Villa Sciarra diventa proprietà del Comune di Roma: ora (l’atteso) restauro. Tutta la storia
Dai Barberini agli Sciarra, fino al facoltoso diplomatico americano George Wurts, che trasforma la villa all’inizio del Novecento, per presentarsi come novello “principe rinascimentale”. Sorta nell’area degli antichi Horti di Cesare, Villa Sciarra è un patrimonio da riscoprire: 11 milioni di euro per rilanciarla
Chi si trovi a passeggiare oggi sui sentieri di Villa Sciarra, parco pubblico capitolino alle pendici del Gianicolo, nel quartiere di Monteverde, ha modo di apprezzare solo in minima parte la storia di un luogo che ha attraversato i secoli tra illustri passaggi di proprietà, subendo numerosi rimaneggiamenti e riunendo manufatti architettonici e testimonianze storico-artistiche di pregio.
11 milioni di euro per Villa Sciarra, ora proprietà del Comune di Roma
Lo stato di abbandono in cui versa la Villa da anni – tra atti vandalici e degrado – ha finito per offuscarne la bellezza, sebbene nel 2021 fosse stato già approvato un programma di valorizzazione per riportarla agli antichi fasti, che finora non ha avuto seguito. Nel 2022, la svolta, con la delibera della giunta capitolina per destinare parte dei fondi legati al PNRR – oltre 11 milioni di euro – al finanziamento di un articolato cantiere di restauro di Villa Sciarra. Solo ora, però, si completa l’iter burocratico che consentirà l’avvio dei lavori, con il passaggio di proprietà della Villa dall’Agenzia del demanio al Comune di Roma; l’acquisizione del bene al patrimonio della città avviene a titolo gratuito, e permetterà di procedere con le attività di manutenzione, restauro (dopo la precedente campagna condotta tra il 2004 e il 2005) e valorizzazione già pianificate, come “la ristrutturazione funzionale degli edifici storici, delle fontane, delle statue e degli elementi decorativi, oltre a un programma di riqualificazione del patrimonio verde della villa finanziato con più di 2 milioni di euro”, spiega l’assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi. Direttamente coinvolti anche gli assessori Miguel Gotor (alla Cultura) – “il programma di valorizzazione che è stato messo a punto ci permetterà di fare di un luogo molto importante per la storia della Capitale lo scenario di nuovi e importanti eventi culturali cittadini” – e Tobia Zevi (al Patrimonio), che parla di “un passo importante per riportare Villa Sciarra, una delle più antiche di Roma, all’antico splendore”. Un percorso che si protrarrà nell’arco del prossimo decennio, e si inquadra nell’ambito del rinnovato interessamento dell’amministrazione capitolina per il recupero del patrimonio verde di Roma, come dimostrano la recente riapertura del Casale dei Cedrati a Villa Pamphili e il progetto di riqualificazione del Casale della Vaccareccia alla Caffarella.
La storia di Villa Sciarra. Le origini
La storia di Villa Sciarra, estesa per sette ettari e mezzo situata sulle pendici del colle Gianicolo tra i quartieri di Trastevere e Monteverde Vecchio, inizia – nella forma di villa urbana – nel XVII Secolo, quando la costruzione delle Mura Gianicolensi (cui oggi risulta addossata) promossa da papa Urbano VIII valorizzò la proprietà che già nel Quattrocento aveva iniziato a prendere forma con la realizzazione di un primo edificio nella vigna afferente alla chiesa di Santa Maria ad Martyres. Nel 1575, monsignor Innocenzo Malvasia aveva acquistato il terreno per edificarvi un casino a due piani con loggia; nel 1614 la proprietà era nuovamente passata di mano, a favore di Gaspare Rivaldi, appaltatore delle Dogane Pontificie. Nel 1653, dopo la costruzione delle mura, fu Antonio Barberini a rilevare il fondo, ristrutturando l’edificio e il parco circostante. Ma fin dall’antichità l’area era stata occupata da orti e giardini, parte della zona dei cosiddetti Horti Caesaris, dove leggenda vuole che Giulio Cesare avesse ospitato Cleopatra durante il suo soggiorno romano. A quel periodo risale il santuario delle divinità siriache scoperto nel 1906, i cui ruderi si scoprono oggi passeggiando nella Villa, il cui nome – Sciarra – è invece settecentesco: nel 1746, la proprietà passò infatti a Cornelia Costanza Barberini, moglie di Giulio Cesare Colonna di Sciarra.
L’Ottocento a Villa Sciarra a Roma
Nel passaggio tra XVIII e XIX secolo, l’estensione del lotto era cresciuta a occupare tutta l’area del Gianicolo e di Monteverde compresa tra mura Gianicolensi e Aureliane; solo qualche decennio più tardi, nel 1849, la Villa, campo di battaglia dei garibaldini contrapposti ai francesi guidati dal generale Oudinot durante la II Repubblica Romana, subì ingenti danni. Ma le sfortune non erano finite: le speculazioni finanziarie avventate del Principe Maffeo II Sciarra lo costrinsero a cedere il suo patrimonio. Solo una piccola parte della Villa, corrispondente al perimetro odierno, rimase agli Sciarra, poi ceduta nel 1896, fino a trovare, dopo diversi passaggi, un acquirente solido come il facoltoso diplomatico americano George Wurts (ricchissima era anche la sua seconda moglie, Henriette Tower, figlia di un magnate delle miniere di carbone). Appassionato d’arte e grande collezionista, Wurts – dapprima residente in Palazzo Antici Mattei – è protagonista della mondanità romana tra XIX e XX secolo, ma ambisce, come Henriette, ad acquisire una “patente” di nobiltà. Così, novello “principe rinascimentale”, trasforma Villa Sciarra ristrutturando la palazzina – in stile “neorinascimentale”, per l’appunto – e ridisegnando il giardino.
George Wurts a Villa Sciarra, tra statue e pavoni
E se nell’appartamento trovarono spazio gran parte dei “pezzi” della collezione d’arte, devota soprattutto allo stile orientalista, nella Villa, utilizzata dalla coppia come sede di ricevimenti estivi, furono collocate numerose statue in arenaria e fontane settecentesche provenienti da una dimora lombarda di proprietà dei Visconti, il Castello Visconti di Brignano Gera d’Adda, caduto in rovina e venduto all’asta nel 1898. A questa fase sono riconducibili la Fontana dei Faunetti e quella dei Fauni (che reca traccia dello stemma Visconti), la Fontana del Biscione e quella dei Vizi. Ma ai coniugi Wurts si deve anche la sistemazione dell’Esedra Arborea con le statue dei dodici Mesi, intervallate da siepi di bosso e piante di alloro. Al gusto per l’esotico dell’epoca si devono invece gli innesti nel giardino di palme, ginko biloba, cedri (nonché pavoni bianchi che scorrazzavano nel parco: resta l’uccelliera in ferro adibita all’allevamento). Nel 1910 fu edificato anche il Castelletto in stile neogotico ancora visibile. Due anni dopo la morte di Wurts (nel 1928), Henriette donò Villa Sciarra allo Stato italiano, con la clausola che fosse destinata a parco pubblico: fu Benito Mussolini a inaugurarlo, come “dono ai romani”. La palazzina già Casino Barberini, rimodernata dagli architetti Calza Bini e De Renzi, divenne nel 1932 sede dell’Istituto Italiano di Studi Germanici ed è ancora coronata da cinque statue settecentesche e da una torretta panoramica.
Livia Montagnoli
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