La crisi federale in corso negli Stati Uniti sta trascinando molti ambiti del settore pubblico – primo su tutti quello culturale – in una spirale negativa. Dall’inizio dell’anno, la National Gallery di Washington e altre prestigiose istituzioni americane sono state costrette a serrare le proprie porte al pubblico, con ripercussioni significative per tutti.
SHUTDOWN 2019: IL CASO
Non si vede alcuna svolta nel braccio di ferro in corso tra il presidente Trump e i democratici: dal 22 dicembre infatti, è scattato il blocco di una parte delle attività federali per la mancanza di un accordo sulla legge di bilancio. Il nodo della diatriba sarebbe la costruzione del muro al confine con il Messico, per cui il presidente degli Stati Uniti ha richiesto oltre 5 miliardi di dollari, fortemente negati dai suoi avversari politici. Una questione al momento insolvibile che, da sola, è sufficiente a immobilizzare un intero paese: si stima siano 800 mila i lavoratori rimasti a casa per la chiusura dei dipartimenti di Sicurezza nazionale, Trasporti, Agricoltura, Giustizia e Parchi nazionali (proprio in quest’ultimo rientra il settore culturale pubblico).
LA CHIUSURA DEI MUSEI
“Durante la parziale chiusura del governo federale, gli uffici e tutti i locali della National Gallery of Art e dello Sculpture Garden sono chiusi al pubblico, mentre tutti i programmi vengono cancellati.” È questo l’infelice messaggio che campeggia a piena pagina nella home del sito web della National Gallery of Art di Washington. Il museo chiude così le porte al pubblico e con esse, tutte le mostre, le attività culturali e gli appuntamenti previsti. Persino il servizio clienti e l’online store sono oscurati, una dichiarazione che pare un po’ la coccarda funeraria appesa alla porta di casa, l’effetto degradante di una crisi di instabilità che sta affliggendo gli Stati Uniti da quasi venti giorni, investendo senza pietà anche le istituzioni artistiche. Oltre alla National Gallery of Art infatti, la stessa sorte è toccata a tutto lo Smithsonian Network, ovvero la rete di musei pubblici della città, tra cui lo Smithsonian American Art Museum, l’Hirshhorn Museum e lo Sculpture Garden, oltre a musei etnografici come il National Museum of the American Indian, di scienze naturali come il National Museum of Natural History e persino il National Zoo. Enti pubblici vittime dello shutdown e del suo arresto di finanziamenti governativi, un tunnel da cui non sembra ancora intravedersi alcuna una via di fuga.
GLI ESITI DELLO SHUTDOWN
Tra l’irritazione delle istituzioni, anche gli artisti hanno mostrato profonda delusione per i fatti che stanno accadendo. “Ogni artista, ogni creativo, lavora duramente per una vita intera sperando in un’opportunità come questa” Jeffrey Veregge, la cui mostra è attualmente “oscurata” al National Museum of the American Indian, “Vedere la propria mostra chiusa fa schifo, ferisce”. Basti pensare alle esposizioni attualmente in programma alla sopracitata National Gallery di Washington, come le retrospettive di Rachel Whiteread e di Gordon Parks e The Chiaroscuro Woodcut in Renaissance Italy, mostre vicine alla data di chiusura prevista che rischiano di non rivedere più la luce. Nomi storicizzati e tematiche di grande richiamo per appassionati di arte contemporanea ma anche del passato: un potenziale enorme che si potrebbe presto tradurre in perdita economica, di immagine, di pubblico ma, ancora più grave, di fiducia nelle istituzioni.
– Giulia Ronchi
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