Ciò che Carlo Calenda non ha capito è che, è vero, la battaglia fondamentale della politica contemporanea (anche in Italia) si combatte al centro – ma a combatterla sono gli ‘estremisti’, non i ‘centristi’. Forse, l’eterno aspirante leader non ha mai letto Joan Didion e le sue Political Fictions(2001).
Arte e politica: la storia dell’attore Ronald Reagan
Questo processo è partito infatti negli Stati Uniti tra fine anni Settanta e primi anni Ottanta, naturalmente con Ronald Reagan. Non è secondario il fatto che sia stato un attore hollywoodiano di seconda fila ad interpretare il ruolo di protagonista in questa avvincente trasformazione del funzionamento interno del sistema politico occidentale. Ci voleva un notevole e coltivato talento per tenere le fila di un discorso altamente disfunzionale dal punto di vista logico, ma molto efficace da quello narrativo e spettacolare.
Per conquistare e tenere il fantomatico “centro”, infatti, occorre essere in grado di blandire e dominare almeno uno dei due estremi (i quali, come è ovvio, sono perfettamente speculari e complementari) dello spettro politico. Questo richiede la capacità, e la faccia tosta, di recitare più ruoli in commedia: cioè di pronunciare affermazioni anche contradditorie, di sostenere di volta in volta posizioni che si elidono a vicenda. Questo perché – come Calenda non ha ancora capito, o si rifiuta di capire – nella politica americana, e poi anche in quella europea, dell’ultimo quarantennio “fatti” e “dichiarazioni”svaniscono alla velocità della luce; sono anzi costruiti e riprodotti per essere consumati immediatamente, senza lasciare alcuna traccia. Quindi il politico, o il partito, non devono affatto preoccuparsi dell’incoerenza del proprio ragionamento, o dell’inconsistenza della propria visione.
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La politica secondo Joan Didion
Didion spiega molto bene questo meccanismo, poco dopo il suo primo apparire: “(…) gli eventi successivi alle elezioni del 2000 andavano oltre l’ennesima espressione di risentimento popolare mirato a promuovere l’uno o l’altro elemento all’interno del sistema politico. I democratici avevano perso (…) perché il messaggio ‘populista’ dei loro candidati non era arrivato all’elettore democratico medio, che era ‘benestante, istruito, aperto, suburbano, connesso, e moderato’. Che gli stessi aggettivi descrivessero l’elettore repubblicano era proprio il punto (…): la ‘vera storia’ della campagna elettorale del 2000 era che repubblicani e democratici erano arrivati ‘pari’ e che ora potevano spartirsi l’elettorato restante, gli ‘americani della media e alta borghesia’” (J. Didion, Finzioni politiche, Il Saggiatore 2020, p. 20).
Se dunque la politica degli ultimi quarant’anni è un copione che viene scritto giorno per giorno, con al centro un protagonista per cui tifare (o non tifare), è chiaro che il programma, la visione a medio-lungo termine è un elemento che scompare in lontananza. Tutte le discussioni, tutte le polemiche, tutte le liti servono a tenere occupati i media, e quindi l’attenzione del pubblico di spettatori (non cittadini).
Il situazionismo nella politica Occidentale
Senza necessariamente scomodare Guy Debord, è abbastanza chiaro che il giochino a chi la spara più grossa, nell’Occidente postmoderno e post-postmoderno, vive in una dimensione temporale senza passato, senza storia (tranne quella aneddotica e ipersemplificata, buona per essere trasformata in comodo set, location, sfondo per una fotografia o un discorso non troppo impegnativo), dunque senza neanche storia futura. Storia a venire. La riduzione è la regola fondamentale.
Questo aspetto ci serve anche a spiegare, come abbiamo più volte accennato, come funziona l’opera d’arte contemporanea. Che non ha più bisogno della storia dell’arte, recente o lontana, se non magari quando essa è utile a validarla, a confermarne l’importanza e il valore (: per esempio, quando l’opera deve posizionarsi in modo stucchevole nel museo, simulando un “confronto”, una “relazione” che sono tali quasi sempre solo nei comunicati stampa…).
Arte e politica: siamo su un set?
Così il Rinascimento, il Barocco, l’espressionismo, l’espressionismo astratto, l’arte classica o egizia assumono, anche in questo caso, il ruolo di set vagamente “storico”, in cui inserire l’opera di oggi. Ciò che non ha alcun senso all’interno di una categoria, intesa come sistema di riferimento e di connessioni concettuali (per es., la storia dell’arte contemporanea) ne assume uno all’interno di un’altra categoria (lo spettacolo, inteso a sua volta come estensione del mercato). Tutti gli equivoci e le ambiguità derivano dalla confusione – consapevole o inconsapevole, volontaria o involontaria – tra queste categorie.
Christian Caliandro
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Christian Caliandro
Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…