Prima imbrattato di rosso con una bomboletta spray e poi squarciato da un taglierino: il ritratto di Lord Arthur Balfour(1848 – 1930), realizzato nel 1914 da Philip Alexius de László e conservato al Trinity College di Cambridge, è stato distrutto dagli attivisti di Palestine Action. Lord Balfour, infatti, quale esponente del Partito Conservatore fu primo ministro del Regno Unito dal 1902 al 1905 e nel 1917 con la dichiarazione “Balfour” sostenne la creazione di uno stato ebraico in Palestina. La dichiarazione, una lettera scritta al principale esponente della comunità ebraica in Inghilterra Lord Rothschild, affermava l’appoggio da parte del governo britannico affinché venisse creata una “dimora nazionale per il popolo ebraico” in Palestina (che in quegli anni apparteneva all’Impero ottomano) nel rispetto dei diritti delle minoranze residenti. Questa – oggi conservata alla British Library –, divenne documento ufficiale quando nel 1920 con il trattato di Sèvres fu stabilita la fine delle ostilità con la Turchia e la Palestina assegnata al Regno Unito.
La dichiarazione degli attivisti di Palestine Action
Dall’account Instagram ufficiale di Palestine Action (@pal_action), con cui è stato diffuso il video dell’azione contro il quadro di Lord Balfour, si legge: “Scritta nel 1917, la dichiarazione di Balfour ha dato inizio alla pulizia etnica della Palestina promettendo di cedere la terra al popolo ebraico, senza che i britannici avessero il diritto di farlo. Dopo la dichiarazione, e fino al 1948, sempre i britannici hanno bruciato i villaggi indigeni per liberare la strada, comportando arresti, torture, violenze sessuali e omicidi. I britannici hanno aperto la strada alla Nakba e addestrato la milizia sionista a pulire etnicamente oltre 750.000 palestinesi, distruggere oltre 500 villaggi e massacrare molte famiglie. La Nakba non si è mai fermata e il genocidio oggi è radicato e supportato dalla complicità britannica. Ora, Elbit Systems, il più grande produttore di armi di Israele, utilizza la Gran Bretagna come avamposto manifatturiero per costruire armi che vengono ‘testate sul campo’ sui palestinesi”.
Caterina Angelucci
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