Le architetture dell’Eur che hanno ospitato il G20 a Roma

In occasione del G20, la città di Roma è tornata sotto i riflettori a livello globale. La scelta di ospitare il summit nella Nuvola di Fuksas all'Eur non è stata tuttavia accolta con favore da tutti

Roma è la sedicesima città ad ospitare il Vertice dei Capi di Stato e di Governo G20, la prima dopo l’edizione virtuale tenutasi nel novembre 2020 a presidenza saudita. La capitale si è apprestata così ad accogliere i governanti del pianeta, insieme ai loro entourage, ma anche manifestanti più o meno autorizzati. Lo ha fatto blindando luoghi pubblici e viabilità, ma tentando allo stesso tempo di equilibrare l’esigenza di garantire la sicurezza con quella di mantenere vivibile la città a residenti e turisti.

IL G20 AL QUARTIERE EUR DI ROMA

Per questo si è scelto di svolgere il G20 principalmente nel quartiere Eur, in posizione strategica per il suo ottimo collegamento al centro storico, da cui tuttavia rimane distaccato. La Nuvola di Massimiliano Fuksas ha così visto il suo debutto internazionale facendo da sfondo ai lavori dei leader. Sul sito del G20 si legge “opera dallo straordinario valore artistico, caratterizzata da soluzioni innovative, un approccio eco-compatibile e materiali tecnologicamente avanzati”. Il gremito Media Centre è stato invece posizionato al Palazzo dei Congressi, progetto degli anni ’30 dell’architetto Adalberto Libera.

LA SCELTA CRITICATA DAL WASHINGTON POST

Nonostante la soluzione dell’Eur sia stata probabilmente salvifica per la buona organizzazione di un evento globale e tanto delicato come il G20, il Washington post ha criticato la scelta di accogliere le delegazioni straniere in un quartiere nato in epoca fascista, dove ancora sono visibili simboli ed architetture dell’epoca: “Concepito come una vetrina del fascismo per un evento mai accaduto, l’Esposizione universale del 1942 cancellata dalla guerra, il quartiere è poi riuscito a crescere, e a normalizzarsi, in gran parte per la volontà dei romani di ricostruire, andare avanti e coesistere anche con le parti peggiori del passato. E’ una cosa che colpisce particolarmente mentre negli Stati Uniti e in altre parti d’Europa vengono abbattute statue di schiavisti, generali confederati, re e leader coloniali“. L’articolo prosegue: “Ci sono varie teorie sul perché gli italiani abbiano sentito meno la necessità di rimuovere la propaganda di quei tempi terribili. Una è che i romani hanno così tanta storia, da non sentirsi costretti a concentrarsi sugli ultimi recenti orrori. Altri hanno notato che le icone fasciste, diversamente dai monumenti Confederati, siano state costruite allora e non riflettano una sorta di nostalgia postuma per un periodo precedente”. Per il Post l’unica cosa che l’Eur avrebbe in comune con il resto di Roma è “la bellezza della vista al tramonto”. Una visione alquanto riduttiva e che non rende affatto giustizia al quartiere romano che, nella città eterna, oltre a fare bella mostra di architetture razionaliste di indiscutibile pregio, sebbene nate in un’epoca nefasta, è tra i pochi spazi in cui si tenta ancora di sperimentare e non riposare sugli allori del Colosseo.

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Redazione

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