Ancora sul David di Michelangelo e la Venere di “Open to Meraviglia”. Il parere dell’avvocato

Dalla sentenza del Tribunale di Firenze sull’utilizzo dell’immagine del David di Michelangelo e dalla Venere influencer della campagna lanciata dal Ministero della Cultura emerge una contraddizione: a spiegarla è l’avvocato Emanuele Sacchetto

A distanza di poche settimane dal suo lancio, la campagna Open to Meraviglia, promossa dal Ministero della Cultura, torna a far parlare di sé. La tanto discussa campagna ministeriale pare porsi, infatti, in contrasto con la recente sentenza del Tribunale di Firenze che ha condannato l’uso del David di Michelangelo sulla copertina di una rivista, pronunciata (ironia della sorte) lo stesso giorno del lancio della campagna ministeriale, lo scorso 20 aprile. Con questa decisione, il giudice fiorentino (che possiamo verosimilmente immaginare non abbia visto la campagna ministeriale prima di pronunciarsi, vista la contingenza temporale) ha condannato la casa editrice Edizioni Condé Nast S.p.A. a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali al Ministero della Cultura (lo stesso Ministero che lo stesso giorno annunciava il lancio della sua campagna pubblicitaria), per aver pubblicato l’immagine del David di Michelangelo a fini pubblicitari senza autorizzazione sulla copertina della rivista maschile GQ, accostandola alla fotografia di un modello raffigurato nella medesima posa del David.

Michelangelo, David

Michelangelo, David

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI FIRENZE SULL’UTILIZZO DELL’IMMAGINE DEL DAVID DI MICHELANGELO

A destare particolare interesse in questo caso è il fatto che il giudice non si sia limitato ad accordare un risarcimento per il danno patrimoniale derivante dalla mancata corresponsione dei canoni pari a 20.000€, circostanza che già di per sé potrebbe far sorgere alcuni dubbi circa la possibile frustrazione (derivante dal perdurante vigore e applicazione giurisprudenziale della normativa italiana in materia di autorizzazioni e canoni per l’uso di beni culturali) della più ampia finalità perseguita dalla Direttiva europea sul copyright 2019/790, la quale stabiliva infatti che gli Stati avrebbero dovuto provvedere a che “alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arte visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi”, senza a tal proposito distinguere tra usi commerciali e non (art. 14 Direttiva copyright). Bensì, il giudice fiorentino si è spinto oltre, giungendo ad affermare che il David costituisce espressione di un diritto costituzionale che si identifica nell’“identità collettiva dei cittadini, condannando così la casa editrice al risarcimento di un danno non patrimoniale di 30.000€ (quindi addirittura superiore a quello per mancata corresponsione del canone) derivante dall’aver “insidiosamente e maliziosamente accostato l’immagine del David a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico ed identitario dell’opera d’arte”.

Italia Open to Meraviglia, Enit

Italia Open to Meraviglia, Enit

DAL DAVID DI MICHELANGELO ALLA CAMPAGNA “OPEN TO MERAVIGLIA”

Ebbene, è proprio su questo punto che la decisione e la campagna Open to Meraviglia sembrano porsi in aperta contraddizione. Se, infatti, per il Ministero (e per i giudici) il David accostato a un modello può svilirne l’immagine, che dire allora della Venere (sottoposta a un’operazione di maquillage per renderla sorridente, con gli occhi azzurri e i nastri tricolore tra i capelli) che balla in abiti di paillettes e si fa ritrarre in minigonna come una diva in barca e che non viene semplicemente “accostata” all’immagine di una influencer/modella ma lo diventa essa stessa? Seguendo il ragionamento del Tribunale, anche tale uso parrebbe doversi ritenere lesivo dell’immagine della Venere e dell’“identità collettiva dei cittadini”. O meglio, al contrario, se il Ministero non ritiene che la propria campagna Open to Meraviglia leda l’immagine della Venere e con essa “l’identità collettiva dei cittadini”, neppure l’uso del David accostato a un modello pare ragionevolmente possa esserlo. A risolvere questa contraddittorietà non sembrano nemmeno sufficienti le parole del Ministro della Cultura, il quale commentando la sentenza si è detto confortato dal fatto che “i giudici la pensino come il Ministero della Cultura”. Pare, piuttosto, che – nei fatti – sia il Ministero a non pensarla come i giudici, avendo evidenziato con la propria campagna una contraddizione innegabile tra una normativa piuttosto rigorosa e la realtà comune dei fatti e degli usi, consolidando così un precedente che (ad avviso di chi scrive) non potrà non essere tenuto in considerazione in future decisioni (forse già nel giudizio di appello che potrebbe instaurare la stessa Condé Nast avverso la sentenza in esame).

Sandro Botticelli, La nascita di Venere

Sandro Botticelli, La nascita di Venere

LA CONTRADDIZIONE TRA LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI FIRENZE E LA CAMPAGNA “OPEN TO MERAVIGLIA”

In definitiva, la contraddizione emersa tra la decisione del Tribunale di Firenze e la campagna Open to Meraviglia evidenzia e conferma, senza volerlo, le criticità e contraddittorietà dell’attuale disciplina sull’uso dei beni culturali, in particolare con riguardo alla presunta sussistenza della lesione dell’immagine del bene e dell’identità collettiva che rappresenta. Al di là della probabile frustrazione con la finalità perseguita dalla normativa europea relativamente alla perdurante vigenza della disciplina autorizzativa e dell’obbligo di pagamento dei canoni, infatti, se si accogliesse la tesi del giudice fiorentino relativa ai presunti danni di immagine, diverrebbe sostanzialmente impossibile individuare un confine certo tra gli usi svilenti e leciti di un bene culturale, con il conseguente rischio di decisioni discrezionali e contraddittorie, com’è avvenuto appunto con la decisione del Tribunale fiorentino e la campagna ministeriale.

DAVID DI MICHELANGELO E VENERE DI “OPEN TO MERAVIGLIA”. LE OPERE D’ARTE SONO TUTTE “UGUALI”?

Egualmente rischioso e fuorviante pare poi il ricorso al concetto di “identità collettiva nazionale” di cui i beni culturali sarebbero espressione. Anche in questo caso, infatti, diventerebbe impossibile andare a individuare con criteri certi quali beni culturali possano godere di un tale riconoscimento (tutti o solo quelli più noti? E quali sarebbero quelli più noti?). Senza considerare che, così ragionando, ci si potrebbe lecitamente domandare se tra le opere che costituiscono espressione dell’“identità collettiva nazionale” (il cui uso commerciale non autorizzato comporterebbe un danno non patrimoniale) non debbano rientrare anche le opere della letteratura e della lirica cadute ormai in pubblico dominio che hanno rappresentato e rappresentano un pezzo importante e iconico di storia del nostro Paese riconosciuto in tutto il mondo, e che potrebbero pertanto costituire forse anch’esse espressione dell’“identità collettiva nazionale” come intesa dal giudice fiorentino. Cosa che tuttavia (per fortuna) non è, visto che l’uso anche commerciale di queste ultime rimane lecito. Non ci resta dunque che vedere quali saranno i ragionamenti e le posizioni della giurisprudenza alla luce della contraddizione evidenziata dalla campagna Open to Meraviglia nei prossimi giudizi, che certamente non tarderanno.

Avv. Emanuele Sacchetto
Andersen Italia

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Emanuele Sacchetto

Emanuele Sacchetto

Emanuele Sacchetto è un avvocato specializzato in diritto dell’arte, media e della proprietà intellettuale e svolge attività di assistenza legale, stragiudiziale e giudiziale, in particolare per gallerie, collezionisti privati, musei, archivi e fondazioni. Collabora attualmente con lo studio internazionale Andersen…

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