbia accompagnato più di altri in questo percorso di presa di coscienza, che io stesso continuo a sviluppare attraverso nuove ridefinizioni, progetti e mostre.
Solo portando all’esterno tutta la collezione posso determinare la natura della relazione tra gli artisti, la società e le loro idee. Questo tipo di realizzazione sta assumendo un significato cruciale, raggiunto per dare una continuità ai miei primi, lontanissimi intenti.
Quali significati assume oggi l’Avanguardia nelle arti contemporanee?
Esistono molteplici definizioni di avanguardia basate sulle istanze di tecnologia, politica, genere, società e via discorrendo. Personalmente mostro totale indifferenza a queste cornici che cercano di arginarne la portata. L’avanguardia è, prima di tutto, un’impronta culturale, non espressa solamente dall’arte, un pensiero in completa opposizione rispetto alla cultura di massa creata artificialmente. Viviamo in un tempo in cui il capitalismo neoliberale si trova al culmine, portando con sé i segni di una grande crisi dovuta a una sola possibile, drammatica sparizione di valori.
Questo mi induce a pensare che si debba ancora lottare per l’etica, per la morale e per la giustizia come valori dimenticati, magari rendendoli Presente, oppure ridefinendo, attraverso un dibattito, la nozione di capitalismo e neo-liberismo. Questo significa che l’arte in sé sarà nelle mani dei media, come il principale prodotto-arma del capitalismo, e che un’incredibile quantità di forme consumeriste del kitsch sarà il tema della prossima produzione artistica. Credo sia questa la direzione dell’arte oggi, come succeditrice dei traguardi segnati dall’Avanguardia, l’unica contro i cambiamenti modaioli e commerciali che potrebbero essere rielaborati ed estrapolati dalle Avanguardie.
Per quale motivo hai scelto Milano per presentare una fra le più complete ricognizioni sulla tua collezione?
Il percorso mostra come l’arte dell’Est-Europa abbia sviluppato connessioni tra i differenti partecipanti della scena dell’arte nell’ex-Jugoslavia, Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia. Questa rete di conoscenze personali, scambi artistici, visioni individuali va oltre i confini di Stato, rivelando la forza di persone straordinarie che hanno creato arte come reazione e nonostante il contesto socio-politico fosse estremamente complicato. Ovviamente La Modernità Non-Allineata è un estratto della mia collezione e non include la documentazione su movimenti e fenomeni che hanno plasmato questa generazione di artisti.
Precedentemente ho mostrato i lavori in tre mostre intitolate Marginal Specificities, a Varaždin, Fiume e Novi Sad, all’interno delle quali ho presentato la continuità dell’Avanguardia nell’ex-Jugoslavia. A Milano, però, ho potuto lavorare con Marco Scotini, che conosco da molti anni anche se questo è il primo progetto che ci porta finalmente a lavorare assieme. Inoltre gli spazi dei Frigoriferi Milanesi sono adatti e significativi per una mostra di questa portata. Ritengo che la rassegna possa contribuire a una rivalutazione dell’arte dell’Est-Europa, che ha risvegliato l’interesse di critici e curatori negli ultimi due anni.
Quali saranno i prossimi programmi che interesseranno la tua collezione?
Nei prossimi due anni sono in programma retrospettive di grandi artisti all’Istituto di Ricerca sull’Avanguardia di Zagabria. Le mostre includeranno una retrospettiva di Jiří Valoch, il più importante artista, curatore, teorico ceco attualmente dimenticato dalla sua stessa madrepatria; poi la retrospettiva di uno dei fondatori di Fluxus, Philip Corner; poi la collaborazione su una grande retrospettiva del gruppo ungherese Pécsi Műhely con il Ludwig Museum per le arti contemporanee di Budapest; una mostra con Rudolf Sikora, Július Koller e First Open Studio, una retrospettiva sulle installazioni di Jarosław Kozłowski e una retrospettiva del gruppo OHO. Inoltre, a livello di pubblicazioni, è in via di ultimazione una monografia sul gruppo Gorgona, su Jan Steklik, Philip Corner, Jiří Valoch, Rudolf Sikora, Július Koller e First Open Studio (Bratislava), sul gruppo OHO e i suoi film, su Andrzej Lachowicz, Milan Adamčiak… senza dimenticare la sesta edizione, la prossima estate, del progetto Artista in vacanza.
Ginevra Bria
Milano // dal 27 ottobre al 23 dicembre 2016
inaugurazione 26 ottobre 2016 ore 18
Modernità non allineata. La Collezione Marinko Sudac
a cura di Marco Scotini
FM CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Via Piranesi 10
[email protected]
www.fmcca.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/56857/non-aligned-modernitymodernita-non-allineata/
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