Verso la Città delle Arti di Roma: la rigenerazione dell’Ex-Mattatoio di Testaccio
Progettato e realizzato tra il 1888 e il 1891 da Gioacchino Ersoch, venne dismesso quasi cinquant’anni fa. In seguito al dibattito sulla sua rifunzionalizzazione, è stato scelto per ospitare la Città delle Arti di Roma. Ripercorriamo l’intera vicenda, con un focus sul cantiere in progress
A Roma nella primavera del 2024 svetta la gru del cantiere dell’Ex-Mattatoio di Testaccio per il recupero e la ristrutturazione dei padiglioni 14, 15b, 15c, 16, 24 e 25. Sono stati concessi all’Università degli Studi Roma Tre per vent’anni da una delibera comunale del 2022, che rinnova quelli già destinati ad Architettura. I lavori in programma fino al 2028 sono un’occasione per riflettere sul complesso progettato da Gioacchino Ersoch, trasformato in cento anni da macello a distretto per l’arte e l’alta formazione culturale. L’Università è al centro della Città delle Arti e come sottolinea il Direttore di Architettura, Giovanni Longobardi, “questi spazi sono un punto di forza, per natura appropriati alla socializzazione e al lavoro collaborativo dell’architettura. Gli spazi comuni appartengono a tutti gli effetti allo spazio pubblico urbano”.
Il cantiere dell’Università Roma Tre all’Ex-Mattatoio di Testaccio
Avviato negli Anni Novanta, secondo Longobardi il programma di recupero dei padiglioni avvicina gli studenti alla poetica della rovina e del cantiere con il progetto “Cantiere in vetrina”. Il Mattatoio è oggetto di studio e impegno civile dei docenti tramite, ad esempio, Francesco Careri del collettivo Stalker e dal 2013 con il progetto Archivio Urbano Testaccio, a cura di Francesca Romana Stabile e Laura Farroni, ospitato nella sede della Biblioteca di Area delle Arti, che si ricollocherà negli Ex-Frigoriferi vicino al mercato rionale. Francesco Damiani, RUP per le fasi di progettazione ed esecuzione dei lavori per l’Ateneo di Roma Tre, spiega che la gara ha premiato nel 2023 chi ha proposto come migliorie il minimo impatto del cantiere e la qualità architettonica, garantita con la consulenza di Francesco Cellini (15b, 15c, 16), Luigi Franciosini e Cristina Casadei (14), Paolo Desideri con ABDR (24 e 25). Nei primi tre, in lavorazione, la forma delle stalle ha permesso la doppia altezza e l’apertura longitudinale, aumentando il comfort degli spazi per uffici e ricerca. Maggiore libertà compositiva deriva dal provvedimento di tutela del 2012, che ha escluso il padiglione 14 dal vincolo del 1988.
Dal Mattatoio alla Città delle Arti di Roma tra previsioni e innovazioni
Nel frattempo, conferenze, mostre, performance, fiere, attività didattiche e sociali sono regolari ma in larga parte effimere, invisibili o intermittenti. Il Macro, la Pelanda e i Rimessini (sistemati per la ristorazione ma ancora chiusi) sono solo alcune delle realtà promosse da Azienda Speciale Palaexpo con il logo “Mattatoio”. Attualmente è in corso l’ampliamento dell’Accademia di Belle Arti e il Centro per la Fotografia sarà visitabile dal 2025. Per Francesca Romana Stabile il Mattatoio è luogo d’innovazione: “Il progetto di Ersoch è stato un modello europeo. La vocazione pensata da Nicolini quando lo ha aperto per l’Estate Romana è confermata alle soglie del Duemila dalla Giunta Rutelli, restituendo alla città un polo culturale.” La configurazione funzionale colloca l’Università nel “Piano di utilizzazione dell’Ex Mattatoio di Testaccio”, derivato dagli accordi di programma del Progetto Urbano “Ostiense-Marconi” (1999-2000). Nell’area ex-industriale tra i Municipi I e VIII la Città delle Arti al Mattatoio la Città delle Arti fa coppia con la Città dei Giovani agli Ex-Mercati Generali, arenata dopo la gloria dell’aggiudicazione del progetto di Koolhaas nel 2004. Conteso tra narrazioni e interessi immobiliari, dalla chiusura nel 1975 il Mattatoio è stata una città ospitale per dimensioni (106.664 mq) e carattere: monumentale ma generico; legato al rione; capace di auto-organizzarsi. I cantieri circondano la Scuola Popolare di Musica di Testaccio, il Villaggio Globale, il Centro Anziani Testaccio, la Città dell’Altra Economia (poi Città delle Arti Applicate), il Centro culturale kurdo Ararat. L’attivazione economica e ideologica per la costruzione di valore e di un interesse pubblico è merito della lungimiranza di questa cultura urbana diffusa che ha abitato la dismissione.
Uno spazio pubblico ridondante e prezioso per la Capitale
L’asse pedonale che collega via Galvani a Ponte Testaccio ha tardato ad aprire e oggi si percorre passivamente tra recinzioni disorientanti. L’evoluzione dell’immaginario del Mattatoio è coerente con la struttura: lo stabilimento di mattazione a nord – omogeneo e regimentato; il Campo Boario a sud – piazza di mercato di 30.000 mq. I giovani hanno una relazione quotidiana con il secondo, dal 1990 luogo musica e solidarietà grazie al Villaggio Globale, storico centro sociale oggi luogo di ricerca, formazione, archivio e produzione artistica. Pensando alla fine dei lavori, nel 2028, il RUP dell’Ateneo Francesco Damiani sottolinea che “i manufatti riprenderanno a vivere non solo per le funzioni ma in virtù della vitalità di spazi pubblici fortemente integrati. Il rapporto tra esterno e interno è sottovalutato ma si arriverà al collegamento con il Campo Boario. È nel tessuto connettivo che rinascerà questo luogo ma servono risorse e l’occasione si è aperta solo negli ultimi anni.” L’Associazione studentesca ArchA dal 2018 si impegna nel Dipartimento di Architettura per progettare inclusivamente e rimuovere le discriminazioni. Per la qualità di vita della comunità universitaria è strategico il Mattatoio, che secondo Dario Boncoraglio e Federico Marchese “si conferma un luogo dal valore unico a Roma: sicuro, identitario, catalizzatore di creatività. L’associazione contrasta la gentrificazione, nociva per le comunità che abitano il grande polo culturale di Testaccio.” Considerare un bene irrinunciabile la ridondanza di questa preziosa dotazione di spazi pubblici consentirà all’amministrazione di sostenere la polivalenza della Città delle Arti senza la retorica della “bonifica”.
Martina Pietropaoli
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