L’amichettismo, lo spoil system e la tendenza dell’Italia a non essere contemporanea
Mentre infuriano i dibattiti a destra e a sinistra sulle nomine politiche, il mondo dell’arte resta a guardare. E dall’alto calano rimasticazioni del Rinascimento, del made in Italy e del patrimonio culturale che non fanno altro che bloccare la nascita di idee nuove
L’altra sera nel salotto televisivo di Nicola Porro la, o il, Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto dire una parola chiara e definitiva: “L’Italia è una Nazione nella quale vige l’amichettismo, ci sono circoli di amichettisti e c’è un indotto. Ma quel tempo è finito, come è finito il tempo in cui, per arrivare da qualche parte, dovevi avere la tessera di partito. Le carte ora le do io, o meglio le danno gli italiani. Questo è il tempo del merito”.
L’amichettismo in Italia
Peccato, come nella migliore tradizione nostrana, gli amici – o amichetti – degli altri non vanno bene, mentre i propri sì. Lo ha scritto bene Dagospia: “Altro che antropologicamente diversi! Sinistri e destri sono ugualmente identici: amichettismo, appartenenza, parentopoli e, più in generale, cooptazione del peggiore, come i baroni universitari italiani fanno da decenni (qualcuno ha sentito il Governo Meloni voler mettere fine a questo vergognoso andazzo del nostro Paese?). Differenze si riscontrano solo nel numero di amici (un parco buoi più ampio a sinistra), pedigree (a sinistra dominano ex nobili e alta borghesia global mentre, a destra, anche underdog o self-made-man) mentre paiono parimenti rappresentati massoni e lobbisti e parimenti spariti i cattolici.”
L’aspetto più sorprendente di ciò che sta accadendo in questi giorni, già riscontrato in passato ma mai forse in questa misura e su questa scala, è la reazione dei defenestrati di turno: gridano infatti tutti allo scandalo perché sono stati cacciati, non ricordando che anche loro erano stati nominati dalla politica, esattamente come i “brutti sporchi e cattivi” che accusano ora. Sorprendente, no?
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Il problema del metodo in Italia
E questo è un altro tratto fondamentale, basilare anzi, del carattere italico: la formidabile capacità di ignorare completamente la correttezza (o la scorrettezza, se è per questo) di una procedura, a prescindere dall’interesse personale o dalla propria condizione. Cioè: se riguarda e favorisce me va bene, se mi sfavorisce e mi penalizza è una vergogna. Appunto: gli amici e gli amichetti degli altri non vanno bene, i propri sì.
Ora, solo per cominciare ad orientarci, occorre risalire brevemente alla definizione di “amichettismo”, termine obiettivamente meraviglioso, evocativo e calzante, ad opera del giornalista Fulvio Abbate: “L’amichettismo racconta un insieme chiuso di relazioni. Per lo più interessate. Un progetto d’ambizione decisamente professionale, l’affetto appare secondario (…). Il pensiero del singolo, dell’individuo, della persona stessa si ritrova così sostanzialmente negato, cancellato; assente è ogni vera libertà, in definitiva siamo nel dominio del conformismo.”
Come sempre, a questo punto, si dirà: e che c’entra questo con l’arte contemporanea?
L’amichettismo nell’arte contemporanea
Ora, al di là del fatto ovvio che il nostro settore culturale è uno di quelli in assoluto più infestato dall’amichettismo, tra circoli, circolini e guerre per bande per lo più inutili e inutilmente dispendiose (ma non è proprio di questo che voglio occuparmi), l’aspetto secondo me più affascinante risiede in un contrasto così ovvio e pervasivo da riuscire facilmente a nascondersi nelle pieghe degli eventi e delle liti. Anche il dotto dibattito di questi giorni sulle pagine del “Foglio” tra il direttore Claudio Cerasa, il ministro Gennaro Sangiuliano e altri sull’egemonia culturale nel e del nostro Paese, su egemonia di destra e di sinistra, ecc. non mi pare lo abbia finora sfiorato.
Proprio quell’“insieme chiuso di relazioni” in cui vive asserragliato ormai da decenni il nostro mondo costituisce l’ostacolo principale all’elaborazione di un ‘contemporaneo’ all’altezza dei tempi – oscuri ma interessanti – che stiamo vivendo. Le incrostazioni e gli automatismi, così come la coltivazione del conformismo di cui parlava Abate come nucleo fondante dell’amichettismo (che si accompagna immancabilmente a una certa pavidità nell’affrontare le questioni scottanti del presente…) decisamente non sono a favore di ciò che oggi ci serve come il pane, mentre il mondo va a scatafascio alla velocità della luce: idee nuove. E, per queste, a poco ci servono onestamente tutti i discorsi un po’ fumosi sul made in Italy e le rimasticazioni del Rinascimento e delle nostre bellezze ‘patrimoniali’, da sfruttare magari con il turismo…
Le idee veramente nuove nascono dove meno te lo aspetti, non sono frutto né conseguenza dello spoil system. Il rischio è di non riconoscerle in tempo, o di non riconoscerle affatto, troppo incancreniti nei riti del sistemino.
Il contemporaneo, un contemporaneo che si rispetti e non uno finto e inautentico, viene fuori da una gestione del tempo (che vuol dire: relazione non passiva con il tempo) in grado di costruire un futuro che finalmente non sia la copia degradata, scadente del passato, e che soprattutto non sia il risultato di una rinuncia: tutte cose di cui l’amichettismo italiano è un sincero nemico.
Christian Caliandro
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Christian Caliandro
Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…