L’Efebo d’Oro e il Convegno di Studi Pirandelliani. Agrigento Capitale forse si riprende le due manifestazioni
Due storiche, importanti manifestazioni culturali agrigentine da tempo non si svolgono più ad Agrigento. La corona di Capitale italiana della Cultura è occasione per riprendersele. Ma sono solo parole? E il ritorno a casa sarà mai definitivo?
Si prepara a un 2025 di svolta l’Efebo d’Oro, autorevole protagonista – con i suoi 46 anni – del circuito dei festival cinematografici siciliani: da quello storico di Taormina al più recente Sicilia Queer Filmfest, dal Salina Doc Fest all’Ortigia Film Fest, passando per molte altre realtà sparse sul territorio, dal 2011 riunitesi in un organo di coordinamento regionale.
Sradicato dalla natia Agrigento, l’Efebo si appresta infatti a tornare a casa. Almeno secondo piani non ufficialmente annunciati, né davvero definiti, ma già messi nero su bianco con tanto di date e location. Un’iniziativa che prova a ridestare memorie culturali importanti, profondamente radicate nel tessuto cittadino, e a ricostruire la trama di legami spezzati, logorati, mentre i riflettori si accendono sulla nuova Capitale Italiana della Cultura: l’occasione ideale. Ma con quale idea di futuro?
Le origini dell’Efebo d’Oro
Il primo titolo vincitore dell’Efebo d’Oro, dopo il trionfo a Cannes e cinque Nastri d’Argento, fu quel Borghese piccolo piccolo che Mario Monicelli nel ’77 aveva diretto, ma anche sceneggiato insieme a Vincenzo Cerami, autore dell’omonimo “bellissimo romanzo neocrepuscolare, atroce“, come lo aveva definito Pasolini: a due anni dall’uscita nelle sale giungeva per il film un premio nuovo di zecca, che proprio nel rapporto tra cinema e letteratura trovava la sua originale direzione.
L’Efebo d’Oro nasceva dunque nel 1979, per guadagnarsi un posto tanto prestigioso quanto di nicchia nel panorama dei festival cinematografici italiani. E nasceva in una Sicilia dilaniata dal potere mafioso e dalla corruzione politica, capace ogni tanto di exploit straordinari, tra indimenticabili stagioni culturali e improvvisi venti di creatività internazionale. Stagioni spesso brevi, sacrificate dall’oblio o dall’inettitudine istituzionale, destinate al declino o a brusche interruzioni. Ma per l’Efebo d’Oro la storia fu diversa. Lo inventò, ad Agrigento, il Centro di Ricerca per la Narrativa e il Cinema, locale associazione senza scopo di lucro, nata nel ’78 grazie alla passione e alla volontà di un gruppo di professionisti, studiosi, operatori dell’informazione, pronti a darsi da fare in un territorio traboccante di storia e bisognoso d’avanguardia, di ricerca contemporanea, di dibattito. La kermesse fu intitolata all’Efebo del V Secolo, statua marmorea di un kouros greco, rinvenuto nel 1897 nell’acropoli dell’antica Akragas e oggi conservato nel museo archeologico regionale di Agrigento. Un simbolo di quel fazzoletto sacro di identità millenarie e di contaminazioni culturali che è la Valle dei Templi. Scolpendo il proprio nome in questo solco che unisce attualità e patrimonio storico, il festival fu la principale creatura del nuovo Centro di Ricerca, impegnato con proiezioni, convegni, incontri, come pure nella realizzazione di una biblioteca di settore, composta da 4000 volumi e divenuta patrimonio pubblico dopo la donazione alla Biblioteca regionale Luigi Pirandello.
Quando l’Efebo si spostò a Palermo
Infinita la lista di celebrità sbarcate in terra agrigentina, nei giorni caldi del festival, tra ospiti illustri, critici, scrittori e protagonisti dei film in concorso. Tra i moltissimi vincitori: Passione d’amore di Ettore Scola (1980), Storia di Piera di Marco Ferreri (1983), Finalmente domenica! di François Truffaut (1984), Cronaca di una morte annunciata di Francesco Rosi (1987), Mery per sempre di Marco Risi (1990), Nel nome del padre di Jim Sheridan (1994), I miserabili di Claude Lelouch (1996), Trainspotting di Danny Boyle (1997), Io non ho paura di Gabriele Salvatores (2003), Vincere di Marco Bellocchio (2009), Viva la libertà di Roberto Andò (2013), fino a La Bête di Bertrand Bonello nel 2023 e a Salve Maria di Mar Coll nel 2024. Al concorso internazionale per il Miglior film, tratto da un’opera di letteratura, si aggiunsero nel 1983 due sezioni, una dedicata a opere per la “Televisione” (ribattezzata poi “Nuovi Linguaggi”) e una per la “Saggistica”, mentre sono recenti i riconoscimenti alla “Carriera”, il premio per i “Mestieri del Cinema” e infine la sezione “Prospettive”, rivolta a opere prime o seconde senza collegamento con fonti letterarie.
Per 34 anni, dal 1979 al 2013, l’Efebo d’Oro è stato per Agrigento una finestra sulla scena creativa e intellettuale contemporanea, nel segno della qualità e dell’internazionalità. Poi, improvvisamente, lo strappo: la storica presidente Egle Palazzolo, insieme al consiglio d’amministrazione, inaugurarono l’edizione del 2014 a Palermo. Le ragioni, non ben esplicitate, furono genericamente attribuite a questioni logistiche e organizzative. Un gesto forte e non temporaneo, legato anche alla scomparsa degli agrigentini Corrado Catania e Nicolò Lombardo, due dei più appassionati animatori e sostenitori del festival. Da dieci anni ormai L’Efebo d’Oro è ufficialmente adottato dal capoluogo siciliano, diviso tra il Cinema de Seta dei Cantieri culturali alla Zisa e il cinema Rouge et Noir, con la direzione artistica prima di Giovanni Massa, poi di Alessandro Rais, nominato nel 2023 insieme alla nuova presidente, Paola Catania.
Il ritorno a casa per Agrigento Capitale
Ed ecco che il 2025 si apre nel segno di una novità, scoperta sfogliando le pagine del programma di Agrigento Capitale della Cultura, diffuso solo lo scorso 18 gennaio. Il Festival tornerà ad Agrigento nel 2025, con tre appuntamenti: un evento introduttivo dal 27 al 29 marzo al Museo archeologico Pietro Griffo, con proiezioni di film premiati nelle passate edizioni, incontri con registi e approfondimenti sul legame tra cinema e letteratura; tre giorni di anteprima al Teatro dell’Efebo, dal 13 al 15 giugno, dedicati a un autore internazionale, insignito del premio alla Carriera; e infine, tra il Palacongressi e il Teatro Luigi Pirandello, la tradizionale edizione di novembre, da sabato 8 a sabato 15: una settimana incentrata sui due premi internazionali (Efebo d’Oro e Efebo Prospettive), i Premi alla Carriera, il Premio Nuovi Linguaggi e il Premio Nicolò Lombardo per il Miglior Saggio di Cinema, accompagnati da proiezioni, incontri e masterclass.
Già nel marzo del 2023 il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché, aveva lanciato la proposta ai responsabili del festival, ricevendo assoluta disponibilità a collaborare. Inizialmente si immaginò solo la fase preliminare, ovvero i due appuntamenti celebrativi, quindi l’Assessorato regionale dei Beni culturali mise a budget 35mila euro, parte del contributo di 4 milioni elargito in favore di Agrigento Capitale. Una somma che però, come attestato da un decreto del 31 dicembre 2024, venne di colpo rimodulata e riassegnata dietro richiesta del Comune di Agrigento (insieme ai 30mila previsti per la Settimana Pirandelliana): i fondi, non ancora spesi, servivano per l’imminente concerto di Capodanno in Piazza Marconi, costato dunque 65mila euro.
A questo punto, nel 2025, un nuovo budget dovrà essere calcolato e messo a disposizione, non solo per le date di maggio e giugno, ma anche per il grande evento autunnale. A pochi mesi dall’avvio del festival manca quindi l’ufficialità dell’accordo e degli stanziamenti economici, con un ritardo che penalizza l’organizzazione e la comunicazione. Tutto in linea, del resto, con i tempi dilatati e le corse dell’ultimo secondo che hanno contraddistinto le fasi preparatorie di questo 2025 agrigentino, in un percorso confuso e convulso, spesso ripiegato su sé stesso, ma pieno di speranze. Quanto al futuro, va da sè che non ci sia ancora alcuna idea in cantiere. Allo stato attuale, nel 2026 il festival dovrebbe tornare regolarmente a Palermo.
Le economie dell’Efebo d’Oro
E a proposito di risorse, l’Efebo continua a scontare difficoltà, che ogni anno – ci dicono dal quartier generale della manifestazione – mettono a rischio la sua buona riuscita. La lotta per la difesa di progetti anche longevi, anche prestigiosi, non è mai un fatto superato. Soprattutto in un territorio, come quello siciliano, che paga la quasi totale assenza di fondazioni, mecenati, grosse aziende disposte ad investire in cultura. I fondi dunque diminuiscono, in qualche caso spariscono, e non sono comunque sufficienti per festival di buon livello, non disposti a rinunciare ai corretti standard di qualità, tra retribuzione del personale, organizzazione, logistica, ospiti, comunicazione. A questo si sommano recenti modifiche amministrative, sul piano degli obblighi di spesa e della rendicontazione finanziaria, che hanno ulteriormente complicato la vita per i già sofferenti festival siciliani. Venendo alla cifre, la Regione siciliana per il 2024 ha assegnato all’Efebo circa 22mila euro, budget a cui si sono aggiunti 10mila euro del Comune, mentre lo storico contributo di Banca Sant’Angelo è venuto a mancare, dopo la fusione con Banca agricola popolare di Ragusa e la nascita di Banca agricola popolare di Sicilia: tutto resettato, investimenti culturali inclusi.
A pesare è stato poi il taglio netto e improvviso dei fondi del Ministero dei Beni culturali, risalente ad alcuni anni fa. Nel gennaio del 2022 l’allora presidente Egle Palazzolo lanciava un appello al Ministro Franceschini, nel corso di una diretta social con Sergio Buonadonna, ex firma di punta del quotidiano L’Ora: “È una grande fatica e un’intensa responsabilità, anche economica. Non so se potrò ancora fare l’Efebo. Nel massimo rispetto per chi ci governa, mi viene forte dire che anche una persona di cultura come Franceschini non si è accorta che da tre anni il Dipartimento del suo Ministero ci ha ignorati per motivazioni che i legali hanno riscontrato come assurde e sbagliate. Non voglio parlare di abuso di potere, ma di uno strano modo di procedere avendo il potere e dovendo mostrare la competenza e l’attenzione necessari”. Un appello caduto nel vuoto. Sono attesissime adesso le nuove graduatorie, dopo la nomina da parte del ministro Giuli delle due commissioni (una per la Produzione e una per la Valorizzazione) incaricate di vagliare film, festival e progetti, per distribuire i 696 milioni messi a budget per il Fondo Cinema e Audiovisivo 2024.
Il Convegno di Studi Pirandelliani
Ma c’è un’altra storia siciliana tornata sotto i riflettori, nei giorni del debutto di Agrigento Capitale. Una storia che con l’Efebo d’Oro condivide origini e recenti destini. Si tratta del Convegno di Studi Pirandelliani, fondato nel 1974, principale creatura del Centro Nazionale di Studi Pirandelliani (CNSP), che nel 1967 vedeva la luce ad Agrigento per volontà di Enzo Lauretta, intellettuale, scrittore, ma anche amministratore locale (fu Sindaco di Agrigento, Assessore alla cultura e Presidente della Provincia). Lauretta resta una delle rare, preziose figure che hanno saputo far convergere in Sicilia l’impegno per la cultura e l’attivismo civico e politico, tessendo relazioni con artisti, registi, studiosi e autori di caratura internazionale. E fu proprio lui, durante anni di eccezionale fermento, a costruire quel Centro di ricerca per la Narrativa e il Cinema da cui nacque l’Efebo d’Oro, insieme a iniziative tutt’ora esistenti come la Sagra del Mandorlo in fiore e il Festival del Folclore.
Grazie al lavoro del CNSP, impegnato nella valorizzazione dell’opera teatrale, letteraria e cinematografica di Luigi Pirandello, in 58 anni sono stati organizzati, tra varie città d’Italia, decine e decine di incontri, pubblicazioni, laboratori, conferenze. Ad Agrigento, ogni anno nel mese di dicembre ha avuto luogo il Convegno, evento principale che per ogni edizione declina un tema diverso legato all’universo pirandelliano. Parte dell’iniziativa è un’intensa attività con le scuole, che ha il suo culmine nell’assegnazione dei Premi per il miglior Cortometraggio, la miglior Tesina, la migliore Composizione Musicale e la migliore Scrittura Creativa Estemporanea.
Un’altra perla del territorio agrigentino, come l’Efebo improvvisamente esiliata. Ragioni economiche, anche in questo caso, con tanto di recente approdo a Palermo, per protesta e in cerca di più favorevoli condizioni. Un primo strappo nel 2017, poi il ritorno per due anni al Palacongressi di Agrigento, riaperto nel 2018 dietro la spinta propulsiva della Regione, e infine nel 2021 un nuovo trasferimento nel piccolo comune di Isola delle Femmine, a pochi km dal capoluogo siciliano, ospiti della sala congressi dell’hotel Saracen.
Il Centro di Studi Pirandelliani e le istituzioni siciliane
La denuncia, da parte del CNSP, è netta: i miopi amministratori locali non garantirebbero né budget, né strutture. Sedi con affitti troppo alti e risorse decurtate. Se in passato i pochi fondi disponibili arrivavano, a singhiozzo e in modo disomogeneo, dal Comune di Agrigento, dalla Regione siciliana, poi dal Parco archeologico, negli ultimi anni il Comune stesso ha deciso di negare ogni sostegno. L’edizione del 2024 ha potuto svolgersi grazie a fondi privati, ai 9mila euro dell’Assessorato regionale dei Beni culturali e agli 8mila euro del Comune di Palermo, che ha anche offerto l’utilizzo gratuito del Teatro Politeama. Ci dice in proposito Nino Lauretta, figlio di Enzo Lauretta e consigliere delegato del Centro: “Il Sindaco Francesco Micciché è l’unico nella storia del Centro Nazionale di Studi Pirandelliani che non ha sostenuto il Convegno. Non c’è un solo atto amministrativo della sua giunta a nostro favore. Oltre al valore culturale e umano dell’evento, non va dimenticato l’impatto di un turismo culturale alimentato innanzitutto dai 400 studenti che si fermano sul territorio per quattro giorni, favorendo un indotto economico che ha i suoi benefici. Ci sembra che esista una volontà premeditata di cancellare 60 anni di storia. Prova ne è che nel programma di Agrigento Capitale, al di là della nostra assenza, non c’è proprio nulla su Luigi Pirandello. Cosa incredibile: è come se l’Inghilterra cancellasse William Shakespeare dalla sua più importante manifestazione culturale“.
E però, come l’Efebo, anche il Convegno era stato invitato a tornare a casa nel 2025, sotto il vessillo della nuova Capitale della Cultura. Un invito ribadito dal Sindaco Micciché, che ha persino indicato la prima settimana di dicembre come data certa: solo parole, ad oggi. Contro di lui si è scagliato lo stesso Lauretta al termine del grande evento per l’inaugurazione del 18 gennaio: “Le dichiarazioni del sindaco non rispondono al vero. Primo perché il Convegno di Studi Pirandelliani non è stato previsto nel programma ufficiale. Secondo perché nel maggio scorso il sindaco si era impegnato, davanti alla presidente del Centro Carmela Pace e alla professoressa Gilda Pennica, a finanziare e istituzionalizzare il Convegno, addirittura fino al 2030. Oggi sta cercando di mettere pezze dappertutto”.
Entrambe le manifestazioni, ad oggi, restano sprovviste di fondi, ma una può almeno contare sull’inserimento nel famoso programma. E se appare francamente paradossale ospitare il più importante consesso di studi su Luigi Pirandello in un hotel di Isola delle Femmine, e non dentro un’importante istituzione culturale agrigentina, è quantomeno discutibile confermare a voce l’edizione del 2025 in assenza di un impegno finanziario, di una sede, di una calendarizzazione. Un’organizzazione seria ha tempi lunghi ed è nemica, com’è ovvio, della precarietà e dell’improvvisazione.
Il futuro dell’Efebo d’Oro e del Convegno di Studi Pirandelliani
Intanto, a tornare sulla questione Efebo è ancora Sergio Buonadonna, nella sua rubrica Politicamente scorretto all’interno del format Il tempo dell’Ora, curato su Facebook da un gruppo di giornalisti della celebre testata palermitana: “Il ritorno dell’Efebo d’Oro ad Agrigento non è una buona notizia. Sarà un ritorno una tantum, solo per quest’anno, in quanto parte del progetto Agrigento Capitale della Cultura. Ma cosa vuol dire? Non è un’offesa ad Agrigento? Solo per quest’anno la Regione siciliana e il Ministero della Cultura trovano i soldi? Non si fanno le cose solo per riempire un programma”. Buonadonna, che ha seguito il festival per anni come critico cinematografico, arrivando a presentarne due edizioni, è convinto della necessità di restituirlo stabilmente alla sua città d’origine, suo “luogo naturale”, per quarant’anni teatro di “edizioni memorabili”.
Ragionamento condivisibile, affinché i tre appuntamenti del 2025 non siano solo una medaglietta provvisoria da esibire tra un’intervista e le pagine di una brochure. E se è anche vero che Palermo è ormai da un decennio la nuova casa del Festival – un tempo abbastanza lungo perché qualcuno avverta l’eventuale trasloco come un altro strappo – si potrebbe immaginare una terza fase, con le due città gemellate e cooperanti nella gestione del progetto. L’edizione tradizionale da assegnare ad Agrigento, per esempio, e un appuntamento primaverile a Palermo, con sezioni speciali, anticipazioni, dibattiti, workshop.
Quanto al Convegno nazionale su Luigi Pirandello, un strada possibile sembra delinearsi. Ci anticipa ancora Lauretta: “In questo momento c’è una grande apertura da parte del Parco archeologico di Agrigento, che lo scorso dicembre, con una dichiarazione del direttore Roberto Sciarratta, ha aperto al sostegno per l’importante appuntamento del 2025. Un fatto che lascia ben sperare sul ritorno a casa del convegno pirandelliano“.
Riappropriarsi allora in qualche forma di questi due gioielli, l’Efebo d’Oro e il Convegno di Studi Pirandelliani, sarebbe un lascito importante per Agrigento Capitale. Purché non manchino responsabilità e capacità di programmare. Sarebbe la prova che qualcosa può restare, al di là dei programmi, delle inaugurazioni, dei proclami; qualcosa che vada oltre il rifacimento di una piazza o la sistemazione dell’asfalto tra le vie del centro (il che sarebbe già una conquista, considerata l’attuale assenza di nuovi cantieri e i clamorosi errori nella posa frettolosa del nuovo manto stradale, a un giorno dall’inaugurazione).
Più in generale, concepire il titolo di Capitale Italiana della Cultura nei termini esclusivi di “evento” resta un limite. Lo sguardo in avanti e l’ambizione al radicamento non dovrebbero mai mancare: far perdurare, germinare, costruire eredità. L’evento è occasione, mai scopo. Che questo 2025, intitolato alla bellezza e alla conoscenza, sia dunque spunto per la messa a fuoco di una visione, per l‘avvio di un progetto culturale a lungo termine, da troppo tempo disatteso. Le premesse non sono ottimali, tra polemiche e ritardi, ma la fiducia resta.
Ed è un tema che certo non riguarda solo Agrigento. Ripensare le città e i territori, ripartendo, rimediando, progettando, inventando strategie, nutrendo intelligenze e immaginari, è un’urgenza per tutta la regione, per tutte le amministrazioni siciliane. Sfida difficile, a cui vanno offerti un impegno intellettuale straordinario e una vocazione politica alta, nella ricerca di risultati non immediati, non subito misurabili economicamente, tantomeno elettoralmente. Il sentimento del futuro, imbevuto del senso del passato, è del resto qualcosa che insegnano gli artisti, i poeti, i registi, gli uomini di cultura. Proprio coloro con cui la politica, oggi, non dialoga più.
Helga Marsala
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati