Ritratto di signora. Un racconto metaforico per parlare di un Paese in decadenza
La storia di una donna bella, ambiziosa, giovane, vincente, colta che affronta da sola personaggi rapaci, senza scrupoli, superficiali e un’ondata di finto dinamismo che fa fuggire anche i figli all’estero. Il finale spezza il cuore, e vi svela di chi si tratta
Quando si guarda nelle grandi specchiere dei suoi saloni, coglie un velo di tristezza nei suoi occhi rassegnati. Sessant’anni fa era bella, ambiziosa, giovane e vincente: la sua grande e sontuosa casa era frequentata da artisti, scienziati, poeti, scrittori, imprenditori, industriali, cantanti, registi, attori che con talento, coraggio e passione avevano conquistato il mondo. Durante pranzi e cene si confrontavano, discutevano, si divertivano con una vena di allegria contagiosa, e lei era fiera di ospitare personaggi di quel calibro, che si aggiravano tra gli splendori del palazzo, colmo di capolavori inestimabili, capaci di ispirare le acute e brillanti menti degli ospiti.
Ritratto di signora: tutto cambia
Tutto era impeccabile, senza ombra di difetti o disattenzioni, e la vita scorreva a gonfie vele, anche grazie all’oculatezza del condominio, governato da amministratori maturi, colti, saggi e avveduti. Poi, lentamente, le cose avevano iniziato a cambiare, proprio dal condominio. Erano arrivati amministratori rampanti, incolti, superficiali, e un’ondata di finto dinamismo serpeggiava nell’edificio. Spese folli per rifare l’androne, poi lo scala, infine la facciata, voluta dal più rampante e ambizioso di tutti, che si diceva avesse una quantità di amanti improponibile, nonostante il suo aspetto non proprio da play boy. Aveva addirittura preteso che nel salotto della signora fossero invitati nuovi ospiti: calciatori, soubrette, ballerine e molti divi della televisione, ormai onnipresente nella vita delle persone, che si divertivano come matti a guardare un singolare programma chiamato Indietro tutta. Nessuno più discuteva o si confrontava, ma durante i ricevimenti, affollati dai nuovi ospiti, si guardava la televisione tutti insieme, con una spiccata preferenza per le partite di calcio e i varietà, che tanto piacevano all’amministratore. All’inizio lei era sorpresa del nuovo scenario, poi aveva alzato le spalle e si era adattata al nuovo corso, incoraggiata da qualche complimento degli ospiti, che lodavano la sua chioma bionda e le sue toilette, dai colori squillanti e audaci, con qualche spacco in più.
Ritratto di signora: la decadenza
Purtroppo, come sappiamo, il bel gioco dura poco: i debiti contratti dal condominio si erano fatti presto quasi insostenibili, e quindi le cene si erano diradate, le specchiere appannate, le poltrone rattoppate. Ma soprattutto, erano scomparsi gli ospiti stranieri, ai quali l’amministratore rampante, dai modi disinvolti, non piaceva per nulla: avevano iniziato a declinare i suoi inviti e poi non si erano fatti più vedere. Con gli anni i lavori del palazzo, costati cifre invereconde, avevano rivelato molti difetti, dovuti all’inesperienza degli operai, ed erano comparse vistose crepe sulla scala, nell’androne e sulla facciata. Così, le fertili economie del passato si erano sempre più affievolite, e per sbarcare il lunario la signora era stata costretta ad affittare parti sempre più grandi dell’appartamento, dove circolavano turisti di bassa lega, attirati dall’antico splendore dell’edificio, amministrato da personaggi sempre più improbabili fino all’ultima, una giovane donna dai modi bruschi e determinati. Nel frattempo, la casa aveva perso il suo fascino, e le ragnatele attraversavano molti angoli degli unici due salotti rimasti a lei, dove il pomeriggio prendeva il tè versato in tazze di porcellana tutte sbeccate, pallido ricordo del tempo che fu. Come se non bastasse, nelle strade che circondavano il suo palazzo, affacciato sul mare, erano comparse persone dalla pelle scura, che si dice venissero proprio dal mare. Lei non ne sapeva quasi nulla, ma una vicina le aveva detto di chiudere le finestre di notte, perché in un paese al di là del mare era scoppiata una guerra sanguinosa e terribile. La sera, prima di coricarsi in un letto a baldacchino dalle tende rammendate, notava che i recenti ritocchi al suo viso non avevano sortito l’effetto sperato: le labbra erano troppo gonfie, le guance avevano un colore pallido e poco naturale, mentre alla base del collo era comparso un reticolo di rughe. Ormai poca gente veniva a farle visita, anche perché il clima in città si era fatto pesante, dopo quel morbo che aveva costretto le persone a barricarsi in casa.
Ritratto di signora: i figli, il domani, la vecchiaia
A differenza di un tempo, il domani le faceva paura, si sentiva anziana e inutile davanti ad un mondo diverso e troppo complesso, dominato da tecnologie avanzate alle quali non aveva pensato di adeguarsi per tempo. Del resto, i suoi due figli erano andati a studiare all’estero, e venivano a trovarla per le feste comandate: in quella casa si sentiva sola, ogni settimana constatava i danni fatti dai suoi inquilini agli affreschi, agli stucchi, ai marmi. Non aveva più i soldi per farli restaurare, e assisteva impotente alla lenta ma inesorabile distruzione del suo appartamento, che solo mezzo secolo prima era frequentato dalle migliori menti dell’epoca. Sospirò, si asciugò una lacrima che le sgorgava dall’occhio destro, e scrisse il suo nome per incollarlo al campanello del citofono, per impedire che gli inquilini in arrivo non si perdessero: Italia.
Ludovico Pratesi
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