Imbarazzo su imbarazzo: Lorenzo Marini compra pagine pubblicitarie per auto-promuovere la sua installazione alla GNAM
Mercoledì è apparsa sul Corriere della Sera una pagina pubblicitaria acquistata da Lorenzo Marini per divulgare la sua opera alla GNAM durante la mostra del Futurismo
Il singolare rapporto tra Lorenzo Marini e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna è, tra le tante anomalie attorno la mostra del Futurismo a Roma, forse quella più folkloristica e surreale.
Lorenzo Marini, l’artista che ama auto-promuoversi comprando pagine pubblicitarie
Abbiamo commentato il nuovo logo del museo realizzato da Marini, abbiamo commentato il fatto assai bizzarro che oltre a realizzare il logo del museo Marini sia anche protagonista della mostra con una grande installazione, ora siamo a commentare una pagina pubblicitaria.
Marini non è nuovo, nel suo insistito tentativo di affermarsi come artista negli ultimi anni, all’acquisto di pagine pubblicitarie sui quotidiani per autopromuoversi. Si tratta di una pratica ingenua e di cattivo gusto nel settore dell’arte. Una pratica che nessun importante artista adotterebbe mai neppure sotto tortura: immaginatevi Luca Vitone, Stefano Arienti o Alfredo Pirri ad acquistare uno spazio pubblicitario per promuovere se stessi e il loro lavoro. Semplicemente non si fa, non si usa, è sinonimo di sciatteria e squallore. Nel mondo dell’arte la promozione degli artisti è mediata (da gallerie, musei, fondazioni), non ci si può comprare promozione per conto proprio altrimenti si dimostra solo di avere soldi ma di non avere alcuno spessore artistico.
La pagina pubblicitaria di Marini coi loghi del Ministero, della GNAM e col testo della direttrice
Ciononostante Marini ha dimostrato di non riuscire a discernere granché tra le modalità operative del mondo della pubblicità e della comunicazione commerciale – dal quale proviene – e quelle del mondo dell’arte contemporanea nel quale vorrebbe farsi largo, ma che ha una sintassi totalmente diversa.
La nuova pagina di pubblicità di Marini è per la GNAM
La cosa curiosa è che questo atteggiamento si è ripetuto anche per l’installazione di Lorenzo Marini alla GNAM in occasione della mostra Il Tempo del Futurismo. Lo scorso 24 novembre infatti Marini ha acquistato sul Corriere della Sera un’inserzione pubblicitaria a tutta pagina per promuovere la sua installazione fatta di lettere. Non si era mai visto una scelta simile. Un artista che compra direttamente un’inserzione pubblicitaria per promozionare se stesso in quanto partecipante ad una mostra pubblica in un museo dello Stato. Si toccano vette di imbarazzo non da poco. Oltretutto la GNAM non ha approntato una campagna di inserzioni istituzionali per la mostra sul Futurismo pertanto l’unica pagina pubblicitaria uscita sulla mostra è proprio quella di Marini.
Tutti i loghi pubblici in un’inserzione privata
Ma non basta. Come si può ben vedere nell’immagine, l’inserzione (a pagina 26 e impaginata in maniera a dir poco naif) che promuove l’opera Futurpioggia è accompagnata da un testo critico (!) di Cristina Mazzantini ovvero della direttrice della Galleria Naziona d’Arte Moderna. Di più: ci sono i loghi ufficiali del Ministero della Cultura, della rete dei Musei Italiani e infine c’è il logo della stessa galleria, oltretutto disegnato proprio da Marini. Il tutto per camuffare una inserzione fatta da un privato cittadino in un’inserzione istituzionale. Ah, dimenticavamo: c’è anche il logo della mostra sul Futurismo, in barba a quanto ci diceva nei giorni scorsi il curatore Gabriele Simongini affermando che l’installazione di Lorenzo Marini non avrebbe fatto parte a pieno titolo della sua mostra. Non solo Marini fa parte della mostra, ma si sbraccia come un ossesso per farlo sapere a più persone possibile. Chissà perché lui sì e Ugo Nespolo o Marco Lodola no, considerati “troppo minori” dalla direttrice Mazzantini nei suoi colloqui con il comitato scientifico prima che venisse spazzato via.
Non funziona così
A Mazzantini e a Marini, evidentemente molto acerbi in questo settore, vorremmo far arrivare un messaggio: non funziona così. Non è questo l’approccio, il linguaggio, l’atteggiamento, la sintassi, lo stile. Raramente nel mondo dei musei nazionali italiani si era mai verificata una sequela di anomalie e volgarità come in questo caso. Il mondo dell’arte avrà mille difetti (specie in Italia), ma si è dato nel tempo delle regole e degli standard minimi di dignità e buon gusto che non possono essere cancellati in questo modo grossolano senza far vergognare tutti coloro che vi operano.
Massimiliano Tonelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati