Da storytelling a storyliving. Come cambia il rapporto tra Gen Z e web
Le tecnologie immersive stanno emergendo come una forza potente, aprendo per la Gen Z nuovi orizzonti di esplorazione. Che passano dal desiderio di sentirsi direttamente coinvolti nella creazione di esperienze condivise
La Generazione Z è cresciuta nell’epoca dell’informazione digitale, dove le storie si svelano attraverso schermi e piattaforme virtuali. Tra le diverse modalità di narrazione digitale, il concetto di “storyliving” sta emergendo come un modo unico e coinvolgente, e connette fortemente questa generazione alle narrazioni immersive.
Il fenomeno dello storyliving
I giovani consumatori sentono l’esigenza di aprire un dialogo trasparente e costruttivo con i brand e le esperienze connesse. Quando si parla di relazione con i brand, la Gen Z vuole essere attivamente coinvolta nella storia, al fine di sentirsi parte di un progetto più grande, che va oltre al semplice gesto dell’acquisto.
Quindi non basta più creare semplicemente un buon storytelling, bisogna trascinare le persone nella storia del brand, dare vita a una community e coinvolgere le giovani generazioni in una logica di co-design, permettendogli di costruire la storia e anche i prodotti di un’azienda.
Il termine “storyliving” sottolinea appunto l’idea che i membri della Gen Z non solo ascoltano, ma vivono le esperienze attraverso le piattaforme digitali e le tecnologie immersive.
In una nuova avventura in The Sandbox, ad esempio, gli utenti possono godere di un’esperienza immersiva che dimostra come l’eredità del Piccolo Principe, che oggi compie 80 anni, possa evolversi attraverso lo storytelling immersivo. Sulla piattaforma è infatti possibile immergersi in un’avventura coinvolgente con Il Piccolo Principe, utilizzando avatar NFT appositamente progettati.
Mentre in occasione di Nike Airphoria, i giocatori hanno esplorato la città alla ricerca di cimeli nascosti di Air Max in una caccia al tesoro, indossando le nuove skins Airie e Max Maxximo.
I membri della Gen Z potranno sempre più immergersi in mondi virtuali, interagire con personaggi digitali e persino influenzare lo sviluppo della narrazione attraverso le proprie decisioni.
Connettività, identità digitale e Web3
Per la Gen Z, il concetto di storyliving è parte integrante dell’identità digitale. Attraverso le piattaforme social immersive e di gaming, i giovani condividono momenti, pensieri e storie con i loro coetanei e con una platea globale. Questa condivisione di storie contribuisce alla formazione delle relazioni sociali e alla creazione di legami digitali, permettendo loro di esprimere sé stessi in modi nuovi e creativi.
Il Web3 gioca un ruolo cruciale in questo nuovo momento antropologico, permettendo alle giovani generazioni di essere persone attive nella community, di creare progetti e prodotti per brand di cui condividono l’assetto valoriale, di interscambiare beni proprietari attraverso gli NFTs.
Bacardi, ad esempio, ha supportato le voci sotto rappresentate nell’industria musicale, favorendo gli artisti emergenti nella creazione di brani, successivamente diventati NFT, per poi metterli all’asta su Sturdy Exchange. I ricavi sono stati divisi tra gli autori e i fan possessori di NFT.
Il potere della community. La decentralizzazione del Web3
Uno dei concetti centrali del Web3 è la decentralizzazione: l’utente di Internet è responsabile dei propri dati e contenuti e il recupero delle informazioni diventa efficiente, più veloce e adattabile, migliorando l’esperienza complessiva. Ogni individuo può determinare chi ha accesso alle sue informazioni e specificare quali azioni possono essere compiute con esse.
D’altro canto, queste innovazioni in materia di privacy e sicurezza riducono il potere di qualsiasi entità o autorità nel controllo o nella regolamentazione di Internet. In altre parole, i principali colossi tecnologici, come Meta e Google, perdono il monopolio sulle grandi quantità di dati raccolti all’interno dei loro enormi database, poiché la decentralizzazione disperde la proprietà dei dati tra una moltitudine di partecipanti. Questo è particolarmente significativo per la Gen Z, che ha una crescente consapevolezza dell’importanza della privacy e della proprietà dei dati. Una dinamica che innesca un senso di appartenenza, passaggio cruciale per il successo del Web3, che permette di portare la creazione attiva del contenuto UGC, “User Generated Content”, all’interno di una nuova dimensione: la community.
Questo contesto favorirà la definizione di consumatori consapevoli, attenti alle questioni etiche e valoriali, di trasparenza, di sostenibilità ed inclusione.
Etica e responsabilità nel Web3
Nonostante le opportunità offerte dal Web3, ci sono sfide da affrontare. Generare esperienze sempre più responsabili a livello di contenuti e obiettivi diventa fondamentale per conquistare le giovani community fortemente legate a valori di etica e sostenibilità. In questi termini, molte sono le esperienze che i brand stanno sviluppando in ambito for good, per promuovere accessibilità e inclusività all’interno del Web3.
Fondazione Lacoste e Sport dans la Ville, ad esempio, hanno costruito un vero campo da tennis progettato con un contest coinvolgendo i giocatori di Minecraft, per promuovere la crescita personale dei giovani svantaggiati. Mentre Clinique ha progettato la sua prima collezione di trucco NFT per creare uno spazio che promuova l’inclusione e la diversità.
Il Web3 sta quindi dando vita a economie digitali decentralizzate, in cui gli utenti possono partecipare attivamente alla creazione di piattaforme, community e contenuti. Un’ottima opportunità per la Gen Z che potrà sempre di più contribuire a progetti open-source anche brandizzati, con la possibilità di investimento diretto nell’ecosistema del brand.
Elisabetta Rotolo
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